sabato 12 novembre 2011

"Una nazione più grande della somma delle sue parti"

Cartello in malayalam
A volte non ci rendiamo conto che l’India è un paese molto grande, un subcontinente con diversità culturali, religiose, etniche, sociali, etiche spesso rilevantissime. Per questo è impossibile dire che “in India si fa così” oppure “in India si crede che…”. La nostra voglia di semplificazione deve scontrarsi con una varietà che non si ritrova in Europa e con una nazione che sfugge ad ogni classificazione. Tanto che qualcuno ha provocatoriamente scritto che “l’India non esiste.”
Non è un problema esclusivamente di quantità di abitanti, in India attualmente si contano circa un miliardo e  200 milioni di abitanti, né di territorio o di clima, ma di storia e di cultura.
L’Induismo per esempio non è una religione, è un termine col quale si cerca di racchiudere usi, costumi, credenze, fedi praticate in India. Ma nella tradizione induista ci sono anche correnti filosofiche ateistiche, alcune divinità venerate devotamente in certe zone non sono neppure conosciute in altre zone.
E poi, oltre alle religioni che convivono nella tradizione induista, esistono molte altre religioni che non hanno niente a che vedere con l'"induismo" e che non sono certo secondarie neppure dal punto di vista ‘quantitativo’, se si pensa che l’India con i suoi 150 milioni di musulmani è la seconda nazione islamica del mondo.
E non finisce qui. Anche l’alimentazione varia al variare dei luoghi, si seguono molteplici calendari, ci si veste nei più svariati modi, si seguono usi e consuetudini particolari a seconda delle zone e delle regioni.
Pensate alle lingue. La legislazione indiana riconosce 18 lingue ufficiali, ma le scuole insegnano 50 diverse lingue ed i film sono prodotti in 15 lingue, mentre esistono quotidiani in più di 90 lingue e programmi radio in almeno 70 lingue diverse.
E badate bene che non si tratta di lingue simili tra loro, alcune sono totalmente diverse. Alcuni linguaggi infatti sono di derivazione indoeuropea, come il Sanscrito e l’Hindi, altri di origine dravidica come il Tamil o il Malayalam, altre ancora derivano invece dal ceppo Mon-khmer e altre da quello Sinotibetano.
In Kerala si parla il Malayalam, in Maharastra il Maharati, in Karnataka il Kannada, in Bihar il Mithili, il Konkali a Goa, l’Hindi è la lingua ufficiale di dodici stati dell’India, mentre nell’Assam si parla il Bodo e l’Assamese, in Andra Pradesh e in Pondhicherry si parla invece il Telegu e poi ci sono le lingue dei tribali come il Bhili e il Gondi.
Il risultato di tutta questa diversità è che davvero l’India non esiste? Esiste, esiste, ma come dice Amartya Sen nel suo libro L’altra India, “l’unica idea possibile di India è quella di una nazione più grande  della somma delle sue parti”.

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