sabato 8 ottobre 2011

Del non far niente

Una delle grandi differenze tra la vita nell'occidente moderno e nell'India (non urbanizzata), è che in India si può stare senza fare niente.
Mi spiego. Se qui in Italia o in un altro paese occidentale vedete una persona a sedere che non fa niente, non parla, non legge, non lavora, non sente la musica, non guarda la televisione..... non gioca al computer vi meravigliate, chiedete "ma cosa stai facendo?", insomma lo prendete per un ozioso, per un tipo un po' strambo o addirittura per un pazzo. Perchè qui bisogna fare qualcosa, bisogna agire, bisogna che i nostri sensi recepiscano visioni/suoni/colori/sensazioni etc. Non è pensabile che una persona stia ferma a non fare niente, solo a pensare o, addirittura (se ci riesce), neppure a pensare.
In India non è così. O per lo meno non lo è nell'India vera e non in quel surrogato di occidente che sta diventando l'India splendente del boom economico.
In India si può stare senza far niente, è lecito, anzi consigliabile, essenziale avere dei momenti nella giornata in cui non si fa niente, ci si ferma, si chiude tutte le aperture verso le esterno.
Sri Nisargadatta Maharaj, maestro del vedanta, in una delle sue illuminanti conversazioni raccolte nel volume "Io sono quello", in Italia edito da Ubaldini, in proposito diceva "Questa maniera apparentemente oziosa di passare il tempo in India è tenuta in grande considerazione. Significa che in questo momento sei libero dall'ossessione del 'dopo'. Se non ha fretta, la mente si libera dall'ansia e diviene silenziosa e nel silenzio cominci a sentire qualcosa che è abitualmente troppo fine e rarefatto per poter essere percepito. La mente, per riconoscerlo, deve essere aperta e quieta. Qui cerchiamo di mettere la mente nella condizione ideale per poter capire la realtà." E la realtà vera non è certo il mondo (incluso il nostro corpo) che percepiamo con i nostri sensi e che ci riempie, ma che è transitorio e pertanto non reale. La realtà, secondo il pensiero hindu, non è fuori di noi, ma dentro di noi.
Ancora Nisargadatta ci ricorda che "tutti i nostri problemi nascono dall'erronea convinzione di essere il nostro corpo: il cibo, il vestiario, la casa, la sicurezza, la sopravvivenza. Tutto ciò non ha più significato nel momento in cui ti rendi conto che potresti non essere soltanto un corpo." Colui che crede di essere il corpo appare alla nascita e scompare con la morte. Se invece ci si libera da questa erronea convinzione e ci si libera dall''io' e dal 'mio', ci avviciniamo all'unica cosa che vale la pena conoscere, il Sè.
Insoma "il silenzio e l'immobilità non sono inattivi, il fiore riempie l'aria del suo profumo, la candela della sua luce. Non fanno niente, ma cambiano tutto con la loro sola presenza."

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