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sabato 2 giugno 2012

Etimologie: karma, atman, brahman e avatara

La parola 'karma' in sanscrito significa essenzialmente azione. Karma, generalmente è inteso come frutto dell’azione o del pensiero, conseguenza positiva o negativa di ogni comportamento e fulcro della teoria del samsara, il ciclo delle rinascite. Possiamo molte genericamente dire che l’anima quando abbandonerà il corpo si incarnerà in un livello inferiore o superiore al precedente a seconda del karma. Quando il residuo karmico sarà esaurito, l’atman sarà liberato (moksha). Per questo spesso karma è inteso anche come destino. 
La parola 'sanscrito' in devanagari
Più incerta l’etimologia di un’altra parola cardine dell’induismo, ‘atman’. Spesso è assimilata all’anima, ma in realtà l’atman è il Sé supremo, è l’essenza di ogni essere vivente, è l’Assoluto in noi che niente ha a che vedere con la nostra anima personale e individuale che in sanscrito è jiva. Alcuni fanno derivare la parola dal sanscrito an (muoversi) e at (respiro), essendo l’atman il soffio che fa muovere, fa vivere ogni essere vivente. 
Il 'brahman' invece, da non confondersi con una delle tre divinità della trimurti cioè Brahma, è il principio universale, l’essenza suprema, l’assoluto, la pura realtà metafisica. La parola si fa derivare dalla radice sanscrita brh, che sta per crescita, sviluppo. Dal brahman infatti nasce tutto e di esso tutto è manifestazione.
'Avatara' invece significa discesa e deriva dalla radice sanscrita tr/tar ‘passare’ e da ‘ava’ che significa ‘giù’. Avatara è quindi passare giù, scendere sulla terra. Gli avatar sono infatti le incarnazioni delle divinità con particolare riferimento agli avatara di Vishnu.

venerdì 29 aprile 2011

Di nuovo Ganesh

Ho già raccontato la più diffusa storia che riguarda la nascita di Ganesh, il dio dalla testa di elefante, ‘figlio’ di Shiva e Parvati. Oggi voglio però raccontarne un’altra, meno conosciuta, ma forse più interessante che è narrata in altri testi, principalmente nel Brhaddharma Purana.

Ebbene Shiva se ne stava assorto in meditazione quando la moglie Parvati lo interruppe. Voleva un figlio. Il Grande dio, il Mahayogi però si era sempre rifiutato di avere una discendenza. “I figli – diceva – servono ai genitori per lo svolgimento dei riti funebri e per la recitazione delle preghiere agli avi, ma io sono immortale e quindi non ne ho bisogno.”
A differenza degli altri dei infatti, Shiva (e prima di lui il suo corrispondente vedico Rudra), è fiero oppositore alla procreazione in quanto protettore dell’unità perfetta ed indistinta del brahman contro la dualità insita nella creazione dell’altro da Sé. Ma questo è un altro discorso.
Insomma, le insistenze di Parvati stremarono anche il Grande Dio che formò un bambino di pezza utilizzando il sari della moglie e glielo porse.
Parvati si irritò, “credi che sia una bambina dandomi una bambola di pezza per giocare?” Ma, una volta preso in braccio quel pezzo di stoffa, il bambino si animò. Parvati era raggiante, aveva un figlio da amare e lo mostrò a Shiva che lo esaminò. “Il bambino è nato sotto un cattivo auspicio – disse però il dio – Sanaiscara, il dio del pianeta Saturno lo ha condannato a una repentina morte.” E detto ciò al piccolo cadde a terra la testa.
Parvati fu disperata, non si dava pace, era passata dalla gioia di avere un figlio allo straziante dolore di vederlo morire.
Mosso a compassione, Shiva tentò di riattaccare la testa al piccolo, ma senza successo. Il dio allora ordinò al suo fedele servitore, il toro Nandin, di andare verso nord e di portare la testa di chiunque avesse trovato in quella direzione.
Nandin partì verso settentrione e si imbattè in Airavata, l’elefante bianco, vahana, cioè veicolo, di Indra. Ovviamente Indra cercò di impedire a Nandin di tagliare la testa a Airavata e nacque uno scontro che coinvolse anche altri dei. Ma la forza di Nandin però, che non era altro che la forza di Shiva, prevalse e alla fine il sacro toro tagliò la testa dell’elefante e la portò a Shiva che la pose sul collo del bambino che riprese vita. Così nacque Ganesh, signore degli elefanti e signore delle schiere, dio del benaugurio e dio della letteratura, Ekadanta cioè da una sola zanna in quanto l’altra si ruppe nella lotta contro Nandin.
E Indra? E il povero Airavata? Il re degli dei andò umilmente a chiedere perdono a Shiva il quale, nella sua benevolenza, gli disse: “Getta il corpo del tuo elefante nell’oceano, Airavata ne emergerà sano e salvo al momento del frullamento cosmico.” E così avvenne, come narrato in un altro post.

Ganesh again

I have told the most popular story about the birth of Ganesh, the elephant-headed God son of Shiva and Parvati. But today I want to tell another story, less known but perhaps more interesting told in other texts, but mainly in Brhaddharma Purana.

Ganesh bought in Mumbay
Well, Shiva stood absorbed in meditation when his wife Parvati interrupted him. She wanted a son. But the Great God, Mahayogi had always refused to have an offspring. “The children – he said – are used by parents to perform funeral rites and recitation of prayers to the ancestors, but I am immortal, and then I do not need it.”
Unlike the other Gods in fact, Shiva (and before him his corresponding Vedic God, Rudra), is proud opponent of procreation as protector of perfect and indistinct unity of Brahman against the duality inherent in creating the other by Self. But that’s another story.
Well, Parvati’s insistence exhausted even the Great God who made a child using patch of the sari of his wife and handed it to her.
Parvati was angry, “do you think I’m a girl giving me a rag doll to play?” But, picked up that piece of cloth, the baby came to life. Parvati was beaming, she had a son to love and showed him to Shiva who examined him. “The baby was born under a bad omen – Shiva said – Sanaiscara, the God of planet Saturn sentenced him to a sudden death.”
That said, the head of baby fell to the ground.
Parvati was hopeless, desperate, she was moved by the joy of having a child with the excruciating pain of seeing him die.
Moved with compassion, Shiva tried to reattach the head to the baby, but without success. The God then ordered his faithful servant, the bull Nandin, to go north and bring the head of anyone found in that direction.
Nandin went northward and came across Airavata, the white elephant , vahan, i.e. vehicle, of Indra. Obviously Indra tried to prevent Nandin to cut the head of Airavata and a hard fight began between Nandin, Indra and others Gods. But the strength of Nandin was the power of Shiva and prevailed and in the end the sacred bull cut off the head of the elephant and brought it to Shiva. The Great Gos put the head on the neck of his child and he came back to life. Thus Ganesh was born, Lord of the elephants and Lord of hosts, good luck God and God of literature, Ekadanta i.e. one tusked God as the other tusk was broken in the fight against Nandin.
And Indra? And poor Airavata? The King of the Gods went to ask for forgiveness of Shiva who, in his benevolence, said: “Throw the body of your elephant in the ocean, Airavata will come out safe and soul waters from at the time of churning of primordial ocean.” And so it happened, as told in another post.