Cosa accadrebbe se i contadini di Greater Noida in India invadessero pacificamente il circuito di Formula 1 costruito alle porte di New Delhi. Cosa accadrebbe se il primo Gran Premio di Formula 1 in India previsto per domenica prossima non si potesse svolgere perché una moltitudine di contadini indignati ha superato senza violenza e pacificamente i cordoni di sicurezza delle migliaia di poliziotti chiamati a difendere il ‘circus’.
Mi piacerebbe che qualcuno gridasse a voce alta che esiste un modo diverso per spendere i soldi e che esiste un modello di sviluppo che l’India ha già in casa propria e che è l’unica salvezza per evitare il rischio di essere colonizzata dall’occidente, un rischio che oggi è molto più concreto di quanto non lo fosse durante la dominazione britannica.
Sì, mi piacerebbe proprio che – in perfetto stile gandhiano – senza violenze e silenziosamente questi contadini espropriati per poche rupie si presentassero ai cancelli del circuito e si facessero bastonare a colpi di lathi dai poliziotti.
Un po’ di numeri.
Il Buddh International Circuit (sì, lo hanno proprio chiamato proprio così, in onore del Buddha!) è stato costruito dal Jaypee Group su un terreno di circa 2500 acri (più di mille ettari).
Il circuito è stato costruito a circa 40 chilometri da New Delhi e si inserisce nella Jaypee Sport City che, oltre alla pista, può vantare uno stadio di cricket, uno di hockey su prato, un campo da golf a diciotto buche e una scuola di sport.
Il circuito può ospitare circa 120.000 spettatori ed i biglietti di ingresso vanno da 2.500 (circa 36 euro) a 35.000 rupie (circa 500 euro).
Durante il Gran Premio si consumeranno 15.000 litri di carburante.
Il finanziamento complessivo ammonta a 1.960 crore di rupie (circa 300 milioni di euro), il terreno è stato espropriato e ‘pagato’ alle oltre mille famiglie di agricoltori 800 rupie (circa 12 euro) al metro quadro. I contadini sostengono che è stata illegittimamente applicata una legge del 1894, il Land Acquisition Act, per effettuare gli espropri ed anche la Corte Suprema indiana ha contestato agli organizzatori di aver usufruito illegittimamente di esenzioni fiscali chiedendo spiegazioni e sequestrando cautelativamente il 25% degli incassi dell’avvenimento.
I terreni fornivano tre raccolti l’anno e rappresentavano l’unica fonte di sostentamento di quegli agricoltori. A ciò si aggiunga che l’intera opera ha chiuso una delle principali strade della zona costringendo i bambini del villaggio di Atta Gujran a percorrere più di nove chilometri per raggiungere la loro scuola che dista in linea d’area non più di un chilometro.
Naturalmente i multimiliardari del Jaypee Group e i politici sostengono che l’intera operazione ha portato capitali esteri in India, ha dato lavoro e rappresenta un motore per lo sviluppo.
I contadini non se ne sono accorti.
Mi piacerebbe che qualcuno gridasse a voce alta che esiste un modo diverso per spendere i soldi e che esiste un modello di sviluppo che l’India ha già in casa propria e che è l’unica salvezza per evitare il rischio di essere colonizzata dall’occidente, un rischio che oggi è molto più concreto di quanto non lo fosse durante la dominazione britannica.
Sì, mi piacerebbe proprio che – in perfetto stile gandhiano – senza violenze e silenziosamente questi contadini espropriati per poche rupie si presentassero ai cancelli del circuito e si facessero bastonare a colpi di lathi dai poliziotti.
Un po’ di numeri.
Il Buddh International Circuit (sì, lo hanno proprio chiamato proprio così, in onore del Buddha!) è stato costruito dal Jaypee Group su un terreno di circa 2500 acri (più di mille ettari).
Il circuito è stato costruito a circa 40 chilometri da New Delhi e si inserisce nella Jaypee Sport City che, oltre alla pista, può vantare uno stadio di cricket, uno di hockey su prato, un campo da golf a diciotto buche e una scuola di sport.
Il circuito può ospitare circa 120.000 spettatori ed i biglietti di ingresso vanno da 2.500 (circa 36 euro) a 35.000 rupie (circa 500 euro).
Durante il Gran Premio si consumeranno 15.000 litri di carburante.
Il finanziamento complessivo ammonta a 1.960 crore di rupie (circa 300 milioni di euro), il terreno è stato espropriato e ‘pagato’ alle oltre mille famiglie di agricoltori 800 rupie (circa 12 euro) al metro quadro. I contadini sostengono che è stata illegittimamente applicata una legge del 1894, il Land Acquisition Act, per effettuare gli espropri ed anche la Corte Suprema indiana ha contestato agli organizzatori di aver usufruito illegittimamente di esenzioni fiscali chiedendo spiegazioni e sequestrando cautelativamente il 25% degli incassi dell’avvenimento.
I terreni fornivano tre raccolti l’anno e rappresentavano l’unica fonte di sostentamento di quegli agricoltori. A ciò si aggiunga che l’intera opera ha chiuso una delle principali strade della zona costringendo i bambini del villaggio di Atta Gujran a percorrere più di nove chilometri per raggiungere la loro scuola che dista in linea d’area non più di un chilometro.
Naturalmente i multimiliardari del Jaypee Group e i politici sostengono che l’intera operazione ha portato capitali esteri in India, ha dato lavoro e rappresenta un motore per lo sviluppo.
I contadini non se ne sono accorti.
Piove sul bagnato. Su un sistema agricolo che arranca perchè schiacciato dalle multinazionali e dai signori delle sementi; che vede l'impossibilità di sopravvivenza dei contadini a causa di un regime di bassi prezzi imposto dall'alto, a causa di stati che sovvenzionano troppo i loro produttori. Mancavano anche gli sprechi di questo genere!!! Mentre i contadini si suicidano (il tasso più alto al mondo a causa dei debiti) e quelli che rimangono allargano le fila dei poveri che non sanno cosa mangiare, nei silos marciscono i cereali che il governo conserva per quella globale-glocale in là da venire. Che arrivi o non arrivi si tratta sempre di cibo sottratto a bocche spalancate. E mentre il grano e il riso marciscono facciamo correre degli idioti su terre che dovrebbero far correre mezzi agricoli e prosperità! Vergogna!
RispondiEliminaCiao Sonia. Sottoscrivo ogni parola.
RispondiEliminaPensa, hanno tentato di brevettare anche il basmati e la curcuma!
La cosa triste è che una cultura e una civiltà che per millenni hanno resistito ad invasori e a colonizzatori rischia di sparire a causa del più sguaiato dei capitalismi senza regole che ha già fatto danni nei paesi dove è stato inventato!