venerdì 29 aprile 2011

Di nuovo Ganesh

Ho già raccontato la più diffusa storia che riguarda la nascita di Ganesh, il dio dalla testa di elefante, ‘figlio’ di Shiva e Parvati. Oggi voglio però raccontarne un’altra, meno conosciuta, ma forse più interessante che è narrata in altri testi, principalmente nel Brhaddharma Purana.

Ebbene Shiva se ne stava assorto in meditazione quando la moglie Parvati lo interruppe. Voleva un figlio. Il Grande dio, il Mahayogi però si era sempre rifiutato di avere una discendenza. “I figli – diceva – servono ai genitori per lo svolgimento dei riti funebri e per la recitazione delle preghiere agli avi, ma io sono immortale e quindi non ne ho bisogno.”
A differenza degli altri dei infatti, Shiva (e prima di lui il suo corrispondente vedico Rudra), è fiero oppositore alla procreazione in quanto protettore dell’unità perfetta ed indistinta del brahman contro la dualità insita nella creazione dell’altro da Sé. Ma questo è un altro discorso.
Insomma, le insistenze di Parvati stremarono anche il Grande Dio che formò un bambino di pezza utilizzando il sari della moglie e glielo porse.
Parvati si irritò, “credi che sia una bambina dandomi una bambola di pezza per giocare?” Ma, una volta preso in braccio quel pezzo di stoffa, il bambino si animò. Parvati era raggiante, aveva un figlio da amare e lo mostrò a Shiva che lo esaminò. “Il bambino è nato sotto un cattivo auspicio – disse però il dio – Sanaiscara, il dio del pianeta Saturno lo ha condannato a una repentina morte.” E detto ciò al piccolo cadde a terra la testa.
Parvati fu disperata, non si dava pace, era passata dalla gioia di avere un figlio allo straziante dolore di vederlo morire.
Mosso a compassione, Shiva tentò di riattaccare la testa al piccolo, ma senza successo. Il dio allora ordinò al suo fedele servitore, il toro Nandin, di andare verso nord e di portare la testa di chiunque avesse trovato in quella direzione.
Nandin partì verso settentrione e si imbattè in Airavata, l’elefante bianco, vahana, cioè veicolo, di Indra. Ovviamente Indra cercò di impedire a Nandin di tagliare la testa a Airavata e nacque uno scontro che coinvolse anche altri dei. Ma la forza di Nandin però, che non era altro che la forza di Shiva, prevalse e alla fine il sacro toro tagliò la testa dell’elefante e la portò a Shiva che la pose sul collo del bambino che riprese vita. Così nacque Ganesh, signore degli elefanti e signore delle schiere, dio del benaugurio e dio della letteratura, Ekadanta cioè da una sola zanna in quanto l’altra si ruppe nella lotta contro Nandin.
E Indra? E il povero Airavata? Il re degli dei andò umilmente a chiedere perdono a Shiva il quale, nella sua benevolenza, gli disse: “Getta il corpo del tuo elefante nell’oceano, Airavata ne emergerà sano e salvo al momento del frullamento cosmico.” E così avvenne, come narrato in un altro post.

1 commento:

  1. Grazie per l'interessante post.
    Quella di Ganesh è da sempre una delle figure che più mi interessa. Gli amici indiani fanno riferimento al figlio di Shiva in occasioni propizie, per esami o prove che riguardano lo studio e la conoscenza. Nei college è una delle "divinità" più venerate.
    In realtà l'aspetto più interessante è, a mio avviso, quello legato ai suoi simboli:l'abbondanza delle sue forme rievoca la capacità di acquisire conoscenze ed esperienze; le orecchie elefantine rilevano la capacità di ascolto e la propensione verso l'attenzione e la riflessione; la proboscide piegata propiziamente verso l'alto evidenzia la capacità di comprensione del reale e il distacco opportuno da ciò che non lo è; la presenza di una zampa a terra e di una sollevata evidenzia la complementarietà delle due dimensioni, quella materialee-terrena e quella spirituale, l'importanza di entrambe.
    Conoscenza, apertura ed equilibrio: queste secondo me le prerogative di questo dio-elefante.
    Molto interessante

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