lunedì 29 gennaio 2018

70th anniversary of Gandhi's death

Gandhi Smriti: the exact place where Gandhi was killed in Delhi
On January 30, 1948, Mohandas Karamchand Gandhi, the Mahatma, was killed by Nathuram Godse, a Hindu fundamentalist.
For details on his death you can click here, for a brief biography of his killer here.
Gandhi was in Delhi and was staying at the Birla House. in the afternoon, at 17.17, when he went to the garden where he prayed every day, he was hit by three gunshots.
This year is the 70th anniversary of his death and I want to remind him with some thoughts of the Mahatma on death.

"What a comforting thought it is to think of death, whenever it comes, as a wise plan in the economy of nature ? If we could realise this law of our being and be prepared for death as a welcome friend and deliverer we should cease to engage in the frantic struggle for life. We shall cease to want to live at the cost of other lives and in contempt of all considerations of humanity.  Such realization is impossible without a due conception of the definite and grave limitations of the body and an abiding faith in God and His unchangeable Law of Karma. [...]
As Hindus we ought to be the least affected by the thought of death, since from the very cradle we are brought up on the doctrines of the spirit and the transitoriness of the body. [...] Our scriptures tell us, that childhood, old age and death are incidents only to this perishable body of ours and that man's spirit is eternal and immortal. That being so, why should we fear death ? And where there is no fear of death there can be no sorrow over it either."


Mohandas Karamchand Gandhi - Young India 1927-1928






70° anniversario della morte di Gandhi

Gandhi Smriti: il luogo esatto dove venne ucciso Gandhi a Delhi
Il 30 gennaio del 1948 Mohandas Karamchand Gandhi, il Mahatma, venne ucciso da Nathuram Godse, un integralista hindu.
Per i particolari sulla sua morte potete cliccare qui, per una breve biografia del suo assassino qui.
Gandhi si trovava a Delhi e alloggiava presso la Birla House. nel pomeriggio, alle 17.17, mentre si recava nel giardino dove quotidianamente pregava, venne colpito da tre colpi di pistola.
Quest'anno ricorre quindi il 70° anniversario della sua morte e voglio ricordarlo con alcuni pensieri del Mahatma proprio sulla morte.

"Che pensiero confortante è pensare alla morte come un piano saggio nell'economia di natura? Se potessimo realizzare questa legge del nostro essere ed essere pronti per la morte come amica benvenuta e liberatrice, smetteremmo di impegnarci nella frenetica lotta per la vita. Smetteremo di voler vivere a spese degli altri e nel disprezzo di ogni considerazione verso l'umanità.
Tale realizzazione è impossibile senza una dovuta consapevolezza dei limiti definiti ed enormi del corpo e senza una fede duratura in Dio e nella Sua Legge immutabile del Karma. [...]
Come indù dobbiamo essere i meno colpiti dal pensiero della morte, perchè sin dalla culla siamo cresciuti con le dottrine sullo spirito e sulla transitorietà del corpo. [...]
Le nostre scritture ci dicono che l'infanzia, la vecchiaia e la morte sono episodi che riguardano solo questo nostro corpo deperibile e che lo spirito dell'uomo è eterno e immortale. Stando così le cose, perché dovremmo temere la morte? E dove non c'è paura della morte non ci può essere alcun dolore per essa". 



Mohandas Karamchand Gandhi - Young India 1927-1928





martedì 16 gennaio 2018

Gandhi secondo Arundhati

Avevo già scritto del volume "Annihilation of caste" di B.R. Ambedkar con introduzione di Arundhati Roy in un precedente post. All'epoca esisteva solo l'edizione in inglese (Ed. Navayana) che mi ero procurato a Mumbai, ora, grazie all'Editrice Castelvecchi, è possibile leggere in italiano il volume e ve lo consiglio caldamente.
Il volume è importante non solo per capire un po' di più il significato del varnasrama dharma, il sistema castale in India, ma anche per avere una visione un po' più critica del pensiero e dell'opera di Gandhi rispetto alla visione agiografica che si è imposta nel mondo.
Non torno a parlare dell'illuminato discorso mai pronunciato da Ambedkar (1936) per cui rimando al vecchio post, volendomi soffermare su quanto A. Roy sostiene di Gandhi in ordine ad alcuni temi quali la razza e le caste. Posizioni per le quali la Roy definisce polemicamente Gandhi "il santo dello status quo".
E' noto che Gandhi fosse assolutamente convinto che la tradizionale organizzazione sociale dell'India fosse un sistema funzionale e rispondente alle esigenze di tutti e sulle caste pensava che "il vasto sistema delle caste rispondeva non solo alle esigenze religiose della comunità, ma anche a quelle politiche. Attraverso il sistema delle caste gli abitanti dei villaggi risolvevano i loro affanni interni e fronteggiavano qualsiasi oppressione" e ancora "io credo che se la società indù è stata in grado di sopravvivere, è perchè è fondata sul sistema delle caste... Distruggere il sistema delle caste e adottare il sistema sociale europeo occidentale significherebbe per gli indù abbandonare il principio dell'occupazione ereditaria, che è l'anima del sistema delle caste."
Gandhi sosteneva l'eguaglianza di tutte le caste e la necessità di far rientrare nel sistema castale i fuoricasta, ma risulta davvero difficile sostenere l'eguaglianza di un pulitore di latrine, che è pulitore di latrine perchè nato da un altro pulitore di latrine, che si potrà sposare soltanto con una pulitrice di latrine e i cui figli saranno pulitori di latrine... con un uomo di casta sacerdotale, un commerciante o anche solo un contadino.
La Roy mette sotto una luce diversa da quella tradizionalmente creduta, anche la famosa vicenda sudafricana di Gandhi cacciato dalla carrozza ferroviaria di Prima Classe perchè non bianco.
"Quello che offese Gandhi - scrive Roy - fu il fatto che gli indiani liberi venuti in Sudafrica per affari fossero trattati alla stessa stregua dei nativi neri africani. La tesi di Gandhi era che gli indiani fossero sudditi britannici e avessero quindi diritto a un trattamento paritario sulla base del decreto della Regina Vittoria del 1858".
E a riprova della scarsa considerazione che Gandhi aveva dei kaffir (così erano chiamati i neri in Sudafrica), Roy ricorda che una delle prime vittorie del Mahatma in quel paese fu quella di ottenere una terza entrata all'Ufficio Postale di Durban che originariamente aveva solo due ingressi uno per i "bianchi" e l'altro per i "negri". La terza entrata era per gli indiani, affinchè non fossero costretti ad utilizzare l'entrata destinata ai "negri".




Arundhati about Gandhi

I had already written about "Annihilation of caste" by B.R. Ambedkar with introduction of Arundhati Roy in a previous post. At that time there was only the English edition (Ed. Navayana) that I had obtained in Mumbai, now, thanks to Editrice Castelvecchi, you can read the volume in Italian and I highly recommend it.
The book is important not only to understand a little more the meaning of varnasrama dharma, the caste system in India, but also to have a slightly more critical view of Gandhi's thought and work with respect to the hagiographic vision that it is imposed in the world.
I do not go back to talk about the enlightened speech never pronounced by Ambedkar (1936) so I refer to the old post, wanting to dwell on what A. Roy supports Gandhi in order to some issues such as race and caste. Positions for which Roy defines polemically Gandhi "the saint of the status quo".
It is well known that Gandhi was absolutely convinced that the traditional social organization of India was an absolutely functional system responding to the needs of everyone and on caste thought that "the vast organisation of caste answered too only the religious wants of the community, but it answered too its political needs. The villagers managed their internal affairs through the caste system , and through it they dealt with any oppression from the ruling power o powers" and again "I believe that if the Hindu society has been able to stand, it is because it is founded on the caste system ... To destroy the caste system and adopt the Western European social system would means that Hindus must give up the principle of hereditary occupation which is the soul of the caste system."
Gandhi belived that there should be no hierarchy between castes, that all castes should be considered equal and that avarna castes should be brought into caste system. But it is very difficult to support the equality of a latrine cleaner, who is a latrine cleaner because he was born of another latrine cleaner, who can marry only with a latrine cleanser and whose children will be latrine cleaners ... with a man of priestly caste, a merchant or even a peasant or a worker.
The Roy puts in a different light from that traditionally believed, even the famous South African story of Gandhi chased by the train carriage First Class because not white.
"Gandhi - writes Roy - was not offendet by racial segregation. He was offended that passenger indians who had come to South Africa to do business, were being treayed on a par with native Black Africans. Gandhi's argument was that passengers Indians were British subjects and therefore had the right to equal treatment on the basis of Queen Victoria's 1858 proclamation.
And as evidence of the poor consideration that Gandhi had about kaffir (as blacks were called in South Africa), Roy recalls that one of Mahatma's first victories in that country was to get a third entry to the Durban Post Office which originally had only two doors one for "white" and the other for "blacks". The third entry was for the Indians, so that they were not forced to use the entrance intended for the "blacks".