mercoledì 29 maggio 2013

Occidente e Oriente

Nel 1965 Tiziano Terzani è a Kyoto in Giappone ed incontra il frate domenicano Sandro Bencivenni che aveva abbandonato l'Europa da anni ed era un grande conoscitore dell'Oriente.
Poichè mi sembrano riflessioni molto significative, voglio condividerle e trascrivo da pag. 13 di "In Asia" di Tiziano Terzani ed. TEA:


"L'Occidente - diceva padre Bencivenni - è la cultura intesa come scienza, cioè come conoscenza del mondo attorno all'io, mentre l'io è solo strumento e luogo del pensiero; ne derivano le scienze della natura e dell'osservazione. L'Oriente invece - cioè l'India, perchè secondo lui tutto venne da lì anche in Giappone attraverso la Cina e la Corea - vuol dire cultura intesa come ricerca dell'io pensante, il pensiero inteso come pensiero dell'io che pensa se stesso perchè l'io non è parte del tutto, ma è il tutto. Il distinguere è illusione; il tutto, l'assoluto, è verità. Cercare di distinguere è la via dell'errore. In queste due direzioni - dice lui - il mondo s'è mosso per secoli arrivando a questo pauroso abisso di oggi in cui da una parte c'è l'io che ha dimenticato se stesso nella conoscenza dell'attorno, anzi è diventato schiavo del conosciuto - la civiltà della macchina e la fine dell'umanesimo, dall'altra parte c'è l'io che ha raggiunto profondità ricchissime e forme di cultura avanzate, ma che, avendo dimenticato la conoscenza dell'attorno, ora muore di fame e ancora di peste e di lebbra."

sabato 18 maggio 2013

Satyagraha

Gandhi wasn't to coin the word satyagraha, but a relative of his, Maganlal Gandhi who responded to the invitation of the same Mahatma find a word more representative of passive resistance for the movement and the struggles of Indians in South Africa.
Maganlal proposed Sadagraha which Gandhi then changed to Satyagraha.
Satya is a Sanskrit word that comes from the root sat and essentially indicates the verb to be and, consequently, the true real, what does not change, that is the Truth, and ultimately God.
Agraha instead refers to a concept of perseverance, firmness, can be translated as insistence on something, or likely to be stubbornly attached to something.
The word Satyagraha, therefore, can be translated as firmness in truth, obstinate defense of the truth or, in the words of Gandhi, "insistence on truth, and force derivablefrom such insistence."
The satyagraha, is "the force that is born from truth and love."
Satyagraha is not a technique, or a movement, or a tool, for Gandhi's satyagraha is a preparation of the own soul.
To implement the satyagraha is therefore necessary first to act upon themselves. "Satyagraha - Gandhi reminded - is the complete annihilation of self, the greatest humiliation, greatest patience and faith brighter."
In perfect keeping with the Hindu thought, Gandhi knows that the truth is not in the I and in my and therefore to reach the Truth and be steadfast in the truth, you must cancel the ego and his every desire.
First rule of satyagraha is therefore self-discipline: domestic relations, diet, individual behavior must all be characterized by the abandonment of the ego, desire and hatred towards others.
"We have to have strict self-control - Gandhi says - if it is necessary for this preparation to live in forests and caves, we should do so."
After, the satyagraha can move in social relations and in the political struggle where its real purpose is the inner transformation of the opponent.
"A satyagrahi - Gandhi says - is already dead in the body before the enemy tries to kill him, that is freed from attachment to their own bodies and lives only for the victory of the soul." Of what use then kill a man already dead?
The opponent who sees this patience, this capacity to suffer for the truth, this self-annihilation in the affirmation of truth, this acceptance of the hardest consequences (even the prison or even his own death) to remain "steadfast in the Truth", leads to final victory, indeed it is already in itself a victory, in a reversal of perspective that displaces the opponent and, eventually, change him and wins him.
"In the satyagraha - reminds us of the Mahatma - the defense of truth is not inflicting suffering opponent, but to themselves."




Satyagraha

Non venne a Gandhi l'idea di coniare la parola satyagraha, bensì ad un suo parente, Maganlal Gandhi che rispose all'invito dello stesso Mahatma di trovare una parola più rappresentativa di resistenza passiva al movimento e alle lotte degli indiani in Sudafrica.
Maganlal propose Sadagraha che poi Gandhi cambiò in Satyagraha. Vediamone l'etimologia.
Satya è una parola sanscrita che deriva dalla radice sat che indica essenzialmente il verbo essere e conseguentemente il vero reale, ciò che non muta, cioè la Verità e in ultima analisi Dio. 
Agraha rimanda invece ad un concetto di perseveranza, di fermezza, può essere tradotto come insistenza su qualcosa, essere ostinatamente propensi o attaccati a qualcosa.
La parola Satyagraha pertanto può essere tradotta come fermezza nella verità, ostinata difesa della verità o, usando le parole di Gandhi, attaccamento alla verità.
Isatyagraha,  è "la forza che nasce dalla verità e dall'amore."
Satyagraha non è una tecnica, nè un movimento, nè uno strumento, per Gandhi satyagraha è una predisposizione dell'animo. 
Per attuare il satyagraha è pertanto necessario in primo luogo agire su se stessi."Satyagraha  - ricorda Gandhi - è il completo annullamento di sè, la più grande umiliazione, la più grande sopportazione e la fede più luminosa."
In perfetta coerenza con il pensiero hindu, Gandhi sa che la Verità non sta nell'io e nel mio e pertanto per raggiungere la Verità ed essere fermi nella Verità, è necessario annullare l'io ed ogni suo desiderio.
Prima regola del satyagraha è quindi l'autodisciplina: rapporti domestici, dieta, comportamenti individuali devono essere tutti caratterizzati dall'abbandono dell'io, del desiderio e dell'odio verso gli altri. 
Dopo il satyagraha può trasferirsi nei rapporti sociali e nella lotta politica dove il suo vero scopo è la trasformazione interiore dell'avversario. 
"Un satyagrahi - dice Gandhi - è morto nel corpo già prima che il nemico tenti di ucciderlo, cioè si è liberato dall'attaccamento al proprio corpo e vive solo per la vittoria dell'anima." A che serve quindi uccidere un uomo già morto?
L'avversario che vede questa pazienza, questa capacità di soffrire per la Verità, questo autoannientamento nell'affermazione della Verità, questa accettazione delle più dure conseguenze (anche la prigione o addirittura la propria morte) per rimanere "saldi nella Verità", porta alla vittoria finale, anzi è già di per sè una vittoria, in un capovolgimento di prospettiva che spiazza l'avversario e, alla fine, lo cambia e lo vince.
"Nel satyagraha - ci ricorda il Mahatma la difesa della verità non avviene infliggendo sofferenza all'avversario, ma a se stessi."




domenica 5 maggio 2013

Ikea in India

Soon in a house of Varanasi or Pune, in a hut of Bihar or in an apartment in Mumbai will never find a charpai or four-poster beds, simple wooden shelves, mirrors framed with bamboo canes and teak  or mango wood tables. We will find the library Billy and  armchair Karlstad, bed Malm and the coffee table Lack.
Well, yes. The Indian government has finally allowed Ikea to open ten stores in India over the next ten years and fifteen more in subsequent years. The first phase of the investment is worth almost $ 2 billion.
Laws to protect the small shops that have so far hindered the realization of large retail supermarkets and attempt to land as the American Walmart were not used to lock the Swedish giant. The Indian law in fact permits foreigners to carry out retail chains if the products are monobrand, as in the case of Ikea that  sells only products under its own brand, while the multi-brand sales (i.e. supermarkets) have restrictions.
And because the Indians should not have what we have, cheap furniture? Maybe, but this homogenization saddens me and scares me.
I do not want to bore you, but I have to mention one more time that Mahatma Gandhi was convinced that India had a mission to accomplish in the world and should be for all other nations a beacon to indicate a  peaceful and different from that Western pattern of life.

Gandhi in Young India on 11 August 1927 wrote:

"Wisdom is no monopoly of one continent or one race. My resistance to Western civilisation is really a resistance to its indiscriminate and thoughtless imitation based on the assumption that Asiatics are fit only to copy everything that comes from the West. I do believe, that if India has patience enough to go through the fire of suffering and to resist any unlawful encroachment upon its own civilisation which, imperfect though it undoubtedly is, has hitherto stood the ravages of time, she can make a lasting contribution to the peace and solid progress of the world."

Ikea in India

Fra poco in una casa di Varanasi o di Pune, in una capanna del Bihar o in un appartamento di Mumbay non troveremo più charpai o letti col baldacchino, semplici scaffalature in legno dai più svariati colori, specchi incorniciati con canne di bamboo e tavoli in teak o in legno di mango. Troveremo la libreria Billy e la poltrona Karlstad, il letto Malm e il tavolinetto Lack. 
Ebbene sì. Il governo indiano ha definitivamente autorizzato Ikea ad aprire in India dieci negozi nei prossimi dieci anni e altri quindici negli anni successivi. L’investimento della prima fase vale quasi 2 miliardi di dollari. 
Le leggi a tutela dei piccoli negozi che hanno per ora ostacolato la realizzazione di grandi supermercati di vendita al dettaglio e il tentativo di sbarco per esempio dell’americana, non sono servite a bloccare il colosso svedese. La legge indiana infatti autorizza gli stranieri a realizzare catene retail se i prodotti sono monomarca, come nel caso delle Ikea che vende solo prodotti a proprio marchio, mentre le vendite multimarchio (proprie dei supermercati) hanno delle restrizioni. 
E perché gli indiani non dovrebbero avere quello che abbiamo noi, mobili a buon mercato? Sarà, ma questa omogeneizzazione mi rattrista e mi spaventa 
Non voglio tediarvi, ma devo citare un’altra volta il Mahatma Gandhi che era convinto che l’India avesse una missione da compiere nel mondo e dovesse essere per tutte le altre nazioni un faro che indicasse un modello di vita pacifico e diverso rispetto a quello occidentale. 

Gandhi su Young India dell’11 agosto 1927 scriveva: 

Sono sufficientemente umile da ammettere che c’è molto di utile da assimilare dall’occidente. La saggezza non è monopolio di un solo continente o di una sola razza. La mia opposizione alla civiltà occidentale è in realtà una resistenza alla sua indiscriminata e irriflessiva imitazione basata sull’assunto che gli asiatici siano capaci solo di copiare tutto ciò che provenga dall’occidente. 
Credo che se l’India avrà sufficiente pazienza da superare la prova del fuoco della sopportazione e resistere ad ogni illecita invasione della sua stessa civiltà – civiltà che, malgrado la sua indubbia imperfezione, finora ha resistito alle devastazioni del tempo – potrà dare un contributo duraturo alla pace e al saldo progresso del mondo.” (da Gandhi, Il mio credo Ed. Newton Compton).