sabato 18 febbraio 2012

Gautama, Indra e la bella Ahalya

Rama e suo fratello Lakshmana
incontrano Gautama e Ahalyua
Il saggio Gautama, uno dei Saptarishi (i sette più grandi saggi dell’induismo), viveva con la bellissima moglie Ahalya, in un eremo isolato vicino alla città di Mithila. 
Ahalya era nata dalla mente di Brahma come la donna più bella e più pura dell’universo. Il suo nome infatti A-Halya in sanscrito significa sia “priva di bruttezza” sia “non –arata”, nel senso di “vergine”. 
I testi della tradizione indiana, il Ramayana, il Mahabharata, molti Brahmana e Purana, ci narrano della storia incredibile di Ahalya, di Indra e di Gautama. Ecco, più o meno, come andarono le cose. 
Indra, il re degli dèi, l’uccisore del demone Vrita, il dio sempre ebbro in quanto bevitore del soma, il nettare degli dèi, era molto sensibile al fascino femminile. Un giorno vide la bella Ahalya, ricolmo di desiderio, cercò il modo per unirsi a lei all’insaputa del marito. 
Un giorno, non appena Gautama aveva abbandonato l’eremo per effettuare le sue meditazioni, Indra assunse le sembianze di Gautama stesso e si recò da Ahalya fingendo di essere il marito. 
Secondo alcune tradizioni la giovane e bella donna si rese subito conto che l’uomo era Indra e non Gautama, ma, fu compiaciuta che il re degli dèi la desiderasse. 
Secondo altri venne ingannata o, addirittura, stuprata da Indra. 
Com’è come non è, Indra e Ahalya si unirono sessualmente con reciproca soddisfazione. 
Quando tornò Gautama, si imbattè in Indra e capì, grazie ai suoi poteri yogici, quel che era successo. 
Il rishi, irato, maledì Indra. Anche qui le tradizioni divergono. Secondo alcune, Indra venne costretto ad avere la barba verde, ben poca cosa per il peccato che aveva commesso. Secondo altri testi Indra sarebbe stato costretto alla sconfitta e preso prigioniero da Indrajit figlio del demone Ravana, cosa che poi in effetti avvenne. 
Secondo altre tradizioni la punizione fu ancora più atroce, infatti si narra che Gautama punisse il re degli dèi coprendogli il corpo con migliaia di vagine (yoni) e da qui il soprannome di Indra come "sayoni", “il vulvoso”. Gli dèi, pietosi, trasformarono quelle vagine in occhi e il soprannome di Indra da “il vulvoso” a “sahasraksha” ossia “dai molteplici occhi.” 
Secondo il Ramayana invece, Gautama maledì Indra dicendogli, “Tu che non sai contenere i tuoi desideri erotici, tu che hai ingannato un saggio, tu perderai la tua virilità!” 
Ciò detto, i testicoli di Indra caddero a terra lasciando il re privo della propria potenza virile. 
Non andò meglio alla moglie infedele che venne maledetta. A cosa? 
Per alcuni venne pietrificata, per altri lei, simbolo della bellezza, divenne brutta e secca, per altri ancora fu costretta a vivere d’aria, a giacere nella cenere, a subire il senso di colpa e a rimanere in questa triste situazione senza il conforto del marito per centinaia di migliaia di anni. 
In ogni caso la maledizione contro Ahalya si sarebbe dissolta non appena il dio Rama, avatara di Vishnu, non fosse passato da quei luoghi restituendole la purezza perduta. 
Indra, dal canto suo, era disperato. Il re degli dèi non poteva rimanere evirato e pertanto si rivolse agli altri dèi pregandoli di aiutarlo. Di fronte ad essi Indra giustificò il proprio comportamento, “mi sono unito ad Ahalya non per lussuria, ma per suscitare l’ira del saggio Gautama che con le sue austerità e meditazioni aveva raggiunto troppa energia e troppi poteri e avrebbe potuto mettere in discussione il predominio degli dèi, ora lui si è adirato e mi ha maledetto, ma ha perso così i propri poteri ascetici.” 
Gli dèi credettero poco alle scuse di Indra, ma ugualmente decisero di aiutarlo e si recarono dal progenitore Mani, dicendogli. “Oh Mani, tu hai un bellissimo ariete, dona i suoi genitali a Indra che ne è privo, ti promettiamo che d’ora in poi l’ariete castrato sarà utilizzato per il sacrificio e, quindi, mangiato.” 
Indra ricevette i testicoli di un ariete e da allora si utilizzò l'ariete per il sacrificio e gli umani cominciarono a nutrirsi delle carni degli arieti castrati.

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