domenica 10 novembre 2019

Il verdetto di Ayodhya

Vi ricordate di Ayodhya, mitica città natale del dio Rama, e della Babri Masjid, la Moschea Babri costruita da Babur, il primo imperatore moghul, nel 1528 e distrutta il 6 dicembre 1992 da una folla di estremisti hindu che rivendicavano il luogo in quanto proprio lì sarebbe nato il protagonista del Ramayana?
Ayodhya in India (da Google Map)
Beh, se volete rinfrescarvi la memoria potete cliccare qui.
La Corte Suprema dell'India ha messo la parola fine alla vicenda con una lunghissima decisione che ribalta la precedente sentenza dell'Alta Corte di Allahabad che nel 2010 decise che l’area doveva essere suddivise in tre parti: una destinata al tempio hindu che già vi sorge e le altre due destinate rispettivamente alla comunità hindu e a quella islamica.
La Suprema magistratura dell'India ha invece stabilito - all'unanimità dei suoi cinque componenti - che il sito va interamente assegnato agli hindu, riconoscendo ai musulmani un'altra area nella stessa città.
I giudici hanno sì dichiarato che la demolizione della Babri Masjid è stata "una grave violazione dello stato di diritto" e "un atto calcolato di distruzione di un luogo di culto pubblico", ma i musulmani non avrebbero provato il possesso incontestato del sito mentre dalle prove processuali emergerebbe un continuativo culto induista svolto nel luogo.
Non ci sono prove certe, ma applicando il principio della "preponderanza delle probabilità" come standard di prova, la Corte ha considerato la rivendicazione della parte hindu più plausibile di quella musulmana.
La decisione rappresenta una vittoria per gli estremisti hindu che da sempre rivendicano il loro diritto di considerare quel sito proprio della religione induista.
Esponenti della comunità islamica, pur non approvando la decisione che è considerata "una vittoria della fede sui fatti", hanno dichiarato che il verdetto verrà accettato.
I supremi giudici hanno dichiarato che la precedente decisione della Corte di Allahabad era "illogica" e non avrebbe garantito "un senso duraturo di pace e tranquillità". Speriamo che ci riesca questa decisione del supremo organo giurisdizionale indiano.



Per saperne di più: The Indian Express, The Times of India, The Hindu