Yami era follemente innamorata di suo fratello Yama. Voleva giacere con lui e si struggeva per il rifiuto del fratello.
Secondo i Veda, Yama e Yami furono i primi due esseri umani.
Yama, figlio di Visvasvat (un aspetto di Surya, dio del sole) e di Saranyu (la Nuvola o l'Aurora) è infatti l’uomo storico primordiale, il primo dei mortali e, quindi, il primo essere vivente che morrà e che passerà nell’aldilà di cui poi diventerà l’incontrastato e temutissimo re.
Yami era sua sorella gemella e da lei nacque in seguito il fiume, gemello del Gange (rectius della Ganga), la Yamuna.
Insomma i due erano gli unici esseri umani esistenti ed Yami insisteva continuamente, voleva il fratello, voleva unirsi a lui per avere una discendenza e popolare la terra. Del resto chi poteva amare non essendoci nessun altra persona oltre al fratello?
Il Rig Veda (X, 10) narra di questa storia fornendo una versione originale del tema primordiale dell’incesto.
“Gli immortali desiderano una discendenza dall’unico dei mortali, fratello mio - dice ancora Yami al fratello - che il potere manifestatore della tua mente si unisca a quello della mia, che il tuo corpo penetri il mio.”
“Faremo noi ciò che fino ad oggi non è stato mai fatto? – risponde Yama - Noi che parliamo di rettitudine agiremo in modo non retto?”
“Il desiderio per te è ormai dentro di me, voglio giacere con te nello stesso letto,” insiste la sorella.
“O donna lasciva – replica Yama - gli dèi ci guardano.”
“I gemelli sono avvinti già nel ventre materno come lo sono il cielo e la terra – ribatte Yami - perché non possiamo farlo una volta che siamo nati?”
“Vattene, desidera un marito diverso da me – dice Yama - con lui giaci nel medesimo letto, con lui congiungiti.”
“Sopraffatta dal desiderio ancora ti prego, unisci il tuo corpo al mio.”
“Mai acconsentirò ad unire il mio corpo a quello di mia sorella – conclude Yama - desidera il potere manifestatore della mente di un altro uomo, che quel potere si unisca al tuo.”
Quello che accadde dopo e cioè come il mondo si è popolato nonostante il rifiuto dell’unico uomo a congiungersi con l’unica donna, qui ci interessa poco. Quello che mi piace ricordare è che quando Yama morì, il primo uomo a morire, Yami fu disperata e la sua disperazione non si placava.
Agli dèi che cercavano di consolarla, lei replicava, “Come non posso essere disperata se oggi è morto il mio amato fratello?” E sempre era “oggi”, perché ancora non era stato inventato il tempo, né il giorno nè la notte e tutto avveniva in un eterno presente.
Allora gli dèi inventarono il tempo ed il suo trascorrere, inventarono la notte ed il succedersi di essa al giorno.
Yami cominciò pertanto a dire, “Ieri è morto il mio amato fratello Yama, “ e poi “Sette giorni fa è morto il mio amato fratello Yama,” e poi ancora “Un anno fa…”.
“Per questo – conclude questa volta la Maitrayani samhita – si dice che il trascorrere del tempo allevia le sofferenze.”
Secondo i Veda, Yama e Yami furono i primi due esseri umani.
Yama, figlio di Visvasvat (un aspetto di Surya, dio del sole) e di Saranyu (la Nuvola o l'Aurora) è infatti l’uomo storico primordiale, il primo dei mortali e, quindi, il primo essere vivente che morrà e che passerà nell’aldilà di cui poi diventerà l’incontrastato e temutissimo re.
Yami era sua sorella gemella e da lei nacque in seguito il fiume, gemello del Gange (rectius della Ganga), la Yamuna.
Insomma i due erano gli unici esseri umani esistenti ed Yami insisteva continuamente, voleva il fratello, voleva unirsi a lui per avere una discendenza e popolare la terra. Del resto chi poteva amare non essendoci nessun altra persona oltre al fratello?
Il Rig Veda (X, 10) narra di questa storia fornendo una versione originale del tema primordiale dell’incesto.
“Gli immortali desiderano una discendenza dall’unico dei mortali, fratello mio - dice ancora Yami al fratello - che il potere manifestatore della tua mente si unisca a quello della mia, che il tuo corpo penetri il mio.”
“Faremo noi ciò che fino ad oggi non è stato mai fatto? – risponde Yama - Noi che parliamo di rettitudine agiremo in modo non retto?”
“Il desiderio per te è ormai dentro di me, voglio giacere con te nello stesso letto,” insiste la sorella.
“O donna lasciva – replica Yama - gli dèi ci guardano.”
“I gemelli sono avvinti già nel ventre materno come lo sono il cielo e la terra – ribatte Yami - perché non possiamo farlo una volta che siamo nati?”
“Vattene, desidera un marito diverso da me – dice Yama - con lui giaci nel medesimo letto, con lui congiungiti.”
“Sopraffatta dal desiderio ancora ti prego, unisci il tuo corpo al mio.”
“Mai acconsentirò ad unire il mio corpo a quello di mia sorella – conclude Yama - desidera il potere manifestatore della mente di un altro uomo, che quel potere si unisca al tuo.”
Quello che accadde dopo e cioè come il mondo si è popolato nonostante il rifiuto dell’unico uomo a congiungersi con l’unica donna, qui ci interessa poco. Quello che mi piace ricordare è che quando Yama morì, il primo uomo a morire, Yami fu disperata e la sua disperazione non si placava.
Agli dèi che cercavano di consolarla, lei replicava, “Come non posso essere disperata se oggi è morto il mio amato fratello?” E sempre era “oggi”, perché ancora non era stato inventato il tempo, né il giorno nè la notte e tutto avveniva in un eterno presente.
Allora gli dèi inventarono il tempo ed il suo trascorrere, inventarono la notte ed il succedersi di essa al giorno.
Yami cominciò pertanto a dire, “Ieri è morto il mio amato fratello Yama, “ e poi “Sette giorni fa è morto il mio amato fratello Yama,” e poi ancora “Un anno fa…”.
“Per questo – conclude questa volta la Maitrayani samhita – si dice che il trascorrere del tempo allevia le sofferenze.”
Yami orientale Eva
RispondiEliminaDonne sprovvedute e incaute come Sita!
Il fiume della vita scorre e con esso passa il tempo che allevia le sofferenze, peccato che il tempo non sia infinito, per nessuno di noi, e che prima o poi anche la vita abbia un termine.
RispondiEliminaIn realtà secondo la tradizione induista la vita, in quanto essere, non ha inizio e non ha fine tanto che in sanscrito esiste un termine (ayur - da cui l'ayurveda) che indica il periodo che va dalla nascita del corpo alla sua morte, termine che è diverso da quello che indica la 'vita' dell'essere.
RispondiElimina@sonia.namaste: mi immagino i sensi di colpa della categoria!
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