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sabato 19 marzo 2022

Kirtimukha: il mostro che mangiò se stesso

Kirtimukha
 Ricordate Rahu, il demone decapitato da Vishnu durante il ‘frullamentodell’oceano'? Ebbene, un giorno venne usato da Jalandhara, demone tiranno dalle origini molto complesse di cui un giorno dirò, come proprio messaggero.

Jalandhara era padrone dei tre mondi e, grazie alle austerità che aveva condotto, aveva poteri immensi, ma qualcuno gli fece presente che non aveva proprio tutto. Gli mancava Parvati, la donna più bella del mondo che era andata in sposa a Shiva.

“Cosa se ne fa Shiva, asceta pezzente, di una donna così bella?” si domandò Jalandhara. “La voglio!”
Detto questo, chiamò Rahu e lo mandò da Shiva come suo ambasciatore.
“Va’ da Shiva e digli di darmi Parvati, se rifiuta, sarà la guerra.”
Da buon messaggero, Rahu si presentò da Shiva e, in nome di Jalandhara, chiese Parvati.
Ascoltata la richiesta, Shiva divenne furibondo e dal suo terzo occhio nacque una creatura terribile con la criniera di leone, gli occhi di fuoco, il corpo esile ed emaciato. Un mostro violento e fortissimo, che aveva in sè tutta l'ira del dio assoluto, un mostro affamatissimo che si avventò immediatamente su Rahu.
Il malcapitato si rivolse a Shiva e al suo senso di giustizia e lo pregò di essere risparmiato, in fin dei conti lui non era che un messaggero senza colpa.
Shiva intervenne e ordinò al demone di non mangiare Rahu.
“Ed allora chi mangio? - replicò il mostro - Tu mi hai creato con questa fame insaziabile, come la posso almeno lenire?”
“Mangia te stesso,” disse Shiva.
E così il mostro mangiò le proprie gambe, le proprie braccia, il proprio corpo e rimase soltanto una testa furiosa.
“D’ora innanzi – gli disse Shiva compiaciuto – tu sarai Kirtimukha, il volto glorioso. Ti voglio sempre davanti alla mia porta e chi entrerà nella mia casa senza aver prima venerato te, non otterrà niente di ciò che chiede.”
Per questo motivo sui portali dei templi hindu, su quelli dei palazzi e delle case spesso c’è un volto mostruoso, è il volto della gloria, il Kirtimukha.


domenica 9 dicembre 2018

Nandin: the joyful devotee of Shiva

The vahana of Shiva, the vehicle of the great God, is a bull Nandin.  
Nandin in Sanskrit means "joyful" and this placid animal is also the most fervent devotee of Mahadeva.
The bull symbolizes vigor, virtue, the moral rectitude and wisdom, but also the sexual instinct dominated by Shiva. 
Along with the cow, the bull is considered a sacred animal in India, the bearer of good fortune and wisdom. 
Its imprint, nandipada, it is equally sacred and bearer of good fortune. 
Nandin is always guarding the door of Shiva and prevents jamming to distract Shiva from his occupation: meditating or loving with Parvati. 
In all the temples, in front of the room where is placed the image of Shiva, the Lingam, is always placed Nandin because it is disrespectful for a mere mortal to apply directly to the great God, the faithful whisper in bull's ear their requests. It will then be the bull in reference to their God. Especially in South India, the images and statues of the bull Nandin are widespread. 





One of the biggest bull is Nandin in Mysore, city of Karnataka, where on the Chamundi Hill is a huge bull, five meters high, carved from a single block of stone in 1659 and depicted in the photo to the side. 

Another huge Nandi is before the wonderful Brihadishvara Temple, the Shiva temple of Thanjavur (or Tanjore). A six-meter long statue of granite that looks toward the main door of the temple.









Faithful Shaiva in Temple of Goddess Meenakshi in Madurai whisper in the ear of Nandin their requests to God Shiva.










Nandin has many epithets, including Tandavatalika when he plays and accompanies the dance of Shiva Nataraja and Nandikeshvara which means 'joy of the Lord'. 












In this bas-relief brass at the base of the flag of a Shaiva temple is depicted Nandin leading Shiva and Parvati represented by the Shivalingam.














Nandin: il gioioso devoto di Shiva

Il vahana di Shiva, il veicolo del grande Dio, è un toro: Nandin, 
In sanscrito Nandin significa "il gioioso" e questo placido animale è anche il più fervente devoto del Mahadeva.
Il toro simboleggia il vigore, la virtù, la dirittura morale e la saggezza, ma anche l'istinto sessuale dominato da Shiva.
Insieme alla vacca, il toro è considerato un animale sacro in India, portatore di buona sorte e saggezza.
La sua impronta, nandipada, è altrettanto sacra e portatrice di fortuna.
Nandin è sempre a guardia della porta di Shiva ed impedisce ai disturbatori di distogliere Shiva dalle sue occupazioni: meditare o amoreggiare con Parvati.
In tutti i templi, davanti alla sala dove è collocata l'immagine di Shiva, il Lingam, è posto sempre Nandin e poichè è poco rispettoso per un semplice mortale rivolgersi direttamente al grande Dio, i fedeli sussurrano in un orecchio di Nandin le proprie richieste. Sarà poi il toro a riferirle al Dio.
Soprattutto nell'India del sud, le immagini e le statue del toro Nandin sono molto diffuse. 



Uno dei Nandin più grandi è a Mysore, città del Karnataka, dove a metà della collina di Chamundi c'è un toro enorme, alto cinque metri, scolpito in un unico blocco di pietra nel 1659 e raffigurato nella foto di lato.
Un altro Nandi enorme è dinnanzi al meraviglioso Brihadishvara temple, il tempio di Shiva di Thanjavur (o Tanjore). 
Una statua lunga sei metri di granito che guarda verso la porta principale del tempio.


Fedeli
 shivaiti nel Tempio della Dea Meenakshi a Madurai che sussurrano nell'orecchio di Nandin le proprie richieste al Dio Shiva.

Nandin ha molti epiteti, tra questi Tandavatalika quando suona e accompagna la danza di Shiva NatarajaNandikeshvara che significa 'Signore della gioia'.







In questo bassorilievo in ottone posto alla base della bandiera di un tempio shivaita è raffigurato Nandin che conduce Shiva e Par-vati rappresentati dallo Shiva- lingam.












sabato 3 febbraio 2018

Ayyappan: the son of Shiva and Mohini

The Hindu God Ayyappan, also known as Hariharaputra, Hariharasuta, Dharmasashta, Manikanta, Ayyanar and Bhoothnath, is the son of Shiva, less well known than Ganesh and Kartikeya, but still very revered in southern India. 
Like all the sons of Shiva, his conception and birth are also 'particular'. Ayyappan in fact was born from the union of Shiva with Mohini (literally "the enchantress") and that is with Vishnu in his representation of women.
We have already met Mohini when we talked about Samutramanthan, the "ocean shake". On that occasion Vishnu was transformed into this seductive beauty to recover the amrita, the nectar of immortality, which had been stolen by demons.
Well, even Shiva was not immune to the charm of Mohini and the excitement in seeing that beautiful goddess, Ayyappan was born.
One of the names of the god, as mentioned, is also Hariharaputra, which literally means son of Vishnu (Hari) and Shiva (Hara).
Ayyappan is a warrior deity and he is represented with a bow and arrow riding a  tiger.
One of the many legends tells that the newborn son of Shiva was found by King Pantalam who raised him as a son and gave him the name of Manikantha.
Once he grew up, the king wanted to pass the kingdom to Manikantha, but the king's wife, instigated by an evil minister, was displeased with it because she wanted her biological son to become king.
To try and eliminate Manikhanta, the queen pretended to be ill and was told that only tiger milk could recover her.  Then Manikantha went to the forest in the hope that he was eaten by the tiger. Instead the boy returned riding a big tiger!
Pantalam understood then that the boy had divine nature and decided to build a temple in his honor. To choose the place where to build the temple, Manikhanta flung with his bow an arrow that fell to the ground after traveling thirty kilometers, there was built the first temple in honor of Ayyappan.
In Sabarimalai, Kerala, every year in the month of Margali (December-January) a great pilgrimage takes place in honor of the God.
After 41 days of absolute abstinence from alcohol, meat, eggs and sex, the faithful go to the temple to climb the 18 golden steps that lead to the God, the Pathinettu thripadikal, on which the devotees split a coconut.
According to a tradition, the coconut should be broken every year starting from the first step, to climb, year after year, the entire staircase. After eighteen years, and eighteen broken coconuts, the pilgrim is washed of all sin.
It is absolutely forbidden to make the pilgrimage without first having spent the 41 days of preparation.



Ayyappan, figlio di Shiva e Mohini


Il dio hindu Ayyappan, conosciuto anche come Hariharaputra, Hariharasuta, Dharmasashta, Manikanta, Ayyanar e Bhoothnath, è figlio di Shiva, meno noto di Ganesh e di Kartikeya, ma comunque molto venerato nell'India del sud. Come tutti i figli di Shiva, anche il suo concepimento e la sua nascita sono 'particolari'. Ayyappan infatti nacque dall'unione di Shiva con Mohini (letteralmente "l'incantatrice") e cioè con Vishnu nella sua rappresentazione femminile. 
Abbiamo già incontrato Mohini quando abbiamo parlato del Samutramanthan, il "frullamento dell'oceano". In quell'occasione Vishnu si trasformò in questa seducente bellezza per recuperare l'amrita, il nettare dell'immortalità, che era stato rubato dai demoni.
Ebbene, anche Shiva non rimase immune dal fascino di Mohini e dall'eccitazione nel vedere di fronte a sè quella bellissima dea, nacque Ayyappan
Uno dei nomi del dio, come detto, è anche Hariharaputra, che significa letteralmente figlio di Vishnu (Hari) e di Shiva (Hara).
Ayyappan è una divinità guerriera ed è rappresentato con un arco e una freccia a cavallo di una tigre. 
Una delle tante leggende, narra che il neonato figlio di Shiva venne trovato dal re Pantalam che lo crebbe come un figlio e gli diede il nome di Manikantha.
Una volta cresciuto, il re voleva passare il regno a Manikantha, ma la moglie del re, istigata da un malvagio ministro ne fu contrariata in quanto voleva che diventasse re il suo figlio biologico.
Per cercare di eliminare Manikhanta, la regina si finse malata e venne detto che solo del latte di tigre l'avrebbe potuta guarire. Venne allora inviato nella foresta Manikantha nella speranza che venisse mangiato dalle tigri. Invece il ragazzo tornò a corte sano e salvo, a cavallo di una tigre.
Pantalam capì quindi che il ragazzo aveva natura divina e decise di costruire un tempio in suo onore. Per scegliere il luogo dove costruire l'opera, Manikhanta scagliò col propio arco una freccia che cadde a terra dopo aver percorso trenta chilometri, lì venne costruito il primo tempio in onore di Ayyappan.
A Sabarimalai, nel Kerala, ogni anno nel  mese di margali (dicembre-gennaio) si svolge un grande pellegrinaggio in onore del dio.
Dopo 41 giorni di astinenza assoluta da alcol, carne,uova e sesso, i fedeli si recano al tempio per salire i 18 gradini d'oro che portano al dio, i Pathinettu thripadikal, sui quali i devoti spaccano una noce di cocco.
Secondo una tradizione, la noce di cocco va spaccata ogni anno a cominciare dal primo gradino, per salire, anno dopo anno, l'intera scala. Dopo diciotto anni, e diciotto cocchi spaccati, il pellegrino è lavato da ogni peccato.
Non è assolutamente permesso fare il pellegrinaggio senza prima aver trascorso i 41 giorni di preparazione.







domenica 19 ottobre 2014

Nandin: il gioioso devoto di Shiva

Il vahana di Shiva, il veicolo del grande Dio, è un toro: Nandin, 
In sanscrito Nandin significa "il gioioso" e questo placido animale è anche il più fervente devoto del Mahadeva.
Il toro simboleggia il vigore, la virtù, la dirittura morale e la saggezza, ma anche l'istinto sessuale dominato da Shiva.
Insieme alla vacca, il toro è considerato un animale sacro in India, portatore di buona sorte e saggezza.
La sua impronta, nandipada, è altrettanto sacra e portatrice di fortuna.
Nandin è sempre a guardia della porta di Shiva ed impedisce ai disturbatori di distogliere Shiva dalle sue occupazioni: meditare o amoreggiare con Parvati.
In tutti i templi, davanti alla sala dove è collocata l'immagine di Shiva, il Lingam, è posto sempre Nandin e poichè è poco rispettoso per un semplice mortale rivolgersi direttamente al grande Dio, i fedeli sussurrano in un orecchio di Nandin le proprie richieste. Sarà poi il toro a riferirle al Dio.
Soprattutto nell'India del sud, le immagini e le statue del toro Nandin sono molto diffuse. 



Uno dei Nandin più grandi è a Mysore, città del Karnataka, dove a metà della collina di Chamundi c'è un toro enorme, alto cinque metri, scolpito in un unico blocco di pietra nel 1659 e raffigurato nella foto di lato.
Un altro Nandi enorme è dinnanzi al meraviglioso Brihadishvara temple, il tempio di Shiva di Thanjavur (o Tanjore). 
Una statua lunga sei metri di granito che guarda verso la porta principale del tempio.







Fedeli shivaiti nel Tempio della Dea Meenakshi a Madurai che sussurrano nell'orecchio di Nandin le proprie richieste al Dio Shiva.






Nandin ha molti epiteti, tra questi Tandavatalika quando suona e accompagna la danza di Shiva Nataraja, Nandikeshvara che significa 'Signore della gioia'.








In questo bassorilievo in ottone posto alla base della bandiera di un tempio shivaita è raffigurato Nandin che conduce Shiva e Parvati rappresentati dallo Shivalingam.
















Nandin: the joyful devotee of Shiva

The vahana of Shiva, the vehicle of the great God, is a bull Nandin.   

Nandin in Sanskrit means "joyful" and this placid animal is also the most fervent devotee of Mahadeva. 
The bull symbolizes vigor, virtue, the moral rectitude and wisdom, but also the sexual instinct dominated by Shiva. 
Along with the cow, the bull is considered a sacred animal in India, the bearer of good fortune and wisdom. 
Its imprint, nandipada, it is equally sacred and bearer of good fortune. 
Nandin is always guarding the door of Shiva and prevents jamming to distract Shiva from his occupation: meditating or loving with Parvati. 
In all the temples, in front of the room where is placed the image of Shiva, the Lingam, is always placed Nandin because it is disrespectful for a mere mortal to apply directly to the great God, the faithful whisper in bull's ear their requests. It will then be the bull in reference to their God. Especially in South India, the images and statues of the bull Nandin are widespread. 




One of the biggest bull is Nandin in Mysore, city of Karnataka, where on the Chamundi Hill is a huge bull, five meters high, carved from a single block of stone in 1659 and depicted in the photo to the side. 
Another huge Nandi is before the wonderful Brihadishvara Temple, the Shiva temple of Thanjavur (or Tanjore). A six-meter long statue of granite that looks toward the main door of the temple.









Faithful Shaiva in Temple of Goddess Meenakshi in Madurai whisper in the ear of Nandin their requests to God Shiva.










Nandin has many epithets, including Tandavatalika when he plays and accompanies the dance of Shiva Nataraja and Nandikeshvara which means 'joy of the Lord'. 












In this bas-relief brass at the base of the flag of a Shaiva temple is depicted Nandin leading Shiva and Parvati represented by the Shivalingam.













giovedì 14 agosto 2014

Tanjore: un tempio bellissimo






Bellissimo! Il Brihadiswara Temple di Tanjore, o Thanjavur, e' bellissimo.
In questa caotica città del Tamil Nadu a pochi chilometri da Trichy e a circa tre ore e mezzo di macchina da Madurai, c'è un tempio costruito tra il 1003 e il 1010 che lascia senza fiato.
Lo fece costruire Rajaraja, il Re dei Re, sovrano della dinastia Chola.
Un'ampia cinta muraria sovrastata da centinaia di tori protegge il tempio, al cui interno per tre lati e' circondato da un colonnato sotto il quale sono posti centinaia di suggestivi lingam.
Si entra nell'area del tempio attraversando due archi sovrastati da altrettanti gopuram, le torri dravidiche intarsiate da migliaia di personaggi mitici.
Davanti al tempio centrale c'è un enorme Nandin, il toro vahana di Shiva, scolpito in un unico blocco di pietra lungo sei metri. Dicono che è il secondo più grande statua di Nandin fatta in India. Quello di Mysore che ho visto lo scorso anno deve essere allora il primo.
Il tempio ha la classica forma del ratha, il carro ed è interamente costruito in granito. Due stanze colonnate precedono il garbagrha, il santuario che conserva un lingam alto tre metri. Proprio sopra il lingam e' costruito il gopuram principale che svetta per 61 metri.
Il tempio e' costruito nel rispetto delle regole architettoniche indicate nei sastra, i manuali dell'epoca, e rispondenti a precisi calcoli e simbolismi.
Nonostante le dimensioni maestose, il tempio e l'intero complesso hanno un equilibrio e un'armonia particolari.
A Tanjur c'è anche da vedere alcuni edifici nel complesso del Royal Palace. Purtroppo - a differenza del tempio che è ben curato e mantenuto - il Palazzo reale e' lasciato allo sfascio, all'incuria e alla sporcizia. Vale la pena vederlo, si intuisce la grandezza e la magnificenza di questi regni e la loro raffinatezza culturale.
A domani.








martedì 12 agosto 2014

Ancora Madurai



Mandala dipinto sul soffitto dello Sri Meenakshi Templum

Questo tempio lo vedrei e lo rivedrei. Si chiama Meenakshi Amman Temple ed è dedicato a Shiva e alla sua sposa, la Dea dagli occhi di pesce, Meenakshi appunto.
Questa ragazza, ovviamente bellissima, quando nacque aveva tre mammelle e le venne predetto che avrebbe perso il suo terzo seno quando Shiva l'avrebbe sposata. E così fu. Ora ai due dei e' dedicato questo tempio enorme, si estende per oltre sei ettari, che è sormontato da dodici gopuram, altissime torri (la più alta supera i 60 metri) intarsiate con migliaia di figure del Mahabharata, del Ramayana e dei vari Purana.
L'interno del tempio, costruito nel 1600, è assolutamente suggestivo, i soffitti sono dipinti con migliaia di mandala e storie di dei e i santuari si susseguono fino ad arrivare a quelli di Shiva e Meenakshi.
Di grande impatto la sala delle mille colonne, la sala della danza, il museo e la sala dedicata alla meditazione.


A Madurai, il Gandhi Museum e' un altro posto che vale la pena visitare. Oltre ad una dettagliata storia dell'India sotto il giogo britannico e della lotta per l'indipendenza, vi si trovano alcuni oggetti appartenuti al Mahatma, oggetti di uso quotidiano come gli occhiali, i sandali, alcune stoviglie per terminare con la veste che indossava al momento del suo assassinio, veste che è ancora macchiata del sangue di Gandhi.
Ma quando siete a Madurai, non limitatevi alle tre attrattive indicate dalle guide (Tempio di Meenaksi, Tirumalai Nayak Palace e Gandhi Museum), andate anche al Tiruparankundram.
Si tratta di un tempio un po' fuori dal centro dedicato a Murugan o Kartikeya (figlio di Dhiva e Parvati).
E' un tempio cui possono accedere anche non hindu ed è frequentato da molti fedeli e pochi turisti. Oltre a innumerevoli tabernacoli dedicati alle divinità shivaiti (Shiva, Parvati, Ganesh) ci sono molte statue e santuari dedicati a Murugan e al suo vahana, il pavone.
Il tempo ad oggi è stato clemente, pur essendo in piena stagione dei monsoni c'è sempre stato il sole.
A domani.

venerdì 18 luglio 2014

Kirtimukha: il mostro che mangiò se stesso

Kirtimukha
Ricordate Rahu, il demone decapitato da Vishnu durante il ‘frullamentodell’oceano'? Ebbene, un giorno venne usato da Jalandhara, demone tiranno dalle origini molto complesse di cui un giorno dirò, come proprio messaggero.
Jalandhara era padrone dei tre mondi e, grazie alle austerità che aveva condotto, aveva poteri immensi, ma qualcuno gli fece presente che non aveva proprio tutto. Gli mancava Parvati, la donna più bella del mondo che era andata in sposa a Shiva.
“Cosa se ne fa Shiva, asceta pezzente, di una donna così bella?” si domandò Jalandhara. “La voglio!”
Detto questo, chiamò Rahu e lo mandò da Shiva come suo ambasciatore.
“Va’ da Shiva e digli di darmi Parvati, se rifiuta, sarà la guerra.”
Da buon messaggero, Rahu si presentò da Shiva e, in nome di Jalandhara, chiese Parvati.
Ascoltata la richiesta, Shiva divenne furibondo e dal suo terzo occhio nacque una creatura terribile con la criniera di leone, gli occhi di fuoco, il corpo esile ed emaciato. Un mostro violento e fortissimo, che aveva in sè tutta l'ira del dio assoluto, un mostro affamatissimo che si avventò immediatamente su Rahu.
Il malcapitato si rivolse a Shiva e al suo senso di giustizia e lo pregò di essere risparmiato, in fin dei conti lui non era che un messaggero senza colpa.
Shiva intervenne e ordinò al demone di non mangiare Rahu.
“Ed allora chi mangio? - replicò il mostro - Tu mi hai creato con questa fame insaziabile, come la posso almeno lenire?”
“Mangia te stesso,” disse Shiva.
E così il mostro mangiò le proprie gambe, le proprie braccia, il proprio corpo e rimase soltanto una testa furiosa.
“D’ora innanzi – gli disse Shiva compiaciuto – tu sarai Kirtimukha, il volto glorioso. Ti voglio sempre davanti alla mia porta e chi entrerà nella mia casa senza aver prima venerato te, non otterrà niente di ciò che chiede.”
Per questo motivo sui portali dei templi hindu, su quelli dei palazzi e delle case spesso c’è un volto mostruoso, è il volto della gloria, il Kirtimukha.



Kirtimukha: the monster who ate itself

Kirtimukha
Do you remember Rahu, the demon decapitated by Vishnu during the 'churning of the ocean'? Well, one day he was used by Jalandhara, demon tyrant very complex origins of that one day I will say, as his messenger.
Jalandhara was master of the three worlds and, thanks to his hard austerities, had immense power, but someone pointed out that he didn't have all. He missed Parvati, the most beautiful woman in the world, the goddess  who had been married to Lord Shiva. 
"Shiva, the ascetic beggar, why did he have a woman so beautiful?" wondered Jalandhara. "I want her!" 
That said, he called Rahu and sent him as his ambassador to Shiva. 
"Go to Shiva and  tell him to give me Parvati, if he refuses, it will be war." 
As a good messenger, Rahu went to Shiva and told him the request of his master. 
Heard the request, Shiva became furious and was born from his third eye a terrible creature with a lion's mane, eyes of fire, its body thin and emaciated. A monster violent and very strong, but above all very hungry who immediately pounced on Rahu. 
The victim turned to Shiva, the asolute god and begged to be spared. 
Shiva intervened and ordered the demon  not to eat Rahu. 
"And then who am I eating? You created me with this insatiable hunger, like I can at least soothe it? "
"Eat yourself," said Shiva. 
And so, the monster ate its own legs, its arms, its bodies and he was only one furious head.
"Henceforth - Shiva told him - you'll be Kirtimukha, the glorious face. I want you always in front of my door and who will enter my home without having worshiped before you, he will not get anything of what he asks for. "
For this reason, on the portals of the Hindu temples, palaces, and houses there is often a monstrous face, is the face of glory, Kirtimukha.



domenica 26 gennaio 2014

Sati doubts Shiva

Sati asked for an explanation to her father, Daksha
Do you remember when Daksha organized his great sacrifice and not invited Shiva and his wife Sati, who was also the daughter of Daksha? Autoimmolò Sati and Shiva destroyed the sacrifice and beheaded Daksha (click here to learn more).
But how was it possible that the wife of the greatest and most powerful of the gods died, she was the embodiment of the supreme goddess? How is it possible that Shiva was deprived of his beloved wife?
The Shiva Purana gives an explanation.
When Brahma was able to convince Shiva to take a wife, the great god put three conditions.
His wife had to be a woman able to sustain his seed of gold, she had to be a woman devoted to meditation when Shiva was meditating, but also passionate lover in the erotic relationship with her husband, and finally she had to be a woman who would never doubted him. "If she will doubt for a moment of me I'll abandon her," said Shiva to Brahma.
There were the suitable woman, she was Sati, the supreme goddess incarnated in one of the daughters of Daksha and all went well for thousands of years. Sati showed great amateur, but also able to spend thousands of years in meditation together with her ​​husband.
But one day, the certainty of Shiva on his wife nicked.
Shiva and Sati in fact met Rama, the seventh avatar of Vishnu, and the two greeted each other by bowing.
Sati asked Shiva why he, the supreme god, he had bowed to a mortal and Shiva explained to her that Rama was not a mortal but the god Vishnu.
Sati was puzzled and Shiva told her, " If you do not believe me, test him."
And so did Sati, she became Sita, Rama's wife who had been kidnapped by Ravana,  to see if Rama would recognize the deception. Rama, being a god, discovered the deception and Sati immediately convinced . But she had doubted Shiva.
Then came the crime of the sacrifice of Daksha which Shiva and Sati had not been invited .
Sati asked the reason for such treatment and Shiva replied, " Daksha consider me as an enemy, so we were not invited."
But Sati replied, "He can not do the sacrifice without us, he didn't invite us because I am his daughter, and he thought that there was no need to call anyone, I'm going to see."
For the second time Sati doubted her husband.
As they went to finish things we know. Sati - humiliated by the behavior of the father - is burned on the pyre. The marriage with Shiva had this end.



Sati dubita di Shiva

Sati chiede spiegazioni a suo padre Daksha durante il grande sacrificio
Vi ricordate quando Daksha organizzò il suo grande sacrificio e non invitò nè Shiva nè sua moglie Sati che era anche figlia di Daksha? Sati si autoimmolò e Shiva distrusse il sacrificio e decapitò Daksha (clicca qui per saperne di più).
Ma come fu mai possibile che la moglie del più grande e potente degli dei, essa stessa incarnazione della dea suprema morisse? Come è mai possibile che Shiva fosse privato della sua amata consorte?
Lo Shiva Purana fornisce una spiegazione.
Quando Brahma riuscì a convincere Shiva a prendere moglie, il grande dio pose tre condizioni.
La sua sposa doveva essere una donna in grado di sostenere il suo seme d'oro, doveva essere una donna dedita alla meditazione quando Shiva meditava, ma anche appassionata amante nel rapporto erotico col marito ed infine doveva essere una donna che non avrebbe mai dubitato di lui. "Se lei dubiterà anche per un momento di me, io l'abbandonerò," disse Shiva a Brahma.
La donna adatta c'era, era Sati, la suprema dea incarnatasi in una delle figlie di Daksha e tutto andò bene per migliaia di anni. Sati si dimostrò grande amatrice, ma anche capace di passare migliaia di anni in meditazione insieme al suo sposo. 
Ma un giorno, la certezza di Shiva su sua moglie si scalfì.
Shiva e Sati infatti incontrarono Rama, settimo avatar di Vishnu, e i due si salutarono inchinandosi reciprocamente.
Sati chiese a Shiva il motivo per cui lui, dio supremo, si era inchinato a un mortale e Shiva le spiegò che Rama non era un mortale bensì il dio Vishnu.
Sati rimase perplessa e Shiva le disse, "Se non mi credi, mettilo alla prova."
E così Sati fece, si trasformò in Sita, moglie di Rama che era stata rapita da Ravana, per vedere se Rama l'avrebbe riconosciuta. Rama, essendo un dio, scoprì immediatamente l'inganno e Sati si convinse. Ma aveva dubitato di Shiva.
Successivamente avvenne il fattaccio del sacrificio di Daksha al quale Shiva e Sati non erano stati invitati.
Sati si domandò il motivo di tale trattamento e Shiva le rispose, "Daksha mi considera come un nemico, per questo non ci ha invitato."
Ma Sati replicò, "Non è possibile, non ci ha invitato perchè io sono sua figlia e pensava che non ci fosse bisogno di invito alcuno, andrò a vedere."
Per la seconda volta Sati dubitò del marito.
Come andarono a finire le cose lo sappiamo. Sati - umiliata dal comportamento del padre - si autoimmolò sulla pira. Il matrimonio con Shiva ebbe così fine.