sabato 11 gennaio 2014

La triste storia di Kacha e Devayani


Sukra accoglie Kacha come suo discepolo
Molto tempo fa deva ed asura erano in lotta per la signoria sui tre mondi.  La lotta era molto dura e gli dèi erano in difficoltà in quanto il guru dei demoni, Sukra conosceva la samjivini vidya, l’antitodo contro la morte che gli consentiva di riportare in vita i demoni che erano morti in battaglia.
Gli dèi decisero allora di impossessarsi di questo segreto ed inviarono Kacha, figlio del loro guru Brihaspati, nel regno dei nemici.
Kacha era un giovane molto bello (kacha significa grazioso) e soprattutto molto saggio. Subito si recò dal guru Sukra ed umilmente chiese di diventare suo allievo.
Sukra rimase molto meravigliato che il figlio del guru degli dèi si recasse da lui per divenire suo allievo, ma il ragazzo era sincero e aveva grandi qualità, per questo il vecchio guru - rispettando le regole del tempo -  lo accolse nel proprio ashram.
Kacha imparava molto velocemente e svolgeva tutti i compiti che gli venivano assegnati con serietà. Quando finiva di studiare e di lavorare, passava il proprio tempo con Devayani, la bella figlia di Sukra.
Col passare del tempo quell’amicizia divenne qualcosa di più e Devayani si innamorò di Kacha, senza però dir niente a nessuno perché la figlia del guru non può amare i suo allievi finchè rimangono tali.
Trascorsero molti anni e gli asura scoprirono chi era veramente il nuovo pupillo di Sukra e, temendo che potesse carpire il segreto della samjivini vidya, uccisero il ragazzo.
Quando Kacha non fece ritorno alla sua capanna, Devayani cominciò a preoccuparsi e si recò dal padre che, grazie ai suoi poteri yogici, capì che il ragazzo era stato ucciso.
Devayani cominciò a piangere e a supplicare il padre affinchè lo riportasse in vita, ma Sukra non voleva usare il suo potere.
“Come puoi farmi questo – gli gridò la figlia – hai riportato in vita tanti di quei guerrieri, perché ora non riporti in vita il ragazzo che amo? Se non lo fai, morirò anch’io.”
Mosso a compassione, il guru recitò il sanjini mantra e Kacha tornò a vivere.
Gli asura non si dettero per vinti, questa volta, dopo aver ucciso nuovamente il ragazzo, lo fecero a pezzi e diedero le sue carni in pasto agli animali feroci.
Anche questa volta però il saggio Sukra capì che il suo allievo prediletto era stato ucciso e lo riportò in vita, facendo riunire i pezzi della sua carne una volta usciti dal ventre degli animali.
A questo punto gli asura escogitarono un piano diabolico. Uccisero nuovamente Kacha, bruciarono il suo corpo e sciolsero le sue ceneri nel vino che ogni sera il saggio Sukra beveva.
E così, prima di eseguire i riti della sera, il vecchio brahmano bevve il suo vino e, con esso, anche il povero Kacha.
Quando capì che il suo discepolo era stato ucciso e che le sue ceneri erano ora nel suo corpo, Sukra maledì se stesso ed il vino che aveva bevuto e stabilì che da quel momento nessun brahmano avrebbe più potuto bere vino.  
Che fare ora? Riportare in vita il giovane significava morire. C’era un solo modo per riportare in vita Kacha e, al tempo stesso, rimanere vivo: insegnare a Kacha l’antidoto segreto così, una volta riportato in vita da Sukra, poteva a sua volta far rinascere il guru che sarebbe morto dandolo alla luce. Solo lui, il più saggio dei discepoli poteva impararlo.
Sukra insegnò quindi il mantra a Kacha mentre il giovane era ancora nel corpo nel suo maestro. Kacha uscì vivo dalle membra di Sukra, aprendo le viscere del maestro, e subito dopo riportò in vita il vecchio guru per la gioia della bella Devayani che ebbe nuovamente padre e amato.
Il periodo di insegnamento  finì, Kacha aveva raggiunto la piena conoscenza e decise di prendere congedo da Sukra.
Era giunto il momento di Devayani, ora Kacha non era più allievo del padre e lei gli disse che lo amava e che lo voleva come suo sposo.
Kacha rimase confuso, aveva un dovere da compiere nei confronti del suo popolo, doveva tornare e consegnare a Brihaspati la conoscenza dell’antidoto. “Non posso sposarti – disse infine – non perché sono stato allievo di tuo padre, ma perché sono nato dalle sue viscere e quindi sono come tuo fratello.”
Disperata, Devayani  cominciò a gridare, “Tu, allievo infedele, volevi solo conoscere la samjivini vidya, hai ingannato me e mio padre, ti maledico: non riuscirai mai ad utilizzare la conoscenza che hai carpito con l’inganno!”
“Non ho ingannato nessuno – replicò Kacha – ho sin dall’inizio detto chi ero ed il sanjini mantra me lo ha insegnato tuo padre volontariamente. La tua maledizione non servirà a niente, infatti io non potrò eseguire ciò che mi è stato insegnato, ma nessuno mi impedirà di insegnarlo ad altri! Anch’io ti maledico Devayani – continuò Kacha – nessun brahmano ti vorrà mai sposare.”
Detto questo, Kacha se ne andò e, grazie alla sua nuova conoscenza, consentì agli dèi di prevalere sui demoni.


1 commento:

  1. Ciao Domenico, bellissima storia!. Mi è piaciuto molto il finale.Franca

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