mercoledì 26 dicembre 2012

Akbar, The Great

The ticket of Akbar exhibition in Rome

The Great, a title reserved for God. Yet Jalaluddin Muhammad, son of Humayun and grandson of Babur, earned this name alive.He was born October 15, 1542 and was Moghul emperor of India until his death, which occurred in 1605.
When his father died, he ascended the throne was barely thirteen years, but he ruled the empire with wisdom and steady hand, consolidating and expanding the boundaries of India.
Despite being illiterate, was a man of great culture, contributed to the development of all the arts, particularly poetry and painting.
Akbar was also very tolerant, although Muslim, allowed his subjects to practice all religions in the subcontinent.
Every week at the House of Worship is held meetings of sages and scholars of all faiths and of all doctrines, they confronted the great philosophical issues, while in 'civilized' Europe was burned alive Giordano Bruno.
Akbar left many impressive monuments, including the new capital Fathpur Sikri, the City of Victory, in memory of the conquest and annexation of Gujarat.
The great emperor also innovated the legal and institutional system of the empire, but above all he was concerned with the welfare of their people trying to elevate the masses more economically and culturally disadvantaged.
Rome Foundation Museum dedicates to him an hexibition. Until February 3, in the Palazzo Sciarra (Via Minghetti 17), you can enjoy fine miniatures, paintings, jewelery and weapons dating back to all of Jalaluddin Muhammad Akbar, the greatest.

Akbar, il Grande

Il catalogo della mostra dedicata a Akbar
Il più grande, un appellativo riservato a Dio. Eppure Jalaluddin Muhammad, figlio di Humayun e nipote di Babur, si meritò in vita questo nome.
Nacque il 15 ottobre 1542 e fu imperatore Mogul dell'India fino alla morte che avvenne nel 1605.
Quando, alla morte del padre, salì al trono aveva appena tredici anni, ma governò l'impero con saggezza e mano ferma, consolidando e allargando i confini dell'India.
Pur essendo analfabeta, fu uomo di grande cultura, contribuì allo sviluppo di tutte le arti, in particolare della poesia e della pittura.
Akbar fu anche molto tollerante, pur essendo di religione islamica, permise ai suoi sudditi di praticare tutte le religioni esistenti nel subcontinente.
Ogni settimana presso la Casa del Culto si tenevano incontri, da lui organizzati, di sapienti di tutte le fedi e di tutte le dottrine che si confrontavano sui grandi temi filosofici, mentre nella civilissima Europa si bruciava vivo Giordano Bruno.
Akbar lasciò anche mirabili monumenti, tra tutti la nuova capitale Fathpur Sikri, la Città della Vittoria, in ricordo della conquista e dell'annessione del Gujarat.
Il grande imperatore innovò anche il sistema giuridico ed istituzionale dell'impero, ma soprattutto si preoccupò del benessere del proprio popolo cercando di elevare economicamente e culturalmente le masse più disagiate.
A lui è dedicata un'interessante mostra a Roma dalla Fondazione Roma Museo, fino al 3 febbraio in Palazzo Sciarra (Via Minghetti 17), potrete ammirare finissime miniature, dipinti, gioielli e armi tutti risalenti all'epoca di Jalaluddin Muhammad Akbar, il più grande.

lunedì 24 dicembre 2012



Buon Natale                                   Merry Christmas


                         मेरी क्रिसमस

ക്രിസ്തുമസ് ആശംസകല്                                           শুভ বড়দিন


ಮೆರ್ರಿ ಕ್ರಿಸ್ಮಸ್                            Mutlu Noeller


மெர்ரி கிறிஸ்துமஸ்                         Geseënde Kersfees

મેરી ક્રિસમસ                       Frohe Weihnachten

                 میری کرسمس


మెర్రీ క్రిస్మస్         Mừng Giáng Sinh        
  عيد ميلاد مجي



С Рождеством                      Krismasi Njema


                   ¡Feliz Navidad


เมอร์รี่คริสต์มาส                              Selamat Hari Natal


Feliz Natal         کریسمس مبارک                              聖誕節快樂


                      Joyeux Noël                 Maligayang Pasko











lunedì 17 dicembre 2012

Chittagong wins River to River award

The Indian independence from the British yoke was not exclusively the result of the non-violent struggle of Mahatma Gandhi. Independence movements were spread all over the subcontinent and there were many attempts at rebellion against the United Kingdom.
One of these, the most significant, was held in Chittagong (now in Bangladesh) in the 30s, when a group of teenagers, trained by some of the revolutionaries managed to take control of the city and to resist the counteroffensive of the larger and better armed British army.
Delzad Hiwale
This story is told in the film Chittagong, the debut of director indian Bedabrata Pain, awarded to the XII edition of River to River Florence Indian Film Festival.
The film won the audience award and is awarded by the Fondazione Piaggio too.
I saw the film in Rome, at Trevi Cinema, where this year the Festival has had a nice extension.
Jhunku, a fourteen year old not very interested in the rebellion, told the story. He joins the revolutionaries for love and because he no longer tolerates violence and the abuses committed by the occupiers.
It is a gripping and engaging film, the screenplay has no smearing and no voltage drops.

Chittagong vince al River to River

L'indipendenza indiana dal giogo britannico non fu esclusivo frutto della lotta non violenta del Mahatma Gandhi. Movimenti indipendentisti erano diffusi in tutto il subcontinente e molti furono i tentativi di ribellione contro il Regno Unito.
Uno di questi, tra i più significativi, si svolse a Chittagong (cittadina ora nel Bangladesh) negli anni '30, quando un gruppo di adolescenti, addestrati da alcuni rivoluzionari riuscirono a prendere il controllo della città e a resistere alla controffensiva del più numeroso e meglio armato esercito britannico.
Delzad Hiwale
Questa storia e' raccontata nel film Chittagong, opera prima del regista indian Bedabrata Pain, premiato alla XII edizione di River to River Florence Indian Film Festival.
Il film ha ottenuto sia il premio del pubblico che quello assegnato dalla Fondazione Piaggio.
Ho visto il film a Roma, al Cinema Trevi dove quest'anno il Festival ha avuto un piacevole prolungamento.
La vicenda e' vista con gli occhi di Jhunku, un quattordicenne non molto interessato alla ribellione, ma che poi si unisce ai rivoluzionari un po' per amore un po' perché non tollera più le violenze ed i soprusi commessi dagli occupanti.
Si tratta di un film avvincente e coinvolgente, la sceneggiatura non ha sbavature e non ci sono cali di tensione.

mercoledì 12 dicembre 2012

Sri Yantra


Mi affascina sempre guardare lo Sri Yantra, il più sacro di tutti gli yantra che riproduco in questo post e che uso anche come mio avatar.
Ma cosa sono gli yantra? Letteralmente yantra significa 'strumento' e sono un ausilio alla meditazione. Si tratta di diagrammi geometrici a due o anche a tre dimensioni che rappresentano divinità o concetti mistici. Anche le basi dei templi e degli edifici sacri sono yantra con precisi significati mistici e religiosi.
Negli yantra vengono utilizzate figure geometriche elementari ciascuna delle quali ha un significato proprio che, unite alle altre figure, danno allo yantra un significato complessivo talvolta molto articolato.
Punti, linee rette e curve, punte a forma di freccia o fiamma, triangoli, cerchi, mezzelune, esagoni, quadrati, pentagoni, croci di vario tipo concorrono a formare uno yantra. Questi simboli sono in genere circondati da uno o due cerchi di petali di loto, il fiore simbolo dell’induismo, il fiore che rappresenta quello che l’uomo dovrebbe essere.
Infatti come i petali del loto pur essendo appoggiati sulla superficie dello stagno da esso non sono né bagnati né sporcati, così anche l’uomo nella realtà fenomenica dovrebbe vivere senza essere da questa condizionato. Insomma essere nel mondo, ma non del mondo.
I due cerchi concentrici di petali di loto sono a loro volta circondati da un quadrato chiamato sisirita (che significa tremante in sanscrito) con quattro porte a forma di T collocate ai quattro punti cardinali.
Ogni dio hindu ha uno yantra che lo rappresenta, anzi ha uno yantra per ciascuno dei suoi molteplici aspetti ed ad ogni yantra corrisponde anche un mantra, una formula rituale che si ripete mentalmente o si pronuncia come forma devozionale ed ulteriore ausilio alla meditazione.
Lo Sri Yantra, è chiamato in molti modi, è detto Sri Chakra o diagramma della fortuna ed anche Nava Chakra, perché consente nove livelli di meditazione partendo dalla cornice esterna fino ad arrivare al centro del disegno.
Lo Sri yantra è un simbolo di buon auspicio ed è dedicato alla Dea Madre, più precisamente a Rajarajeshvari, cioè alla Regina delle regine. Rappresenta il flusso potente e permanente della creazione presieduta da questa dea.
Lo Sri Yantra è composto dalla cornice (sisirita), da due cerchi concentrici rispettivamente di 16 e di 8 petali di loto che racchiudono una figura composta da quattro triangoli isoscele col vertice verso l’alto che si intersecano con altri cinque triangoli isoscele con il vertice verso il basso. I primi rappresentano l’aspetto maschile mentre i secondi quello femminile, purusha e prakriti, lingam e yoni, Shiva e Parvati, dalla cui unione nasce e si sviluppa l’Universo intero la cui molteplicità è rappresentata dai 43 triangoli che si formano dall’intersecarsi dei nove triangoli principali.
I cinque triangoli femminili sono l’energia che alimenta il purusha, la matrice immobile e statica che possiede dentro di sè l’universo inespresso.
Lo Sri Yantra è una metafora che rimanda anche al più antico vedismo e alla centralità del sacrificio. I cinque triangoli che si intersecano con i quattro sottostanti sono il simbolo del sacrificio della shakti che si immola nel fuoco di Agni e dà vita al mondo manifesto.
Al centro dell’ultimo piccolo triangolo c’è, talvolta visibile talvolta no, il bindu che rappresenta il punto limite tra immanifesto e manifesto.

sabato 8 dicembre 2012

Bachchan a Firenze

È iniziato col botto il XII Florence indian film festival River to River. Il superdivo Amitabh Bachchan ha conquistato il palco del Cinema Odeon di Firenze e il cuore degli spettatori che gli hanno dedicato una calorosissima accoglienza. Presentato dalla Direttrice del Festival, Selvaggia Velo, Bachchan ha ricevuto dal vicesindaco di Firenze Nradella le chiavi della città.
"Donandomi queste chiavi - ha detto Bachchan - non onorate solo me, ma anche tutto il cinema indiano e l'intera India."
Sul blog ufficiale di Bachchan si legge ancora, "nothing could have been more overwhelming than this recognition, in the presence of the Ambassador to Italy of India and other distinguished guests".
Dopo il saluto dellAmbasciatore Indiano in Italia, il festival e' proseguito con la proiezione della prima parte del kolossal Gangs of Wasseypur del regista Anurag Kashyap.
Una storia cruda, talvolta spietata, che contrappone due sanguinari clan della malavita islamica nella città di Wasseypur. La seconda parte del film sarà proiettata giovedì nella serata conclusiva del festival.

domenica 2 dicembre 2012

Rudraksha, meditating cat

Mahabalipuram, The birth of Ganges
the cat is under the elephant  tusks
There once in India a very smart cat who, to catch mice without too much effort, pretended to be a sage in meditation.
The cat then - imitating the great Rishis of Hinduism - was standing on one leg with its own legs raised and the 'hands' clasped.
The cat was named Rudraksha, because he had also the traditional Hindu rosary, the japamala which consists of rudraksha seeds, the tears of Shiva.
The news spread quickly and everyone, men and animals, went to pay homage to the 'holy'.
Even the rats, won their initial fear, they went to worship the cat.
But after a while time, the mice began to realize that their number decreased as the cat gained weight more.
Discovered the trick, the cat Rudraksha had to emigrate and went to deceive other mice in other places.
Of this story we also have the narrative in a beautiful sculpture. In fact in Mammalipuram (or Mahabalipuram) near Chennai on the southeastern coast of India in the wonderful bas-relief about the birth of the river Ganges, we can see Rudraksha, the cat in meditation.
In India cats are considered unreliable and hypocritical so that the Manusmriti (Laws of Manu) suggests wise man "not to offer even a bit of water to the one who acts like a cat," and then explains that "who is covetous, displays the flag of virtue, treacherous, hypocritical and swindler, he acts like a cat "(Manusmriti IV, 192).

Rudraksha, il gatto in meditazione

Particolare del bassorilievo di Mahabalipuram,
il gatto è sotto le zanne dell'elefante
C’era una volta in India un gatto molto astuto che, per poter catturare i topi senza troppo sforzo, fingeva di essere un saggio in meditazione. 
Il gatto quindi – imitando i grandi rishi dell’induismo – stava fermo ritto su una gamba con le zampe anteriori alzate e le 'mani' giunte. 
Lo chiamavano Rudraksha, perchè aveva anche il tradizionale rosario induista, il japamala che è formato da semi di rudraksha, le lacrime di Shiva.
La notizia si diffuse rapidamente e tutti, uomini ed animali, si recavano a rendere omaggio al ‘santo’. 
Anche i topi, vinto il loro iniziale timore, si recarono a venerare il gatto. 
Ma dopo un po’ di tempo i topi cominciarono a rendersi conto che il loro numero diminuiva mentre il gatto ingrassava sempre più. 
Scoperto il trucco, il gatto Rudraksha dovette emigrare e andare ad ingannare altri topi in altri luoghi. 
Di questo racconto abbiamo anche la narrazione scultorea. Infatti a Mammalipuram (o Mahabalipuram) vicino a Chennai sulla costa sud orientale dell'India nel meraviglioso bassorilievo che narra la nascita del fiume Gange possiamo vedere Rudraksha, il gatto in meditazione.  
In India i gatti sono considerati animali inaffidabili ed ipocriti tanto che il Manusmriti (Le Leggi di Manu) suggerisce all’uomo saggio di “non offrire neppure un po’ d’acqua a colui che si comporta come un gatto” e poi spiega che “chi fa della religione solo apparenza, chi è avido, infido, ipocrita ed imbroglione, chi è disposto a stringere alleanze con chiunque è uno che si comporta come un gatto” (Manusmriti IV, 192 ss.).

giovedì 22 novembre 2012

Il programma di River to River





E' stato pubblicato il programma completo di River to River il Festival del cinema indiano che si svolge a Firenze e che è arrivato alla sua XII edizione. Lo potete leggere integralmente cliccando qui.
Si iniziera' il 7 dicembre alle 20.30 con la prima parte del film kolossal Gangs of Wasseipur, film diretto da uno dei registi indiani più promettenti degli ultimi anni ed acclamato alla Quinzaine di Cannes 2012, GOW è un kolossal diviso in due parti che ha sbancato il botteghino in India. Con un cast eccezionale e canzoni originali, GOW racconta la saga di due famiglie in lotta per tre generazioni. Nella prima parte Shahid Khan e il suo clan sono spodestati dalla gang di Ramandhir Singh che gestisce le miniere locali. Il figlio di Shahid, Sardar, giura di vendicare il padre e di riconquistare la città di Wasseypur. 
Dopo il film, incontro con il regista Anurag Kashyap.
Il Festival terminerà il 13 dicembre con la seconda parte di questa mega produzione. Nel mezzo tanti film, incontri, cortometraggi ed anche la possibilità di conoscere di persona il superdivo di Bollywood Amitabh Bachchan (l'8 alle 20.30).
Tutti gli appuntamenti si terranno al Cinema Odeon di Firenze.
Quest'anno il Festival avrà anche un'appendice romana, infatti dal 14 al 16 dicembre presso il cinema Trevi si proietteranno i film vincitori di ogni categoria nonché Gangs of Wasseipur.

sabato 17 novembre 2012

Diwali






On the left you can see the view of India from satellite in a regular night, in the right hand is India during Diwali, the Festival of lights, the most important event on the Hindu calendar, the festival marks the victory of good over evil and the start of the New Year. 
How you can read in this interesting article by Asia News, celebrations last five days but the third, which this year fell on November 13, is the most important because it is dedicated to Lakshmi, the goddess of prosperity and good fortune. On this day, families clean their homes and keep clay lamps or 'diyas' lit overnight to welcome the divinity. 
According to tradition, Diwali marks the return of Lord Ram to Ayodhya (Uttar Pradesh) after vanquishing the demon king Ravana and rescuing his wife Sita. Together, husband and wife enter the city welcomed by thousands of glowing lamps.
For Hindus, Rama represents the seventh manifestation (avatar) of the god Vishnu, and Sita is the incarnation of his wife Lakshmi. The prince's adventures are told in the Ramayana, one of Hinduism's most important poetic epics.

Diwali





Nella foto a sinistra potete vedere l'India vista dal satellite in una notte qualsiasi, in quella a destra invece è l'India durante Diwali, la festa delle luci, una delle più importanti feste del calendario hindu. 
Essa simboleggia la vittoria del bene sul male e segna l'inizio del nuovo anno. Come si puo' leggere in questo interessante articolo di Asia News, le celebrazioni durano cinque giorni, ma il terzo - che quest'anno è caduto il 13 novembre - è il più importante, perché dedicato al culto di Lakshmi, dea della fortuna e della prosperità. In questo giorno, ogni famiglia pulisce con cura la propria casa, e poi lascia accese per tutta la notte le diyas, le lampade tradizionali, per accogliere la divinità. 
Secondo la tradizione, il Diwali festeggia il ritorno nella città di Ayodhya (Uttar Pradesh) del principe Rama, settimo avatar di Vishnu, dopo aver sconfitto il demone Ravana e salvato sua moglie Sita, incarnazione della dea Lakshmi. Insieme, i due entrano nella città accolti da migliaia di lampade accese. 


martedì 13 novembre 2012

Consigli "indiani"

Backwaters - Kerala

La prima volta che andate in India? Volete qualche 'pillola' che potrebbe tornarvi utile? La solita guida turistica non vi soddisfa?
Allora cliccate qui, si tratta di una serie di consigli raccolti da eDreams col contributo di Sunil di AwaragiElisa di Italianmasala, Sonia di Namasteoltre e di questo blog.
Buon viaggio!

L'immagine di Shiva


La figura di Shiva, una delle principali e più antiche divinità dell’Induismo, mi seduce molto nella sua (apparente) contraddittorietà: Mahayogi (Grande yogi) e mendicante, asceta e seduttore, creatore dell’Universo nella meravigliosa danza cosmica del Nataraja e distruttore del mondo, dio benefico (in sanscrito Shiva significa propizio, benevolo, fausto) e dio della morte e della dissoluzione,  dio potente e creatore che ha nel lingam (il fallo) il suo simbolo e dio mezzo uomo e mezza donna nel suo aspetto androgino di Ardhanarishvara.
Shiva ha molteplici forme e molteplici aspetti, nello Shiva Purana si contano 1008 nomi del grande dio sui quali un giorno tornerò a scrivere.
Oggi voglio soffermarmi su una delle più diffuse rappresentazioni del Dio per analizzare posizione, attributi, mudra, cioè gesti delle mani.
Nella prima immagine pubblicata in questo post, lo vediamo seduto nella posizione del loto (padma asana) sopra una pelle di leopardo (in altre immagini è di tigre o di daino) lo stesso tipo di pelle che ne costituisce unica veste.
Shiva ha tre occhi, per questo è anche detto Trinetra Tryamabaka (dai tre occhi appunto). Essi simboleggiano il sole, la luna e il fuoco, le fonti di illuminazione della terra, dello spazio e del cielo. Sono gli occhi che vedono il passato, il presente ed il futuro. Il terzo occhio, quello centrale, è detto gyana chakshu (occhio della saggezza), è l’occhio dello conoscenza trascendente, che non è rivolto all’esterno, ma all’interno, perché la verità non è fuori di noi, ma dentro di noi. E’ l’occhio col quale Shiva con un solo sguardo incenerì Kama il dio dell’amore che lo stava tentando.
Lingam
Sulla testa il dio ha un crescente di luna al quinto giorno, simbolo della bevanda sacra soma, ma simbolo anche dell’oblazione del sacrificio e della potenza creatrice.
La fronte del dio presenta le tre caratteristiche strisce dello shivaismo.
Dai capelli legati in una crocchia (jata o jatamakuta) scaturiscono la sacre acque della Ganga, il fiume che scorre nel cielo come Via Lattea e che discese sulla terra per consentire la vita degli uomini.
Vari cobra sono avvolti sul corpo del dio, simbolo della morte, ma anche dell’energia. Il collo di Shiva è blu perché il dio bevve il veleno halahala emerso dal frullamento primordiale dell’oceano.
Al collo, oltre ad una ghirlanda di fiori, anche il rosario induista, il japamala formato da semi di rudraksha (occhi di Rudra, altro nome di Shiva), lo stesso che ha ai polsi.
Shiva ha quattro braccia, simbolo di potere universale, con una mano destra tiene il trishula (tridente) simbolo delle tre tendenze della natura (guna) o delle tre funzioni del dio: creazione, conservazione e distruzione dell’universo. Con una mano sinistra afferra il damaru, un piccolo tamburo formato da due triangoli uniti per il vertice che simboleggiano l’aspetto maschile e quello femminile dalla cui unione scaturisce l’universo.
Con la seconda mano destra il dio fa il gesto del ‘non temere’, l’abhayamudra, mentre la sinistra  è nel Jnanamudra, il gesto della conoscenza.
Davanti al dio si erge un lingam (in sanscrito segno), il simbolo astratto del fallo, è la realtà immanifesta, il tutto che è e non è, e che si manifesta con l’unione con la yoni, l’energia femminile su cui spesso è appoggiato il lingam. Sul lingam, oltre alle tre strisce tipiche dello shivaismo, anche la sacra sillaba Om.
Alla destra del dio c’è una ciotola per raccogliere l’elemosina e un piatto di frutta, offerta sacrificale alla divinità.
Nella seconda immagine di Shiva pubblicata su questo post, oltre a quanto già detto, da segnalare il toro bianco Nandin, il vahana (veicolo) di Shiva la cui statua – soprattutto nell’India del sud – è posta innanzi alla stanza del tempio dove è collocato il dio affinché possa essere intermediario tra Shiva stesso ed i fedeli che sussurrano nell’orecchio dell’animale i voti offerti e le grazie richieste alla divinità come illustra la terza foto che ho scattato a Madurai (Tamil Nadu) nello splendido tempio dedicato alla dea Meenakshi.

sabato 10 novembre 2012

Shut all doors


Having shut all the body's doors and confined his mind in his heart, having installed his vital breath in his head, a man is fixed in yogic concentration.
The man who, abandoning the body, dies pronuncin the one-syllabled om, while thinking on me, attains the highest goal.


Bhagavad Gita VIII, 12-13




Chiudere tutte le porte


Chiuse tutte le porte del corpo, concentrata la propria mente all'interno del cuore, fissando nella testa il proprio soffio vitale, l'uomo è concentrato nella meditazione yogica.
Così, pronunciando la sillaba om, pensando interamente a me e abbandonando il proprio corpo, costui raggiunge il fine supremo.


Bhagavad Gita VIII, 12-13








venerdì 2 novembre 2012

Paradiso ed inferno hindu

Pira funebre a Varanasi
Anche nella tradizione hindu esistono paradiso e inferno, anzi paradisi e inferni.
Dopo la morte, l’anima del defunto viene condotta al cospetto di Yama, re della morte, qui trova Citragupta il giudice dei morti che nel suo libro nero ha segnato tutte le azioni del defunto e che stabilisce quale sarà il destino dell’anima.
Se nella vita terrena il defunto si è comportato rispettando il dharma, la sua anima verrà mandata in uno dei molteplici paradisi (svarga).
Se viceversa il defunto mal si comportò in vita, dovrà scontare le sue pene in uno dei molteplici inferni o naraka. Secondo alcune tradizioni i naraka sono sette per altre ventuno, per altre ancora ventotto.
Il paradiso e l’inferno non sono però destinazioni definitive. In questi loka (mondi) le anime permarranno fin quando non avranno terminato di godere o di patire per i frutti delle azioni commesse. Dopo, torneranno nel mondo terreno dove assumeranno la forma di oggetti inanimati, di vegetali, animali o esseri umani a seconda del residuo karmico, dell’imperfezione che ancora portano su di sé.
Ovviamente questo percorso non riguarda coloro che hanno raggiunto la perfezione, il moksha che interrompe il samsara (il ciclo delle rinascite) in quanto hanno avuto conoscenza del Brahman, questi vengono trasportati nel Brahmaloka, il mondo del Brahman, “dove essi abitano in insondabili lontananze, dalle quali mai più quaggiù ritornano.” (Brhadaranyaka Upanishad VI, 2, 15).

Heaven and hell Hindu

Funeral pyre in Varanasi
Even in the Hindu tradition there are heaven and hell indeed heavens and hells.

After death, the soul of the deceased is carried out in the presence of Yama, King of Death, here is Citragupta the judge of the dead. He have marked in his black book all the actions of the deceased and determining what will be the fate of the soul.
If in this life the deceased behaved respecting the dharma, his soul will be sent in one of the many havens (svarga).
If, however, the deceased behaved badly in life, he will have to serve his punishment in one of the many hells or naraka. According to some traditions narakas are seven, according others twenty-one or twenty-eight.
Heaven and hell are not final destinations. In these lokas (worlds) souls remain until they finish to enjoy or suffer the fruits of their actions. After, they will return in the earthly world where take the form of an inanimate objects, plants, animals or humans depending on the karmic residue, imperfection which still carry with them.
Of course, this does not apply to those who have achieved perfection, the moksha which interrupts samsara (the cycle of rebirth). They had knowledge of Brahman and so they are transported in Brahmaloka, the world of Brahman, "where they live in unfathomable distances, from which they never come back down here."(Brhadaranyaka Upanishad VI, 2, 15).

sabato 27 ottobre 2012

L'origine dell'Universo

Sri yantra
In quel tempo non c'era ciò che non è e non c'era neppure ciò che è.
Non c'era lo spazio e non c'era il cielo che lo sovrasta.
Cosa si muoveva? E dove? Protetto da chi?
Esisteva l'acqua e i suoi impenetrabili abissi?
In quel tempo non c'era la morte e non c'era l'immortalità.
Non c'era il giorno e non c'era la notte.
Quell'Uno respirava per suo stesso potere, senza l'aria.
Oltre a Lui niente altro esisteva.
Al principio c'erano solo le  tenebre che nascondevano altre tenebre.
Tutto era caos indistinto.
Il seme dell'esistenza era avvolto dal nulla e nacque come Ekam, Uno, grazie al proprio ardore.
Al principio, sopra di Lui, si mosse il desiderio, il primo atto che fecondò la mente.
Il legame tra essere e non essere lo trovarono nel proprio cuore i poeti grazie alla meditazione.
La loro linea venne tesa, cosa esisteva sotto e cosa sopra?
Vi furono dispensatori di seme e forze che generarono?
Sotto era l'energia, sopra l'impulso.
Ma chi davvero sa, chi potrebbe dire da dove è giunta questa creazione?
Al di qua della creazione ci sono gli dèi, chi può dire da dove proviene?
Da dove proviene questa creazione e fu Lui a crearla oppure no?
Gli occhi di chi dai più alti cieli presiedono questo mondo?
Lui certamente lo sa oppure non lo sa.

Rig Veda X, 129


Creation

Sri Yantra
Then was not non-existent nor existent.
There was no realm of air, no sky beyond it.
What covered in, and where and what gave shelter? 
Was water there, unfathomed depth of water?
Death was not then, nor was there aught immortal.
No sign was there, the day's and night's divider.
That One, breathless, breathed by its own nature.
Apart from It was nothing whatsoever.
Darkness there was: at first concealed in darkness
All was indiscriminated chaos.
All that existed then was void and form less: by the great power of warmth was born that Unit.
Thereafter rose desire in the beginning.
Desire was the primal seed and germ of Spirit.
Sages who searched with their heart's thought discovered the existent's kinship in the non-existent.
Transversely was their severing line extended: what was above it then, and what below it?
There were begetters, there were mighty forces, free action here and energy up yonder.
Who verily knows and who can here declare it, whence it was born and whence comes this creation?
The Gods are later than this world's production. 
Who knows then whence it first came into being?
He, the first origin of this creation, whether he formed it all or did not form it,
Whose eye controls this world in highest heaven, he verily knows it, or perhaps he knows not.

Rig Veda X, 129

sabato 13 ottobre 2012

Etymologies: ayurveda, dharma and samsara

Ayurveda is the traditional Indian medicine which dates back to 5,000 BC. Brahma revealed that to Prajapati. 
File:Sanskrit Devanagari.png
The word 'sanskrit' in devanagari script
The word ayurveda consists of the word ayus and the word veda. The word veda we met many times and it means knowledge. The more complex is the etymology of the word ayur
We can say that it means life, understood in a very broad sense as everything about living being from his birth to his death: body, senses, mind. So Ayurveda is the science of life, the science of well-being of the living being from his birth to his death. 
Dharma instead is usually translated as religion, morality, rules, virtues. In fact the word comes from the Sanskrit root dhr meaning to support, maintain, operate. Dharma is in fact the universal order, the universal balance, what makes things be as they are. 
Dharma is the essence of all being and the well is to respect the dharma that is, be yourself, its opposite, that is non-compliance with universal law, is adharma
Instead samsara is the cycle of rebirth which is interrupted by the liberation, moksha
Samsara means in fact wandering through, succession of states and its etymology derives from the Sanskrit prefix sam denoting a concept of completeness and the root sr indicating motion verbs such as to run, pass, glide.

Etimologie: ayurveda, dharma e samsara

File:Sanskrit Devanagari.png
La parola 'sanscrito' in alfabeto devanagari
L’ayurveda è la medicina tradizionale Indiana che risale al 5.000 a.C. e che fu lo stesso Brahma a trasmettere ad Prajapati. La parola ayurveda è composta dalla parola ayus e dalla parola veda
La parola veda l’abbiamo incontrata tante volte e significa conoscenza. 
Più complessa l’etimologia della parola ayur (ayus nei composti). Possiamo dire che significa vita intesa in senso molto ampio come tutto ciò che riguarda l’essere vivente dalla sua nascita alla sua morte, corpo, sensi, mente. Così l’ayurveda è la scienza della vita, la scienza del benessere dell’essere vivente dalla sua nascita alla sua morte. 
Dharma invece viene in genere tradotto come religione, morale, regola, virtù.
In realtà la parola deriva dalla radice sanscrita dhr che significa sostenere, preservare, far funzionare. Il dharma infatti è l’ordine universale, l’equilibrio universale, ciò che fa essere le cose quelle che sono. Il dharma è l’essenza di ogni essere ed il bene è rispettare il dharma cioè essere se stessi, il suo opposto, cioè il mancato rispetto della legge universale è adharma
Il samsara invece è il ciclo delle rinascite che si interrompe con la liberazione, moksha. Samsara significa infatti trapasso, successione di stati e la sua etimologia deriva dal prefisso sanscrito sam che denota un concetto di interezza e dalla radice sr che indica verbi di movimento quali correre, passare, scivolare.

giovedì 11 ottobre 2012

Il superdivo Bachchan a Firenze




La XII edizione di River to River Florence Indian Film Festival, l’unico festival in Italia totalmente dedicato al cinema indiano sotto la direzione di Selvaggia Velo, si svolgerà dal 7 al 13 dicembre al cinema Odeon di Firenze, con il Patrocinio dell’Ambasciata dell’India e dell’Associazione Italia-India. 
Questo è un anno estremamente importante per il cinema indiano che compie 100 anni: il 21 aprile 1913 all’Olympia Theatre di Bombay fu proiettato il primo film indiano, Raja Harishchandra di Dadasaheb Phalke. Fu un evento straordinario e il film muto di Phalke ebbe un enorme richiamo anche alla successiva proiezione del 3 maggio al Coronation cinema di Bombay. Il Festival presenterà al suo pubblico una versione restaurata del film. 
Per festeggiare questo compleanno speciale, River to River Florence Indian Film Festival il superdivo indiano Amitabh Bachchan sarà a Firenze per presentare alcuni suoi film (Deewaar, Sholay e Black) e un documentario sulla sua vita. 
Bachchan è senza dubbio l'attore più importante e iconico del cinema indiano, non solo per il numero dei film - oltre centottanta - che ha interpretato, ma anche per la sua attività di produttore e il suo impegno civile e politico. 
In occasione del suo dodicesimo anno di vita, River to River Florence Indian Film Festival ha deciso di debuttare a Roma con un “the best of” dell’edizione-madre fiorentina: immediatamente dopo le date di Firenze (7-13 dicembre), il River to River si sposterà dunque in riva al Tevere, dal 14 al 16 dicembre, al cinema Trevi. 




Per maggiori informazioni potete cliccare qui




domenica 7 ottobre 2012

Indian populations



Today I want to publish this report that a friend of mine shared on Facebook. This is the comparison between the populations of the various states of India and that of some Countries. It seems to me highly significant.




La popolazione dell'India

Oggi voglio pubblicare questo prospetto che un mio amico ha condiviso su Facebook. Si tratta del raffronto tra la popolazione dei vari Stati dell'India e quella di alcuni Stati nazionali. Mi sembra altamente significativo.





sabato 22 settembre 2012

"You will die in seven days"

Hindu rites
In Paithan in the state of Maharastra, lived a very  estimated wise man named Eknaath. One day a unhappy man, dissatisfied with his life, came to him and said:
"Great wise Eknaat, your life is so simple and devoid of sins! Do not get angry with anyone, do not argue with nobody, nothing makes you worry, do not hate anyone. You are calm, patient, loving, pure! How do you do? Teach me the secret. "
"Forget me - said Eknaath - actually I know something about you. In seven days you will die."
Who could not believe the words of Eknaath? Going to die in seven days? What a disgrace! The distraught man came home, he did not care anymore. Then became ill. They spent six days and he didn't recover. On the seventh day Eknaath came to visit and asked him:
"How are you?"
"Everything is finished - said the man - now I'm leaving."
Eknaath asked:
"In these six days, how many sins have you committed, whit how many people was you  angry and how many bad thoughts did you have or bad actions have you committed?"
And the man, who was now waiting for death, replied:
"Wise Eknaat, how could I have time to worry about something? How could I commit evil deeds or have sinful thoughts? The death was constantly before my eyes. "
Eknaath then said:
"Now you know why my live is completely free of sin. If death is always in front of us, how can evil thoughts arise, how can we wish for something? Continuously think death is the way to avoid sins. If death looks constantly in your face, how can a man commit sin?"

"Tra sette giorni morirai"

Templi Indù di Khajuraho
A Paithan, nello stato del Maharastra, viveva un saggio molto stimato di nome Eknaath. Un giorno si recò da lui un uomo insoddisfatto della propria vita che gli disse: 
“Grande saggio Eknaat, la tua vita è così semplice e priva di peccati! Non ti arrabbi con nessuno, non litighi con nessuno, niente ti fa preoccupare, non odi nessuno. Sei calmo, paziente, amorevole, puro! Come fai? Insegnami il segreto.” 
“Lascia perdere me – gli disse Eknaath – in realtà so qualcosa su di te. Tra sette giorni morirai.” 
Chi non avrebbe creduto alle parole di Eknaath? Morire nel giro di sette giorni? Che disgrazia! L’uomo sconvolto si recò a casa, niente gli era più caro, di niente più si preoccupò. Si ammalò. Passarono sei giorni e non si riprendeva. Il settimo giorno giunse da lui in visita Eknaath che gli chiese: 
“Come stai?” 
“Tutto è finito – rispose l’uomo – sto morendo.” 
Eknaath chiese ancora: 
“In questi sei giorni, quanti peccati hai commesso, con quante persone ti sei adirato e quanti cattivi pensieri hai avuto o male azioni commesso?” 
E l’uomo, che era ormai in attesa della morte, rispose: 
“Saggio Eknaat, come potevo avere tempo di preoccuparmi di qualcosa? Come potevo commettere azioni cattive o avere pensieri peccaminosi? La morte è stata continuamente davanti ai miei occhi.” 
Eknaath allora disse: 
“Ora sai la ragione per cui la mia vita è assolutamente priva di peccato? Se la morte si trova sempre di fronte a noi, come possono sorgere pensieri cattivi, come possiamo desiderare qualcosa? Pensare continuamente alla morte è il modo di evitare i peccati. Se la morte lo guarda continuamente in faccia, con quale forza l’uomo può commettere peccato?”

lunedì 10 settembre 2012

India has two aspects

Rabindranath Tagore
I do not want to wander about any more. I am pining for a corner in which to nestle down snugly, away from the crowd.
India has two aspects—in one she is a householder, in the other a wandering ascetic. 
The former refuses to budge from the home corner, the latter has no home at all. I find both these within me. I want to roam about and see all the wide world, yet I also yearn for a little sheltered nook; like a bird with its tiny nest for a dwelling, and the vast sky for flight.
I hanker after a corner because it serves to bring calmness to my mind. My mind really wants to be busy, but in making the attempt it knocks so repeatedly against the crowd as to become utterly frenzied and to keep buffeting me, its cage, from within. If only it is allowed a little leisurely solitude, and can look about and think to its heart's content, it will express its feelings to its own satisfaction.
This freedom of solitude is what my mind is fretting for; it would be alone with its imaginings, as the Creator broods over His own creation.

Rabindranath Tagore

L'India ha due aspetti

Rabindranath Tagore
Non ho più voglia di vagabondare. Desidero solo un angolo dove rannicchiarmi comodamente, lontano dalla gente.
L'India ha due aspetti: uno è quello di un padrone di casa e l'altro è quello di un vagabondo asceta.
Il primo rifiuta di muoversi dall'angoletto della sua casa, l'altro non ha casa affatto.
Io sento entrambi questi aspetti dentro di me. 
Desidero andare in giro per vedere il mondo intero e nello stesso tempo desidero un angolo nascosto, come un uccello che ha il suo piccolo nido per dimorarvi e il vasto cielo per volare.
Io desidero quest'angolo tranquillo perchè serva a calmare la mia mente. In realtà la mia mente desidera essere occupata, ma, nel suo tentativo di soddisfare questo bisogno, urta così spesso con la gente da diventare perfino frenetica e da tirare, da dentro, schiaffi a me, che sono la sua gabbia.
Se però le si permette un po' di solitudine riposante per poter guardare intorno e sfogarsi a pensare, allora sa esprimere i suoi sentimenti con piena soddisfazione.
Questa libertà della solitudine è l'aspirazione della mia mente che potrà allora soltanto essere sola con le sue fantasie, proprio come fa il Creatore che meditata sulla Sua creazione.

Rabindranath Tagore