mercoledì 30 marzo 2011

Le domande del lago

Uno degli episodi più famosi e significativi del Mahabharata è quello in cui un Lago magico rivolge ad Yudhishthira molte domande e il maggiore dei fratelli Pandava fornisce sagge risposte.
Durante il loro esilio nella foresta i cinque Pandava si imbattono in un lago. Una voce ingiunge loro di non bere l’acqua prima di aver risposto alle domande che la misteriosa voce voleva fare. Nakula, Sahadeva, Bhima ed Arjuna non danno retta alla voce, bevono e, uno dopo l’altro, cadono a terra come morti.
Yudhishthira, accorso in aiuto dei fratelli risponde alle domande di quello che poi si scoprirà essere addirittura il dio Dharma in persona.
Si tratta di moltissime domande tanto che si parla delle “cento domande.”
In tutte le edizioni del Mahabharata che ho letto (inclusa la riduzione cinematografica di Peter Brook che allego al presente post), queste domande sono modificate, interpretate, ridotte.
Alcune domande e le relative risposte sono interessanti e provo a farne qui una ‘collazione’.
Il Lago chiede: - Chi è che fa sorgere il sole e lo fa splendere ogni giorno?
Yudhishthira risponde: - Il potere di Brahma.
L.: In cosa sprofonda il sole?
Y.: Nella verità.
L.: Chi è più veloce del vento?
Y.: Il pensiero.
L.: Chi sono più numerosi degli steli dell’erba?
Y.: I pensieri nella mente.
L.: Chi è in grado di ricoprire tutta la terra?
Y.: Le tenebre.
L.: Sono più numerosi i vivi o i morti?
Y.: I vivi. I morti non sono più.
L.: Fammi un esempio di spazio.
Y.: Le mie mani giunte.
L.: Che cosa rende istruiti?
Y.: Lo studio dei testi sacri.
L.: Come può l’uomo raggiungere la grandezza?
Y.: Attraverso la meditazione.
L.: Chi è sempre amico dell’uomo?
Y.: La sua intelligenza.
L.: Si è brahmana (casta sacerdotale) per nascita o per studi?
Y.: Per nessuno dei due. E' brahmana colui che conduce una vita pura.
L.: Dove sta la divinità del brahmana?
Y.: Nella sua conoscenza dei Veda.
L.: Cosa hanno in comune un brahmano e un uomo comune?
Y.: La morte.
L.: Cosa conferisce divinità a uno kshatriya (casta guerriera)?
Y.: Le sue armi.
L.: Che cosa lo sminuisce?
Y.: La paura.
L.: Cosa è cosa più importante dello stesso mondo?
Y.: La propria madre.
L.: Cos’è più alto del cielo?
Y.: Il proprio padre.
L.: Qual è la cosa di maggior valore da possedere?
Y.: La conoscenza.
L.: E la felicità più grande?
Y.: Il controllo di sé.
L.: Qual è il più alto livello del dharma?
Y.: Non danneggiare nessun vivente.
L.: Cosa deve essere controllato?
Y.: La mente.
L.: Quale rinuncia rende un uomo amabile?
Y.: La rinuncia all’orgoglio.
L.: E quale lo rende ricco?
Y.: La rinuncia al desiderio.
L.: A cosa si può rinunciare senza rimpianti?
Y.: Alla rabbia.
L.: Quale è il vero vincolo?
Y.: Quello della mente.
L.: Cos’è il vero perdono?
Y.: Perdona veramente colui che abbandona l’inimicizia.
L.: Quale malattia non può curarsi?
Y.: La stupidità.
L.: Cos’è il dolore?
Y.: L’ignoranza.
L.: Un esempio di veleno.
Y.: Il desiderio.
L.: Un esempio di sconfitta.
Y.: La vittoria.
L.: Chi è nato prima il giorno o la notte?
Y.: Il giorno. Ma solo con un giorno di anticipo.
L.: Qual è il tuo contrario.
Y.: Me stesso.
L.: Qual è la vera abluzione?
Y.: Quella che pulisce il cuore.
L.: E la vera debolezza?
Y.: Parlare male degli altri.
L.: Chi salva un uomo in pericolo?
Y.: Il coraggio.
L.: Cosa è importante per chi semina.
Y.: La pioggia.
L.: E per chi desidera alla prosperità?
Y.: La prole.
L.: Cos’è inevitabile per ognuno di noi ?
Y.: La felicità.
L.: Chi è che dorme a occhi aperti?
Y.: Il pesce.
L.: Chi resta immobile dopo essere nato?
Y.: L’uovo.
L.: Chi è amico dell’esule?
Y.: Colui che lo accompagna lungo la via.
L.: Qual è il sentiero?
Y.: Le discussioni, la filosofia, gli scritti, gli stessi sapienti hanno diverse opinioni. La via è dentro di noi: è la via del dharma, il sentiero d’oro che attraversa tutti i tempi.
L.: Chi possiede ogni ricchezza?
Y.: Quello per cui gioia e dispiacere, fortuna e sfortuna, passato e futuro sono la stessa cosa.
L.: Qual è la cosa più sorprendente del mondo?
Y.: Che nonostante ogni giorno siano infiniti coloro che entrano nel tempio della morte, coloro che rimangono pensano di vivere per sempre. Cosa può esserci di più sorprendente?
A questo punto il lago è soddisfatto, i quattro Pandava possono risvegliarsi e continuare l’avventura che li porterà alla battaglia di Kurukshetra.

venerdì 25 marzo 2011

Little Shiva

This picture of the little Shiva is very reassuring, it is in a temple of Shiva in my beloved Cochin in Kerala, wonderful State of south India.
He’s a baby Shiva, but he has all attributes of great god which I’ve described in another post.
The little boy is sleeping serenely on a leopard leather, in his right hand he is grasping trishula of the top of that there is the little dram damaru from which primordial syllable AUM was born and it is made by union of two triangles, female and male aspects, Shakti and Purusha, yoni and lingam. In left hand of little Shiva the is a little cobra.
There are a crescent of moon on his head, another small cobra and Ganga water springing from his hair. In the middle of his forehead there is the third eye and he has a japamala (rosary or prayer beads) around his neck.
I like the context of this picture too. In the background Himalaya rises majestically, that is the abode of Shiva. There is the vahana, the vehicle of Shiva:  the white bull, Nandi.
On lift side there is the mystic symbol of Shiva, the lingam-yoni, the union between male and female principles living  inside the God and from which the universe was born. On the top of lingam, there is padma, the lotus.

Shiva bambino

E’ molto rassicurante questa immagine di Shiva bambino che si può trovare in un tempio shivaita della mia amata Cochin, città del Kerala, meraviglioso stato del sud dell’India.
E’ un piccolo Shiva, ma ha tutti gli attributi della grande divinità che ho descritto in precedente post.
Il bambino dorme serenamente sopra una pelle di leopardo, nella mano destra stringe il trishula alla cui sommità è legato il tamburello damaru dal quale scaturì la sillaba primordiale AUM e che è formato dall’unione di due triangoli, l’aspetto femminile e quello maschile, shakti e purusha, yoni e lingam. Nella mano sinistra il piccolo Shiva tiene un piccolo cobra.
Sulla testa troviamo il crescente di luna, un altro piccolo cobra, la crocchia dalla quale scendono le acque della dea Ganga. Al centro della fronte è situato il terzo occhio e il collo è ornato da un rosario shivaita.
Mi piace anche il contesto. Sullo sfondo si ergono le catene himalayane, residenza di Shiva e si scorge il vahana del dio, il veicolo, il fedele toro Nandin.
Sulla sinistra invece sta l’immagine mistica della divinità, il lingam-yoni, l’unione del maschile e del femminile che abitano all’interno del dio. Sopra il lingam, che è adornato dalle tre strisce orizzontali dello shivaismo, è posto un fiore di loto (padma).

venerdì 18 marzo 2011

Sri Yantra

To watch the Sri Yantra fascinates me always, it’s the most sacred of all yantras I reproduce in this post and I’m using as my avatar.
But what are yantras?  Yantra literally means ‘tool’ and those are an aid to meditation. These geometric diagrams with two or even three dimensions represent god and goddesses or mystical concepts. The bases of the temples and religious buildings are yantras with mystical and religious meanings very precise.
In the yantras are used geometrical figures, each of which has its own meaning, which, combined with other figures, give to the yantra meaning sometimes very articulate.
Points, straight lines and curves, points or arrow, triangles, circles, crescents, hexagons, squares, pentagons, crosses of various types combine to form a yantra. These symbols are usually surrounded by one or two circles of lotus petals, the flower symbol of Hinduism, the flower that is what man should be.  In fact, like the petals of the lotus while being supported on the surface of the pond it is neither wet nor contaminated, so the man should live in the phenomenal reality without being affected by that. To be in the world but not of the world.
The two concentric circles of lotus petals are in turn surrounded by a square called sisira (which means trembling in Sanskrit) with four T-shaped gates placed at the four cardinal points.
Each Hindu god has a yantra that represents, even each god has a yantra for each of his own many aspects and each yantra is also a mantra, a ritual formula that Is repeated mentally or verbally, a further aid to devotional meditation.
The Sri Yantra is called also Sri Chakra or diagram of fortune and Nava Chakra because it allows nine levels of meditation starting from outer frame until you reach the center of the drawing.
The Sri Yantra is a symbol of good luck and is dedicated to the Mother Goddess, more precisely to Rajarajeshvari, the Queen of the queens. It represents the powerful and permanent flow of the creation presided over by that goddess.
The Sri Yantra is composed of the frame (sisira), two concentric circles, respectively 16 and 8 lotus petals that surrounded a figure made of four isosceles triangles with the vertex upwards, intersecting with another five isosceles triangles with the vertex down. The four triangles represent the male aspect and the five triangles the female aspect, Purusha and Prakriti, Lingam and Yoni, Shiva and Parvati, by whose union was created and developed the whole universe whose multiplicity is represented by 43 triangles borning from the intersection of the nine main triangles.
The five triangles are feminine energy that powers the Purusha, the matrix, static property that has the unexpressed universe within itself.
The Sri Yantra is also a metaphor that refers to the oldest vedism and the centrality of sacrifice. The five triangles that intersect with four below are the symbol of the sacrifice of Shakti that is sacrificed in the fire of Agni and gives life to the manifest world.
In the middle of the last small triangle is sometimes visible sometimes not, bindu, which represents the boundary between the manifest and the unmanifest.

Sri Yantra

Mi affascina sempre guardare lo Sri Yantra, il più sacro di tutti gli yantra che riproduco in questo post e che uso anche come mio avatar.
Ma cosa sono gli yantra? Letteralmente yantra significa 'strumento' e sono un ausilio alla meditazione. Si tratta di diagrammi geometrici a due o anche a tre dimensioni che rappresentano divinità o concetti mistici. Anche le basi dei templi e degli edifici sacri sono yantra con precisi significati mistici e religiosi.
Negli yantra vengono utilizzate figure geometriche elementari ciascuna delle quali ha un significato proprio che, unite alle altre figure, danno allo yantra un significato complessivo talvolta molto articolato.
Punti, linee rette e curve, punte a forma di freccia o fiamma, triangoli, cerchi, mezzelune, esagoni, quadrati, pentagoni, croci di vario tipo concorrono a formare uno yantra. Questi simboli sono in genere circondati da uno o due cerchi di petali di loto, il fiore simbolo dell’induismo, il fiore che rappresenta quello che l’uomo dovrebbe essere.
Infatti come i petali del loto pur essendo appoggiati sulla superficie dello stagno da esso non sono né bagnati né sporcati, così anche l’uomo nella realtà fenomenica dovrebbe vivere senza essere da questa condizionato. Insomma essere nel mondo, ma non del mondo.
I due cerchi concentrici di petali di loto sono a loro volta circondati da un quadrato chiamato sisirita (che significa tremante in sanscrito) con quattro porte a forma di T collocate ai quattro punti cardinali.
Ogni dio hindu ha uno yantra che lo rappresenta, anzi ha uno yantra per ciascuno dei suoi molteplici aspetti ed ad ogni yantra corrisponde anche un mantra, una formula rituale che si ripete mentalmente o si pronuncia come forma devozionale ed ulteriore ausilio alla meditazione.
Lo Sri Yantra, è chiamato in molti modi, è detto Sri Chakra o diagramma della fortuna ed anche Nava Chakra, perché consente nove livelli di meditazione partendo dalla cornice esterna fino ad arrivare al centro del disegno.
Lo Sri yantra è un simbolo di buon auspicio ed è dedicato alla Dea Madre, più precisamente a Rajarajeshvari, cioè alla Regina delle regine. Rappresenta il flusso potente e permanente della creazione presieduta da questa dea.
Lo Sri Yantra è composto dalla cornice (sisirita), da due cerchi concentrici rispettivamente di 16 e di 8 petali di loto che racchiudono una figura composta da quattro triangoli isoscele col vertice verso l’alto che si intersecano con altri cinque triangoli isoscele con il vertice verso il basso. I primi rappresentano l’aspetto maschile mentre i secondi quello femminile, purusha e prakriti, lingam e yoni, Shiva e Parvati, dalla cui unione nasce e si sviluppa l’Universo intero la cui molteplicità è rappresentata dai 43 triangoli che si formano dall’intersecarsi dei nove triangoli principali.
I cinque triangoli femminili sono l’energia che alimenta il purusha, la matrice immobile e statica che possiede dentro di sè l’universo inespresso.
Lo Sri Yantra è una metafora che rimanda anche al più antico vedismo e alla centralità del sacrificio. I cinque triangoli che si intersecano con i quattro sottostanti sono il simbolo del sacrificio della shakti che si immola nel fuoco di Agni e dà vita al mondo manifesto.
Al centro dell’ultimo piccolo triangolo c’è, talvolta visibile talvolta no, il bindu che rappresenta il punto limite tra immanifesto e manifesto.

domenica 13 marzo 2011

Mahabharata Part IV - The End

Bhima's revenge
Alliances have become made. The armies deployed on the plain of Kurukshetra. All is ready for the battle.
Arjuna, seeing his cousins, his teachers, his closest friends drew up in fighting order against the Pandavas, has a moment of reflection, he doesn’t want not fight against them, does not want to kill them. Krishna, Arjuna's charioteer, in what will be the Bhagavad Gita (Song of the Lord) explains that for the kshatriya is fair and respectful of the dharma to fight.
The battle begins and will last 18 days. There will be no holds barred, action will be done ungodly, evil, unfair, they will be killed unarmed warriors, warriors in escape. The codes and rules of each battle will be violated.
There are many memorable fights.
The wise Bhishma, the teacher of Kauravas and Pandavas, is pierced by thousands of arrows, but does not die. A god has granted him the privilege to decide the time of his death and he wants to wait a good moment.  He leaves lying on a bed of arrows to die surrounded by the warriors of both armies.
Drona, the master of arms, is apparently invincible and indefatigable. The only way to stop him from fighting is to tell him that his son, Aswatthama, died.  It 's a lie, but Drona does not know it and the just Yudhishthira, Dharma’s son,  confirmed the news. The big Brahman cannot resist loss of his son, abandons his weapons and began sitting in meditation.  So helpless he will be killed.
Karna was killed by Arjuna when the wheel of his wagon was sank  in the bloody mire and the code of war was imposed to stop the fight.
Bhima keeps his promise. First, brutally he murders Duhasasana  and drinks his blood; he was the brother of Duryodhana, who had dragged Draupadi by the hair. Then Duryodhana challenges in combat and kills him with a blow prohibited.
The war is over, the Kauravas are defeated, but  Aswatthama, son of Duryodhana, wants to take vengeance because of the brutality of the conflict and the violation of any codes. At night, he sets fire to the camp of the Pandavas and kills all but the five brothers who were with Krishna outside the camp. At the sight of the carnage Yudhishthira says: "At the very moment of victory, we have been totally defeated."
Yudhishthira was crowned king of Hastinapura, the blind king Dhritarashtra, his wife Gandhari and Kunti, mother of the Pandavas, withdraw into the forest.
The Pandavas, after years of enlightened reign of Yudhishthira, will die and come in Swarga, the paradise of Indra. THE END.


Part III

Mahabharata Parte IV - Fine

La morte di Bhisma
Le alleanze sono ormai strette. Gli eserciti schierati nella piana di Kurukshetra. Tutto è pronto per la battaglia. Arjuna, vedendo dall’altra parte i suoi cugini, i suoi maestri, i suoi amici più cari, ha un momento di ripensamento, non vuole combattere contro di loro, non vuole ucciderli. Krishna, cocchiero di Arjuna, in quella che sarà la Bhagavad Gita (Il Canto del Beato) spiega al guerriero i motivi per i quali è giusto e rispettoso del dharma che lui combatta.
Lo scontro ha inizio e durerà 18 giorni. Non ci saranno esclusioni di colpi, verranno compiute azioni empie, malvagie, sleali, saranno uccisi guerrieri disarmati, guerrieri in fuga. I codici e le regole di ogni battaglia verranno violate.
Molti sono gli scontri memorabili.
Il saggio Bhisma, maestro dei Kaurava e dei Pandava, viene trafitto da migliaia di frecce, ma non muore. Un dio gli ha concesso il privilegio di decidere il momento della propria morte e lui vuole aspettare un giorno propizio. Resta così disteso su un letto di frecce per poi morire attorniato dai guerrieri dei due eserciti.
Drona, il maestro d’armi, sembra invincibile ed instancabile. L’unico modo per farlo smettere di combattere è dirgli che suo figlio Aswatthama è morto. E’ una menzogna, ma Drona non lo sa e l’onesto Yudhishthira conferma la notizia. Il grande brahmano non resiste alla perdita del figlio, abbandona le armi e si mette seduto in meditazione. Così, inerme, verrà ucciso.
Karna viene ucciso da Arjuna quando la ruota del suo carro era sprofondata nel fango e il codice di guerra avrebbe imposto di sospendere il combattimento.
Bhima mantiene la promessa data. Prima, uccide brutalmente Duhsasana, il fratello di Duryodhana, colui che aveva trascinato per i capelli Draupadi e beve il suo sangue. Poi sfida in combattimento Duryodhana e lo uccide con un colpo proibito.
La guerra è finita, i Kaurava sono sconfitti, ma la brutalità dello scontro e la violazione di tutti i codici cavallereschi fa nascere nell’animo di Aswatthama, figlio di Duryodhana, la voglia di vendetta. Di notte, appicca il fuoco all’accampamento dei Pandava e li uccide tutti tranne i cinque fratelli che erano con Krishna fuori dall’accampamento. Alla vista di quello scempio Yudhishthira dice: “Proprio nel momento della vittoria, siamo stati completamente sconfitti.”
Yudhishthira viene incoronato re di Hastinapura, il re cieco Dhritarashtra, la moglie Gandhari e Kunti, madre dei Pandava, si ritirano nella foresta.
I Pandava, dopo anni di illuminato regno di Yudhishthira, moriranno e si ritroveranno nello swarga, il paradiso di Indra. FINE

Parte I
Parte II
Parte III

venerdì 11 marzo 2011

This site is a dream. Only those who sleep believe it is real

In the good book “The pleasure seekers”, Tishani Doshi, writer from Cennay (Madras), expresses some Hindu conceps very effectively. One chapter is titled: “This site (the world) is a dream. Only those who sleep believe it is real.” Aphorism that sums up very well vedantic conception according to which the world is not real but merely an expression of maya, the power of illusion.
Another concept is very similar to that expressed by the title of this blog: “God created a truth with many doors to welcome every creature knocking any of those.”

Questo luogo è un sogno. Solo chi dorme pensa che sia reale

Nel bel libro di Tishani Doshi, scrittrice di Chennai (Madras), “Il piacere non può aspettare” sono espressi in maniera molto efficace alcuni concetti molto indù. Un capitolo è intitolato: “Questo luogo (il mondo) è un sogno. Solo chi dorme pensa che sia reale.” Aforisma che sintetizza molto bene la concezione vedantica in base alla quale il mondo non è reale, ma solo espressione di maya, il potere dell’illusione.
Un altro concetto è molto simile a quello espresso dal titolo di questo blog: ”Dio ha creato una verità con molte porte per accogliere ogni creatura che bussa a qualsiasi di esse.”

domenica 6 marzo 2011

Shiva Nataraja

One of the most popular and evocative images of Shiva in South India in particular is that of Shiva Nataraja, the King or the Lord of the dance. Another significant example of the duality of existence. The great ascetic, a beggar asking for alms, naked body sprinkled with the ashes of the crematory, becomes lord of a frantic dance in a circle of flames of Agni, prabhamandala or alatacakra said, dances the Tandava, symbolizing the entire evolution of the universe.
But let see in detail the symbolism of this powerful image that represents one of the 108 positions of the Tandava.
The right foot is placed over the demon Apasmara Purusha (or Mujalaka). Apasmara means forgetfulness, oblivion and symbolizes ignorance, false belief understood as maya, an illusion to believe that real what is transient and, therefore, that binds to the human passions materials and condemns him to be reborn in the cycle called samsara .
The left leg is raised and bent to the right to express the liberating function of the god of dance.
Shiva holds damaru, the drum composed of two united triangles, symbols of the lingam and the yoni, male and female aspect. It’s the drum from which primordial sound was born, the sacred syllable AUM. That is the symbol of creation. The upper left hand of Shiva is in ardhachandra mudra, the half-moon pose, and holds a tongue of flame, symbol of god Agni, symbol of distruction.
The lower right  hand is in abhay amudra, the gesture that represents the negation of fear, the gesture that gives confidence, the protective posture.
The second left arm is in gajahasta mudra, the gesture of trunk of elephant and points at the left leg, the emancipation way. Behind the head long hair of the god are stretching, moved by the violence of the movements of the dance.
Of course, there are other symbols of Shiva we've seen in a previous post: half-moon, the Ganges, the necklace of skulls.
The static god represented by the lingam becomes the relentless engine of the universe, the eternal energy that creates, maintains and destroys everything, the global and unremitting dynamism  theorized by Hinduism where nothing is static, permanent, but everything is in a rapidly emerging with the exception of the one reality, never born and never dies, indefinable and ineffable, one who isn’t being neither not-being, beginning of all things: the Brahman.

Shiva Nataraja

Shiva Nataraja
Una delle più diffuse e suggestive immagini di Shiva soprattutto nell’India del sud è quella di Shiva Nataraja, il Re della danza. Un altro esempio emblematico della duplicità dell’esistenza. Il grande asceta, il mendicante che chiede l’elemosina col corpo nudo cosparso della cenere dei crematori diventa Signore della più forsennata delle danze e in un cerchio composto dalle fiamme di Agni, detto prabhamandala o alatacakra, danza il vorticoso tandava, il ballo che simboleggia l’intera evoluzione dell’universo.
Ma vediamo nel dettaglio il simbolismo di questa potente immagine che rappresenta una delle 108 posizioni del tandava.
Il piede destro è posto sopra il demone Apasmara Purusha (o  Mujalaka). Apasmara significa smemoratezza, oblio e simboleggia l’ignoranza, l’erronea credenza intesa come maya, illusione che fa credere reale ciò che è transitorio e che lega pertanto l’uomo alle passioni materiali e lo condanna a rinascere in quello ciclo che si chiama samsara.
La gamba sinistra è sollevata e piegata verso destra ad esprimere la funzione liberatoria della danza del dio.
Con una mano destra il dio tiene il damaru, il tamburo composto da due triangoli con i vertici uniti simbolo del lingam e della yoni, principio maschile e femminile. E’ il tamburo dal quale scaturì il suono primordiale, la sacra sillaba AUM. Questo è il simbolo della fase creatrice. Con una mano sinistra, piegata nel ardhachandra mudra, il gesto della mezzaluna, Shiva tiene invece una fiamma, simbolo del dio Agni e della fase distruttrice.
L’altra mano destra è piegata nel gesto che rassicura, che invita a non temere, l’abhaya mudra. L’altro braccio sinistro è invece proteso nel gesto della proboscite dell’elefante, il gajahasta mudra, a significare la capacità di rimuovere gli ostacoli ed indica la gamba sinistra come via della liberazione.
Dietro il capo si estendono i lunghi capelli del dio, mossi dalla violenza dei movimenti della danza.
Non mancano naturalmente gli altri simboli propri di Shiva che abbiamo già visto in un precedente post: la mezzaluna, il Gange, la collana di teschi.
Lo statico dio rappresentato dal lingam, da una colonna di pietra, diventa quindi il motore instancabile dell’universo, l’energia eterna che crea, mantiene e distrugge in quel dinamismo totale e incessante teorizzato dall’induismo in cui nulla è statico, permanente, ma tutto è in un vorticoso divenire ad eccezione dell’unica realtà, mai nata e che mai morrà, indefinibile e ineffabile, che non è essere nè non-essere, principio di tutte le cose: il Brahman.

mercoledì 2 marzo 2011

Mahabharata Part III

Draupadi humiliated
The eldest of the Pandavas, Yudhishthira, the son of the god Dharma, and exemple of morality and righteousness, has a weak point: the dice game. Then Duryodhana challenges him to play against his evil and dishonest Sakun. During a dramatic game, Yudhishthira plays and loses, he loses everything: wealth, territory, subjects eventually he plays himself and then his brothers and finally the common wife Draupadi. He loses everything.
Duryodhana claims to be paid, but a dispute turns on. Draupadi does not want to become a servant of the Kauravas, she says that when Yudhishthira played her he had lost himself and therefore he no longer had Draupadi. Queen Draupadi is humiliated, dragged by the hair in the game room. Bhima try to intervene, Yudhishthira stops him. Their dharma is to respect their word. Bhima desists from his intentions, but swears revenge on Duryodhana. At this point, however, the blind king Dhritarashtra invites the Pandavas to go home without demanding what Yudhishthira had lost in the game.
Duryodhana gets angry with his father and so insists on getting back his permission to challenge again Yudhishthira dice. The Pandava - who as a kshatriya cannot refuse a challenge - takes again the challenge despite the bad omens and advice of brothers.
This time he who loses the game will go into exile for twelve years and will live in the forest and the thirteenth year will live in absolute incognito. If he will be recognized during the thirteenth year, will spend another twelve years in exile. Yudhishthira loses the game and is forced to abandon Indraprastha and must withdraw with his brothers and Draupadi in the forest.
Twelve years very hard and tiring spent, austerities and suffering are many. There is still a year to return to public life and take revenge on the Kauravas. This year is perhaps the most difficult, the Pandavas  have to spend it in disguise, if anyone recognizes them they will once again retreat into the forest for another twelve years.
The Pandavas decided to offer their services to wise Virata, the king of Matsya, hiding their identity. Yudhishthira masquerading samnyasin, quitting and becoming wise counselor to the king, Bhima becomes chef of the court, Arjuna – due to a curse he must spend a year as a eunuch - provides his services to the harem of the king, Nakula and Sahadeva think about horses and cows in the kingdom and Draupadi becomes the maid of honor of the queen.
Past this thirteenth year, the Pandavas can now return to live in public and appeal to his uncle, the king Dhritarashtra. They don’t want back the kingdom of Indraprastha, but any other territory. But Duryodhana is opposed, he does not want to give anything to the cousins.
The Pandavas not want to wage a devastating war and seek to reach agreement, they send ambassadors, Krishna also tries to reason with Duryodhana, but without success.
There is no alternative to the most devastating war of all time.



Mahabharata Part I
Mahabharata Part II
Mahabharata Part IV

Mahabharata Parte III


Draupadi umiliata
Il maggiore dei Pandava, Yudhishthira, figlio del dio Dharma ed esempio di moralità e rettitudine, ha un punto debole, il gioco dei dadi. Duryodhana allora lo sfida a giocare e gli contrappone suo zio, il perfido e disonesto Sakuni. Durante una drammatica partita Yudhishthira gioca e perde, perde tutto: ricchezze, territori, sudditi, alla fine gioca se stesso, poi i propri fratelli ed infine la comune moglie Draupadi. Perde tutto.
Duryodhana pretende di essere pagato, ma si accende una disputa. Draupadi non vuole divenire serva dei Kaurava, sostiene che quando suo marito ha giocato lei aveva già perso se stesso e pertanto non poteva disporre della moglie. Draupadi viene umiliata, trascinata per i capelli nella sala dei giochi. Bhima è tentato di intervenire, Yudhishthira lo ferma. Il loro dharma è rispettare la parola data. Bhima desiste dai suoi propositi, ma giura vendetta contro Duryodhana. A questo punto interviene però il re cieco Dhritarashtra che rimanda a casa i Pandava senza pretendere l’adempimento della scommessa persa.
Duryodhana si arrabbia col padre e tanto insiste da ottenere nuovamente il suo permesso a sfidare Yudhishthira ai dadi. Il Pandava – che come kshatriya non può rifiutare una sfida – accetta nuovamente di cimentarsi ai dadi nonostante i cattivi presagi e i consigli dei fratelli.
Questa volta chi perde si dovrà ritirare in esilio per dodici anni nella foresta e dovrà vivere il tredicesimo anno in assoluto incognito. Se durante il tredicesimo anno verrà riconosciuto, dovrà trascorrere altri dodici anni in esilio.
Yudhishthira perde la partita ed è costretto ad abbandonare Indraprastha e a ritirarsi con i fratelli e Draupadi nella foresta.
Passano dodici anni molto duri e faticosi, fatti di privazioni e di sofferenze. Manca ancora un anno per tornare alla vita pubblica e vendicarsi dei Kaurava. Questo anno è forse il più difficile, i cinque Pandava lo devono trascorrere in incognito, se qualcuno li riconosce dovranno nuovamente ritirarsi nella foresta per altri dodici anni.
I Pandava decidono di offrire in incognito i propri servigi al saggio Virata, re di Matsya. Yudhishthira si spaccia per samnyasin, saggio rinunciante e diviene consigliere del re, Bhima diviene cuoco di corte, Arjuna – che per una maledizione deve passare un anno come eunuco – fornisce i propri servigi nell’harem reale, Nakula e Sahadeva pensano ai cavalli e alle vacche del regno mentre Draupadi diviene dama di compagnia della regina.
Passa anche questo tredicesimo anno, i Pandava possono ora tornare a vivere in pubblico e si rivolgono allo zio, il re Dhritarashtra non per ottenere nuovamente il regno di Indraprastha, ma un qualsiasi altro territorio. Ma Duryodhana si oppone, non vuole dare ai cugini nessun territorio.
I Pandava non vogliono scatenare una guerra che sarebbe devastante, cercano di raggiungere un accordo, mandano ambasciatori, anche Krishna cerca di far ragionare Duryodhana, ma senza successo.
Non c’è alternativa alla più devastante guerra di tutti i tempi.

Mahabharata Parte I
Mahabharata Parte II
Mahabharata Parte IV