venerdì 22 aprile 2011

Fiaba indiana

Assortimento di sari indiani
Oggi voglio raccontare una novella che ben sintetizza uno dei concetti cardine dell’induismo, la ‘divinità’ dell’uomo e la necessità di cercare Dio o l’assoluto dentro di noi e non fuori, con la meditazione e non con l’azione.
All’inizio dei tempi  non c’erano distinzioni tra mortali e immortali, tra dei e uomini, tutti erano dei. Gli uomini però fecero cattivo uso della loro divinità e gli dei decisero di degradarli a esseri mortali. Per fare questo gli dei privarono gli uomini della loro divinità.
Una volta tornati in possesso della divinità degli uomini, gli dei si domandarono dove poterla nascondere affinché gli uomini non la ritrovassero.
Qualcuno consigliò di nasconderla nel folto della foresta, altri proposero di seppellirla sotto terra, altri ancora indicarono la profondità degli abissi marini come il miglior nascondiglio.
Ma nessuno di questi luoghi fu ritenuto adeguato, gli dei erano certi che l’uomo si sarebbe messo a cercare la propria divinità perduta dappertutto e – grazie alle sue abilità – l’avrebbe trovata.
Agli dei venne allora un’idea: “Perché non nascondiamo la divinità dell’uomo nella parte più nascosta del suo stesso cuore? Sicuramente quello è un luogo dove l’uomo non andrà a cercare.” E così fu.
E’ per questo che l’uomo ha esplorato le profondità degli oceani e i misteriosi spazi celesti, le foreste più selvagge e i deserti più inospitali, le montagne più impervie e i mari più burrascosi. Per cercare qualcosa che in realtà si trova all’interno del suo stesso cuore.

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