venerdì 28 ottobre 2011

Formula 1 Gran Prix in India. Absurd!

The plantation in Tamil Nadu (India)
What could it happen if the farmers of Greater Noida in India peacefully invaded the Formula 1 circuit constructed on the outskirts of New Delhi. What could it happen if the first Grand Prix of Formula 1 in India, scheduled for next Sunday, could not play because a multitude of angry farmers without violence and peacefully went beyond the security cordons of the thousands of police officers called to defend the 'circus'.
I wish someone shout out loud that there is a different way to spend the money and that there is a model of development that India already has at home and that is the only hope to avoid the risk of being colonized by the West. Risk that there is much more now than it was during the British rule.
Yes, I would really like that - Gandhian-style - without violence and silently these dispossessed farmers for a few rupees present themselves to the gates of the circuit and did you beat up a lathi blows from policemen.
Some numbers.
The Buddh International Circuit (yes, they have just named in honor of Buddha!) was built by the Jaypee Group on a plot of approximately 2500 acres (more than a thousand hectares).
The circuit was built about 40 km from New Delhi and is part of the Jaypee Sports City which, in addition to the track, can boast a cricket stadium, a field hockey, golf course to eighteen holes and a sports school .
The circuit can accommodate about 120,000 spectators and tickets range from 2,500 (about 36 euros) to 35,000 rupees (500 euros).
During the Grand Prix will consume 15,000 liters of fuel.
The total funding amounted to 1,960 crore rupees (about 300 million euros), the land was expropriated and 'paid' to over a thousand family farmers 800 rupees (about 12 euros) per square meter. The farmers claim that was improperly applied the law of 1894, the Land Acquisition Act, to carry out the expropriations and even the Indian Supreme Court has challenged the organizers to have illegally benefited from tax exemptions and attachment orders, asking for explanations on 25% of the proceeds of 'event.
The land provided three crops a year and represented the only source of livelihood for these farmers. In addition, the entire work has closed one of the main roads in the area forcing the children of the village of Atta Gujran to walk more than nine miles to reach their school as the crow flies is no more than a kilometer.
Of course, the multimillionaires of Jaypee Group and politicians argue that the whole operation has brought foreign capital in India, gave work and is an engine for development.
The farmers have not noticed it.

Il Gran Premio di Formula 1 in India. Assurdo!

Piantagione di tè in Tamil Nadu (India)

Cosa accadrebbe se i contadini di Greater Noida in India invadessero pacificamente il circuito di Formula 1 costruito alle porte di New Delhi. Cosa accadrebbe se il primo Gran Premio di Formula 1 in India previsto per domenica prossima non si potesse svolgere perché una moltitudine di contadini indignati ha superato senza violenza e pacificamente i cordoni di sicurezza delle migliaia di poliziotti chiamati a difendere il ‘circus’.
Mi piacerebbe che qualcuno gridasse a voce alta che esiste un modo diverso per spendere i soldi e che esiste un modello di sviluppo che l’India ha già in casa propria e che è l’unica salvezza per evitare il rischio di essere colonizzata dall’occidente, un rischio che oggi è molto più concreto di quanto non lo fosse durante la dominazione britannica.
Sì, mi piacerebbe proprio che – in perfetto stile gandhiano – senza violenze e silenziosamente questi contadini espropriati per poche rupie si presentassero ai cancelli del circuito e si facessero bastonare a colpi di lathi dai poliziotti.
Un po’ di numeri.
Il Buddh International Circuit (sì, lo hanno proprio chiamato proprio così, in onore del Buddha!) è stato costruito dal Jaypee Group su un terreno di circa 2500 acri (più di mille ettari).
Il circuito è stato costruito a circa 40 chilometri da New Delhi e si inserisce nella Jaypee Sport City che, oltre alla pista, può vantare uno stadio di cricket, uno di hockey su prato, un campo da golf a diciotto buche e una scuola di sport.
Il circuito può ospitare circa 120.000 spettatori ed i biglietti di ingresso vanno da 2.500 (circa 36 euro) a 35.000 rupie (circa 500 euro).
Durante il Gran Premio si consumeranno 15.000 litri di carburante.
Il finanziamento complessivo ammonta a 1.960 crore di rupie (circa 300 milioni di euro), il terreno è stato espropriato e ‘pagato’ alle oltre mille famiglie di agricoltori 800 rupie (circa 12 euro) al metro quadro. I contadini sostengono che è stata illegittimamente applicata una legge del 1894, il Land Acquisition Act, per effettuare gli espropri ed anche la Corte Suprema indiana ha contestato agli organizzatori di aver usufruito illegittimamente di esenzioni fiscali chiedendo spiegazioni e sequestrando cautelativamente il 25% degli incassi dell’avvenimento.
I terreni fornivano tre raccolti l’anno e rappresentavano l’unica fonte di sostentamento di quegli agricoltori. A ciò si aggiunga che l’intera opera ha chiuso una delle principali strade della zona costringendo i bambini del villaggio di Atta Gujran a percorrere più di nove chilometri per raggiungere la loro scuola che dista in linea d’area non più di un chilometro.
Naturalmente i multimiliardari del Jaypee Group e i politici sostengono che l’intera operazione ha portato capitali esteri in India, ha dato lavoro e rappresenta un motore per lo sviluppo.
I contadini non se ne sono accorti.

martedì 25 ottobre 2011

River to River - Florence Indian Film Festival

Per chi fosse interessato trascrivo parte della Newsletter di River to River sul prossimo Florence Indian Film Festival.

River to River. Florence Indian Film Festival ospita un focus sul Premio Nobel per la Letteratura Rabindranath Tagore, con proiezioni e incontri a lui dedicati, oltre ai film in concorso e alle sezioni speciali.
River to River. Florence Indian Film Festival, con il Patrocinio dell’Ambasciata dell’India di Roma, quest’anno all’XI edizione si terrà dal 2 all’8 dicembre 2011 presso il cinema Odeon di Firenze, sotto l’egida di Regione Toscana e Fondazione Sistema Toscana Mediateca all’interno della Cinquanta Giorni di Cinema Internazionale a Firenze.

Con la collaborazione del National Film Development Corporation di Mumbai, il Festival renderà omaggio al Premio Nobel per la Letteratura Rabindranath Tagore (1861-1941), poeta, drammaturgo e filosofo indiano, a 150 anni dalla sua nascita, data importante anche per il nostro Paese che ha festeggiato proprio quest'anno i 150 anni dell'Unità nazionale.

I film ispirati ai lavori di Tagore che saranno proiettati durante il Festival sono:

· Khudito Pashan (Hungry Stones) diretto nel 1960 da un grande estimatore di Tagore, Tapan Sinha, e interpretato dalla leggenda Soumitra Chatterjee (già attore in numerosi capolavori di Satyajit Ray); racconta la storia di uomo che va a vivere in una casa stregata e si innamora del fantasma che la abita;

· Ghare Baire (The Home and the World) diretto nel 1984 dal grande maestro del cinema indiano Satyajit Ray e interpretato nuovamente da Soumitra Chatterjee. Il film, in corsa per la Palma d’Oro a Cannes nel 1984, affronta un tema caro al regista bengalese: l’emancipazione della donna.

Concluderà la retrospettiva un documentario sulla vita del Premio Nobel: Rabindranath Tagore diretto nel 1961 da Satyajit Ray.

Completano il programma i film in concorso - lungometraggi, cortometraggi e documentari - in gara per il River to River Bitebay Audience Award e le sezioni speciali extra concorso, accompagnati dai registi e dagli attori che presenteranno i loro lavori al pubblico e alla stampa.
Saranno infine proiettati i migliori lavori d’animazione di Anifest India 2011 in collaborazione con The Animation Society of India ed i vincitori della quarta edizione di Advantage India, concorso per cortometraggi dalla durata massima di tre minuti, promosso da 1takemedia.com.

Come side events avranno luogo degli incontri mattutini sull’India e il suo cinema, oltre ad una proiezione speciale:

· sabato 3 dicembre Folco Terzani parlerà del suo nuovo lavoro sugli asceti indiani dell’Himalaya;

· domenica 4 dicembre verrà ospitato un incontro sul Premio Nobel indiano Rabindranath Tagore, coordinato da Maria Grazia Beverini del Santo e in collaborazione con la Fondazione Il Fiore;

· giovedì 8 dicembre sarà organizzata una matinée con la proiezione del film vincitore del Premio del Pubblico dell’edizione 2010 del Festival, I Am di Onir.


domenica 23 ottobre 2011

The male child

Children in Cochin (Kerala - India)
Having a male child is necessary, indispensable for the salvation from damnation.
In India it is especially important, I would say essential, to have a son. To understand the reasons underlying this requirement is not sufficient to refer to aspects of an economic nature. No doubt, as we have seen in this previous post, a daughter means higher costs and lower benefits from an economic point of view, but it is necessary to analyze the motives of religious nature.
One day we will talk about hell, better about the hells of Hinduism, now it suffices  to say that a soul, stripped of the body after death and before of the reincarnated in another body will suffer the consequences of actions in 'heaven' or hell. After you have enjoyed or suffered for the actions in these lokas (place) the soul is reincarnated into another living being.
To avoid ending up in hell is first necessary to be conducted properly funeral ceremonies and is also necessary to be recited daily prayers for the ancestors. This is one of the three debts men must pay in this life, as well as to the gods and the sages to, everyone has a debt to the ancestors who must be worshiped and fed. The main protagonist of these ceremonies, these rituals and prayers of these is the male child.
"This debt - A. Danielou says in "The four ways of life"- can not be paid to creating a child who can continue the lineage, race, caste, family."
Not for nothing 'son' is said in Sanskrit putra, whose etymology goes back to the put, which is a type of hell, and traye, which in Sanskrit means to save, to preserve. The son is putra,  'He who saves from hell'.
This conviction brings with it many consequences. For example, in the Laws of Manu, the Manusmirti, the most important treaty on standards of behavior, it clearly states that women were created for boys and men to have offspring (Manusmirti IX, 96) and also provides that the husband can 'replace' the wife after eight years of marriage if the wife is infertile, after ten years of marriage if the wife has given birth children died, after eleven years if the wife has given birth only daughters (Manusmirti IX, 81).
Even in the choice of the woman to marry, Manu invites men to reject women from families with no sons, and that even if these families are "full of cows, goats, sheep, wheat, or property" (Manusmirti II, 7).
It is so important to have a son that Manu (IX, 174) considers it legitimate for a married man without sons can buy one for securing the funeral rites.
In the absence of sons, a grandson will perform the duties prescribed for his grandfather.
And  father on his deathbed whispers to son: "You are Brahman, you are the sacrifice, you are the world". The son replies, "I am Brahman, I'm the sacrifice, I am the world" (Brhadaranyaka Upanishad 5, 17).
And is the son who, after three laps counterclockwise around the pyre of his dead father, sets fire during the cremation rites.

Il figlio maschio

Bambini a Cochin (Kerala - India)
Avere un figlio maschio è necessario, indispensabile, per la salvezza dalla dannazione.
In India è particolarmente importante, direi essenziale, avere un figlio maschio. Per capire i motivi che stanno alla base di questa esigenza, non è sufficiente rifarsi ad aspetti di carattere economico. Senza dubbio, come abbiamo visto in questo precedente post, una figlia comporta maggiori spese e minori vantaggi da un punto di vista economico, ma è necessario analizzare le motivazioni di carattere religioso.
Un giorno parleremo dell'inferno, meglio degli inferni dell'induismo, oggi basti dire che un'anima, dopo essersi spogliata del corpo mortale e prima di reincarnarsi in un altro corpo subirà le conseguenze delle sue azioni in 'paradiso' o all'inferno. Dopo avere goduto o patito delle proprie azioni in questi loka (luoghi) l'anima si reincarnerà in un altro essere vivente.
Per evitare di finire all'inferno è innanzitutto indispensabile che vengano svolte in modo corretto le cerimonie funebri ed è altresì necessario che quotidianamente vengano recitate le preghiere per gli avi. Si tratta di uno dei tre debiti che l'uomo deve saldare nella vita terrena, oltre a quello verso gli déi e quello verso i saggi, ognuno ha un debito verso gli antenati che devono essere venerati e nutriti. Protagonista assoluto di queste cerimonie, di questi riti e di queste preghiere è il figlio maschio.
"Questo debito - ci dice A. Danielou ne "I quattro sensi della vita" - non può essere pagato che generando un figlio che possa continuare la discendenza, la razza, la casta, la famiglia."
Non per nulla in sanscrito figlio si dice putra la cui etimologia risale a put, che è un tipo di inferno, e a trayate, che in sanscrito significa salvare, preservare. Il figlio maschio è qundi putra, 'colui che salva dall'inferno'.
Questa convinzione porta con sè molte conseguenze. Per esempio nelle Leggi di Manu, la Manusmirti, cioè il più importante Trattato sulle norme di comportamento, si stabilisce chiaramente che le donne furono create per avere figli maschi e gli uomini per avere una discendenza (Manusmirti IX, 96) e si prevede anche che il marito possa 'sostituire' la moglie dopo otto anni di matrimonio se la moglie è sterile, dopo dieci anni di matrimonio se la moglie ha procreato figli morti, dopo undici anni se la moglie ha procreato solo figlie femmine (Manusmirti IX, 81).
Anche nella scelta della donna da sposare, Manu invita gli uomini a scartare donne appartenenti a famiglie che non hanno figli maschi e ciò anche se queste famiglie sono "ricche di vacche, capre, pecore, proprietà o grano" (Manusmirti II, 7).
E'così importante avere un figlio maschio che Manu (IX, 174) ritiene legittimo che un uomo sposato senza figli maschi possa comprarne uno per garantirsi i riti funerari.
In assenza di figli maschi, il nipote maschio potrà svolgere le funzioni prescritte a favore del nonno.
E' al figlio maschio che il padre in punto di morte trasmette le ultime volontà sussuradogli nell'orecchio: "Tu sei il brahman, tu sei il sacrificio, tu sei il mondo". Il figlio risponde "Io sono il Brahman, io sono il sacrificio, io sono il mondo" (Brhadaranyaka Upanishad I 5, 17).
Ed è il figlio che, dopo aver effettuato tre giri antiorari intorno alla pira del padre defunto, appicca il fuoco durante i riti della cremazione.

domenica 16 ottobre 2011

Krishna and Govardhan hill

Krishna raising Govardhan
The villagers of Vrindavana were preparing Indrapuja, the yearly sacrifice dedicated to the King of the Gods, Lord of the rain who, with his benevolence, made possible their lives and the lives of animals bred by them.
But Krishna, the seventh iavatar of Vishnu, who lived with the shepherds of the village, persuaded them there was no need to make that sacrifice.
"There is no need to make a sacrifice to Indra, the rain will fall and the water will not fail for you or for your animals and for your fields. It's better than the sacrifice you are doing in honor of the hill Govardhan, it's makes your life possible, not Indra. "
The shepherds and peasants of Vrindavana were astounded by those words, but after some hesitation, they began to celebrate a grand sacrifice in honor of the hill at the foot of which stood their village.
Krishna wanted to teach a lesson to Indra became too proud and wanted to restore the hierarchy, he was the Supreme Personality of Godhead which bakta, devotees, had veneration and worship.
Indra, however, was furious and called together his most powerful clouds starting samvartaka, the awful cloud that appears every dissolution of the universe.
The village of Vrindavan was struck by most furious storm of all time, for days and days it did rain and hail. The land was no longer able to absorb water, the village was devastated by severe floods, people and animals did not know where to stand and turned to Krishna, pleading for help.
Krishna then lifted by his hand the whole hill of Govardhan and invited all the shepherds and their animals under that huge umbrella.
Indra continued to bring down rain, but friends of Krishna were safe under his protection, and the wrath of the King of the gods nothing could against Krishna.
Indra understood, he did stop raining and bowed humbly at the feet of Krishna.
Govardhan Hill was put back in its place and is still celebrated every year a sacrifice in his honor, Govardhanpuja.

Krishna e la collina Govardhan

Krishna sostiene la collina Govardhan
Gli abitanti del villaggio di Vrindavana stavano preparando l'Indrapuja, il sacrificio annuale dedicato al re degli dei, signore delle piogge che con la sua benevolenza rendeva possibile la loro vita e quella degli animali da loro allevati.
Ma Krishna, settimo avatara di Vishnu che abitava con i pastori del villaggio, riuscì a cionvincerli che non era necessario fare quel sacrificio. "Non c'è bisogno di fare un sacrificio ad Indra, la pioggia cade lo stesso e l'acqua non mancherà nè per voi nè per i vostri animali nè per i vostri campi. E' meglio che il sacrificio lo facciate in onore della collina Govardhan, è lei che rende possibile la vostra vita, non Indra."
I pastori e i contadini di Vrindavana rimasero stupiti da quelle parole, ma dopo qualche esitazione iniziarono a celebrare un sontuoso sacrificio in onore della collina ai cui piedi sorgeva il loro villaggio.
Krishna voleva dare una lezione ad Indra divenuto troppo orgoglioso e voleva ristabilire le gerarchie, lui era la Persona Suprema cui i bakta, devoti, dovevano venerazione e culto.
Indra però non ci stette e chiamò a raccolta le sue più potenti nuvole a cominciare da Samvartaka, la terribile nuvola che appare ad ogni dissoluzione dell'universo. Sul villaggio di Vrindavana si scatenò il più furioso di tutti i temporali, per giorni e giorni piovve e grandinò. Il terreno non riusciva più ad assorbire l'acqua, il villaggio venne devastato da violente inondazioni, gli uomini e gli animali non sapevano più dove stare e si rivolsero a Krishna, supplicandolo di aiutarli.
Krishna allora sollevò con la mano l'intera collina di Govardhan ed invitò tutti i pastori ed i loro animali sotto quell'enorme ombrello.
Indra continuò a far cadere pioggia, ma gli aminci di Krishna erano al sicuro sotto la sua protezione e l'ira del re degli dei niente poteva contro Krishna.
Indra capì, fece smettere di piovere e si prostrò umilmente ai piedi di Krishna.
La collina Govardhan venne rimessa al suo posto e ogni anno ancora oggi viene celebrato un sacrificio in suo onore, il Govardhanpuja.

sabato 8 ottobre 2011

About doing nothing

One of the big differences between life in the modern West and India (not urbanized) in this: in India you can stand without doing anything.
Let me explain. If here in Italy or in another Western country you see a person sitting doing nothing, not talking, not reading, not working, not listining the music, not watching TV ... not plaing at pc, you are amazed, surprised. You ask "what are you doing?", in short, you think that person for an idle, for a weird or even crazy. Because here you have to do something, we must act, our senses must perceive visions / sounds / colors etc.. It is unthinkable that a person is standing doing nothing, just thinking, or even (if successful), not even thinking.
In India it is different. Or, at least, it is different in true India and not in that substitute for the West is becoming the 'shining India', the India of the economic boom.
In India you can be doing nothing, it's normal, it may be advisable, to have moments in the day in which nothing is done, you stop, close all openings to the outside.
Sri Nisargadatta Maharaj, a master of Vedanta, in one of his enlightening conversations collected in the book "I am that" about that is saying: "This seemingly pointless to spend time in India was held in high regard. It means that in that time you are free from the obsession with 'after'. If not in a hurry, the mind becomes quiet and free from anxiety and silence begin to feel something that is usually too thin and rarefied to be perceived. The mind, to recognize it, must be open and quiet. Here we try to put the mind in perfect condition in order to understand the reality. " And the reality is not the real world (including our bodies) that we perceive with our senses and that fills us, but that is transient and therefore not real. The reality, according to Hindu thought, is not outside us but within us.
Nisargadatta still reminds us that "all our problems stem from the wrong belief to be our body: food, clothing, shelter, safety, survival. None of this makes more sense when you realize that you may not be just a body. " He who believes to be the body appears at birth and disappears with death. However, if one is freed from this erroneous belief and he is free from "I' and 'mine ', he get closer to the only thing worth knowing is the Self.
In short, "the silence and immobility are not idle, the flower fills the air with its fragrance, the candle with its light . They do nothing but change everything with their mere presence."

Del non far niente

Una delle grandi differenze tra la vita nell'occidente moderno e nell'India (non urbanizzata), è che in India si può stare senza fare niente.
Mi spiego. Se qui in Italia o in un altro paese occidentale vedete una persona a sedere che non fa niente, non parla, non legge, non lavora, non sente la musica, non guarda la televisione..... non gioca al computer vi meravigliate, chiedete "ma cosa stai facendo?", insomma lo prendete per un ozioso, per un tipo un po' strambo o addirittura per un pazzo. Perchè qui bisogna fare qualcosa, bisogna agire, bisogna che i nostri sensi recepiscano visioni/suoni/colori/sensazioni etc. Non è pensabile che una persona stia ferma a non fare niente, solo a pensare o, addirittura (se ci riesce), neppure a pensare.
In India non è così. O per lo meno non lo è nell'India vera e non in quel surrogato di occidente che sta diventando l'India splendente del boom economico.
In India si può stare senza far niente, è lecito, anzi consigliabile, essenziale avere dei momenti nella giornata in cui non si fa niente, ci si ferma, si chiude tutte le aperture verso le esterno.
Sri Nisargadatta Maharaj, maestro del vedanta, in una delle sue illuminanti conversazioni raccolte nel volume "Io sono quello", in Italia edito da Ubaldini, in proposito diceva "Questa maniera apparentemente oziosa di passare il tempo in India è tenuta in grande considerazione. Significa che in questo momento sei libero dall'ossessione del 'dopo'. Se non ha fretta, la mente si libera dall'ansia e diviene silenziosa e nel silenzio cominci a sentire qualcosa che è abitualmente troppo fine e rarefatto per poter essere percepito. La mente, per riconoscerlo, deve essere aperta e quieta. Qui cerchiamo di mettere la mente nella condizione ideale per poter capire la realtà." E la realtà vera non è certo il mondo (incluso il nostro corpo) che percepiamo con i nostri sensi e che ci riempie, ma che è transitorio e pertanto non reale. La realtà, secondo il pensiero hindu, non è fuori di noi, ma dentro di noi.
Ancora Nisargadatta ci ricorda che "tutti i nostri problemi nascono dall'erronea convinzione di essere il nostro corpo: il cibo, il vestiario, la casa, la sicurezza, la sopravvivenza. Tutto ciò non ha più significato nel momento in cui ti rendi conto che potresti non essere soltanto un corpo." Colui che crede di essere il corpo appare alla nascita e scompare con la morte. Se invece ci si libera da questa erronea convinzione e ci si libera dall''io' e dal 'mio', ci avviciniamo all'unica cosa che vale la pena conoscere, il Sè.
Insoma "il silenzio e l'immobilità non sono inattivi, il fiore riempie l'aria del suo profumo, la candela della sua luce. Non fanno niente, ma cambiano tutto con la loro sola presenza."

domenica 2 ottobre 2011

Happy birthday Gandhiji!

Mohandas Karamchand Gandhi was born on october 2, 1869 in Porbandar. I wish to remind him today writing a his very timely thought about India.

"I do not believe thet industrialization is necessary in any case for any country. It is much less so for India. Indeed, I believe thet Indipendent India can only discharge her duty towards a groaning world by adopting a simple but ennobled life by developing her thousands of cottage industries and living at peace with the world. High thinking is inconsistent with complicated material life based on high speed imposed on us by Mammon worship. All the graces of life are possible only when we learn the art of living nobly."

From Harijan, 1 september 1946

Buon compleanno Gandhi!

Busto di bronzo del Mahatma
al Gandhi museum di Madurai
Il 2 ottobre del 1869 a Porbunder nacque Mohandas Karamchand Gandhi, il Mahatma. Nell'anniversario della sua nascita voglio ricordarlo con un suo pensiero che mi sembra molto attuale per l'India di oggi e per il mondo intero.

""Non credo che l'industrializzazione sia necessaria in ogni caso per ogni paese. E ciò ancor meno per l'India. Credo infatti che l'India indipendente possa assolvere al suo dovere nei confronti di un mondo sofferente solo adottando uno stile di vita semplice, ma nobile, sviluppando le migliaia di piccole industrie artigianali e vivendo in pace con il mondo.
Un pensiero elevato non è compatibile con una vita materiale complicata basata sull'alta velocità impostaci dal culto di Mammona. Tutte le bellezze della vita sono a disposizione solo quando impariamo l'arte di vivere nobilmente."

Harijan 1 settembre 1946