sabato 31 dicembre 2011

Trecentotrenta milioni di dèi

Shitala, divinità indiana venerata
soprattutto nell'India del nord e in Nepal
330.000.000? Trecentotrentamilioni? Ma è possibile che le divinità indiane siano così tante? Eppure è questa la risposta che ci sentiamo dare quando chiediamo quanti sono gli dèi del subcontinente, questo è quello che troviamo scritto nei testi e questo è quello che scopriamo andando in India, visitando le città ed i villaggi. Scopriamo costantemente nuovi nomi, nuovi dèi, diverse manifestazioni o diversi nomi di dei già conosciuti.
Non ci sono solo Shiva, Brahma, Vishnu, i loro avatar quali Rama e Krishna, non ci sono solo le loro spose Parvati, Kali, Saraswati, Laksmhi e Sita, non ci sono solo i loro figli come Ganesh e Kartikeia, non ci sono solo gli dèi vedici più noti come Indra e Varuna, Agni e Prajapati, Daksha e Yama, ma esistono milioni di dei dai nomi per noi sconosciuti. Shitala, Mansa, Chamunda, Rahu, Muruga, Himawan, i Marut, Aditi e gli Aditia, Mutappan, Yellamma, Usha, Gauri, Ayappa, Nirrita, Aptya, Amsha, Kubera, Revati. Ogni regione, ogni villaggio, ogni famiglia, ogni tribù, ogni villaggio ha una propria divinità sconosciuta nelle altre parti dell’India.
In proposito la Brhadaranyaka Upanishad – la cui lettura consiglio a tutti vivamente – ci riporta un dialogo tra Vidgdha Sakalya e il saggio Yajnavalkya.
“Ma quanti sono gli dèi?” chiede Vidagdha.
“Tre e trecento, tre e tremila” risponde Yajnavalkya.
“Va bene – replica Vidagdha – ma in realtà quanti sono gli dèi?”
“Trentatre,” risponde il saggio.
“Sì, è corretto, ma quanti sono veramente?” insiste Vidagdha.
“Sei,” replica Yajnavalkya.
“Certo, ma quanti sono?”
“Tre,” risponde Yajnavalkya.
“Sì, va bene, ma veramente quanti sono?” chiede ancora Vidgdha.
“Due,” dice Yajnavalkya.
“Ma in realtà quanti sono gli dèi?”
“Uno e mezzo.”
“Ma infine, dimmi o Yajnavalkya, quanti dèi esistono?”
“Uno.”
Insomma, ekam sat vipra bahuda vadanti, Dio è uno, ma i saggi lo chiamano in modo diverso.

sabato 24 dicembre 2011

A thought of Arundhati Roy

Indian shop
In a recent issue of "D of the Republic" (italian magazine) there was an interview with Arundhati Roy. They asked her opinion on how India is seen from outside. This is her answer:

"It's funny, because when the so-called "Arab Spring broke" has been followed anywhere. In Kashmir 100 thousand people took to the streets over the past three years, facing tanks, police. There were lots of dead and no one has talked about "spring of Kashmir." Kashmir is under military occupation of the densest in the world: 700 thousand soldiers in the little valley. The U.S. has sent 165 thousand soldiers to attack Iraq! But nobody talks about. Of course, India is the ideal of international finance and then you have to write the growth rate, not the fact that there are 800 million people living on less than 30 cents a day! Or the fact that there are poorer than the 7 poorest states of the Africa combined. We speak about the spiritual life of India, not about a country very violent with women and children and that the middle class ishungry for blood. "

Un pensiero di Arundhati Roy

In uno degli ultimi numeri di "D di Repubblica" c'era un'intervista ad Arundhati Roy. Le hanno chiesto la sua opinione su come dall'estero viene vista l'India. Questa la sua risposta:
La Porta d'India a Mumbay

"È curioso, perché quando è scoppiata la cosiddetta “primavera araba” è stata ripresa ovunque. In Kashmir sono scese in piazza 100mila persone negli ultimi tre anni, affrontando carri armati, polizia. Ci sono stati un sacco di morti e nessuno ha parlato di “primavera del  Kashmir”.  Il Kashmir è  sotto la più densa occupazione militare del mondo: 700mila soldati in quella piccola valle. Gli Stati Uniti ne hanno mandati 165mila per attaccare l’Iraq! Ma nessuno ne parla. Per forza, l’India è la destinazione ideale della finanza internazionale e quindi devi scrivere di percentuale di crescita, mica del fatto che ci sono 800 milioni di persone che vivono con meno di 30 centesimi al giorno! O del fatto che ci sono più poveri di quelli dei 7 più poveri stati africani messi assieme. Si parla della vita spirituale dell’India, non del fatto che è un paese molto violento con le donne e i bambini e che la classe media è assetata di sangue."

sabato 17 dicembre 2011

Durga, the inaccessible

Golden Durga
This time the gods in their eternal struggle against the demons asuras cannot win. Powerful weapons, bloody battles, ingenious stratagems cannot eliminate the powerful buffalo Mahisha and its endless hordes of savage warriors.
Only the sum of their energies and their weapons will be concentrated will can prevail against Mahisa. Here comes Durga, the more powerful, ruthless, cruel god of Hinduism along with Kali who - according to some traditions - was born out of an eyebrow of Durga.
Shiva gift  his own trishula, Vishnu chakra, Agni the arrow of fire, Vayu the bow, Indra the thundhier, Kubera the bat, Yama the spear. For this Durga has many arms, up to thirty-two. Hes vahana, the vehicle which she uses  to move, is the tiger and more often lion, for this she is also known as Simhavahini (Simha = Lion).
Durga is beautiful and she isn't - like the other goddesses - the Shakti that is the energy of a particular god, but it is the sum of the energies of all the gods. Durga has no spouse even if the different traditions seek to associate now to a god now to another.
So armed Durga is launched against the buffalo, hits him, but he turns into a lion, and she strikes again turns into an elephant, and catching her with its proboscite. The goddess then with a clean blow knocks his proboscite and Mahisha turns back buffalo, the goddess - enhanced by the intoxicating drink soma - hits the monster to death and at the end from the mouth of the buffalo get out the demon in his human form. A huge and powerful warrior with a sword. Durga does not scare Mahisa and hits his heart with the trident, the Shiva's trishula.
It was the tenth day of battle and Durga had killed Mahisha finally, for this she is also called Mahishasuramardini, the one who killed Mahisha and that day is considered to be dedicated to her, is the Vijaya Dashami.
The goddess is worshiped all over India especially during the festivals of Durga Puja.
For her fighting and winning  nature she was also taken as a symbol of independent and free India.

Durga, l'inaccessibile

Durga uccide Mahisha
Questa volta gli dèi, nella loro eterna lotta contro i demoni asura non ce la fanno. Armi potentissime, battaglie cruente, stratagemmi ingegnosi non riescono ad eliminare il potente bufalo Mahisha e le sue infinite schiere di selvaggi guerrieri.
Soltanto la somma delle loro energie e delle loro armi concentrata in un unico essere potrà avere la meglio contro Mahisha. Ecco che nasce Durga, la più potente, spietata, cruenta divinità dell'induismo insieme a Kali che - secondo certe tradizione - nasce proprio da un sopraciglio di Durga.
Shiva dono' il proprio trishula, Vishnu il chakra, Agni la freccia di fuoco, Vayu l'arco, Indra il tuono, Kubera la mazza, Yama la lancia. Per questo Durga ha molte braccia, fino a trentadue. Il suo vahana, il veicolo che utilizza per muoversi, è la tigre, più spesso il leone e per questo è anche conosciuta come Simhavahini (simha = leone).
Durga è bellissima e non è - come le altre divinità femminili - la shakti cioè l'energia di un particolare dio, ma è la somma delle energie di tutti gli dei. Durga non ha sposo anche se le varie tradizioni cercano di associarla ora a un dio ora ad un altro.
Così armata Durga si lancia contro il bufalo, lo colpisce, ma lui si trasforma in leone, di nuovo la colpisce e lui si trasforma in elefante e la cattura con la sua proboscite. La dea allora con un colpo netto gli stacca la proboscite e Mahisha si trasforma nuovamente in bufalo, la dea - rafforzata dalla bevanda inebriante soma - colpisce a morte il mostro e alla fine dalla bocca del bufalo esce l'asura nella sua forma umana. Un enorme e potente guerriero armato di spada. Durga non si fa intimorire e colpisce Mahisha al cuore con il tridente, il trishula di Shiva. Si era al decimo giorno di combattimento e Durga aveva finalmente ucciso Mahisha, per questo è chiamata anche Mahishasuramardini, Colei che uccise Mahisha e quel giorno è considerato a lei dedicato, è il Vijaya Dashami.
La dea è venerata in tutta l'India soprattutto durante le feste del Durga Puja.
Per il suo carattere combattivo e vincente è stata anche assunta a simbolo dell'India indipendente e libera.

giovedì 8 dicembre 2011

Bhangasvana, the king who wanted to be woman

Indra on his vahana Airavata
In ancient times there was a just and wise king, his name was Bhangasvana. The king was very sad because he had no children who would guarantee his offspring. The idea was to celebrate the Agnishuta, the great sacrifice to Agni, the God of fire, to get a son.

The rite was celebrated with great participation and great precision and worked so that Bhangasvana had one hundred sons.
But the wise king forgot envy and jealousy of the Gods. Celebrating the Agnishuta, he had gravely offended Indra, the King of Gods and Indra decided to take revenge.
One day the king was out hunting and got lost in a dense forest, tired and thirsty, he came in front of a lake where he fell to drink and freshen up, but when he get out of the water he descovered that was transformed into a woman. Desperate, Bhangasvana did not know what to do, how he would get in his home town, how to live in that condition, or understand the reason for that transformation. But he took courage, he returned to the royal palace and explained to his wives and his sons what had happened. He transferred power to his hundred sons and moved into the forest.
Here Bhangasvana became the wife of a hermit and he had a hundred children again. Bhangasvana thought that they were entitled to the throne, led them into his kingdom and said to one hundred other sons to share power peacefully with the new one hundred brothers.
But Indra was not appeased and sowed envy between the brothers, among them a great war broke out during which all perished.
Bhangasvana became desperate and her desperation moved to pity Indra who appeared to the Bhangasvana and explained her the reason for everything that had happened.
Bhangasvana knew she had offended Indra and humbly asked forgiveness from the King of the Gods, who said:
"Your repentance is sincere, so I can bring back to life one hundred of your children, who you want to come back to life the sons you've had as a man or those which she have had as a woman?"
"The ones I had as a woman," said Bhangasvana without even thinking for a moment.
Indra was astonished and asked why.
"The love of a mother is the greatest love that exists on earth - Bhangasvana said - so her suffering for the loss of a child is greater than that of a father."
Indra was struck by the response of the woman, "you have responded well, woman, and I not just back to life all your children, even those born from your previous life as a man, but I will pgive you back your manhood, you will return to being a man. "
"No - Bhangasvana cried - I want to be a woman!"
Indra, even more amazed at the response, demanded an explanation.
"As a woman's love is greater than that of a man - said Bhangasvana - so a woman get the sexual pleasure that is far more intense than the one that gets the man."
And so Bhangasvana remained woman.

Bhangasvana, il re che volle restare donna


Indra sopra il suo vahana, l'elefante Airavata
Nell’antichità più lontana esisteva un re giusto e saggio, il suo nome era Bhangasvana. Il re era molto triste perché non aveva figli che gli garantissero una discendenza. Pensò allora di celebrare l’Agnishuta, il grande sacrificio ad Agni, Dio del fuoco, per ottenere un figlio maschio. 
Il rito venne celebrato con grande partecipazione e grande precisione e raggiunse il suo scopo tanto che Bhangasvana ebbe cento figli maschi. 
Ma il saggio re non aveva fatto i conti con l’invidia e la gelosia che regnavano tra gli Dèi. Celebrando l’Agnishuta aveva offeso gravemente Indra, il Re degli Dèi, e Indra decise di fargliela pagare. 
Un giorno il re era a caccia e si smarrì in una fitta foresta, stanco e assetato arrivò di fronte a un lago dove si gettò per bere e rinfrescarsi, ma quando uscì dall’acqua scoprì che era stato trasformato in donna. Disperato, Bhangasvana non sapeva cosa fare, come poter tornare nella sua città, come poter vivere in quella sua condizione, né capiva il motivo di quella trasformazione. Ma si fece coraggio, tornò al palazzo reale e spiegò alle proprie mogli e ai propri figli cosa era successo. Trasferì il potere ai suoi cento figli e si trasferì nella foresta. 
Qui Bhangasvana divenne moglie di un eremita e da lui ebbe altri cento figli. Bhangasvana pensò che anche questi avessero diritto al trono, li condusse nel suo regno e disse agli altri cento figli di condividere pacificamente il potere con i nuovi cento fratelli. 
Ma Indra non era placato e seminò l’invidia tra i fratelli, scoppiò tra essi una grande guerra durante la quale perirono tutti e duecento. 
Bhangasvana si disperò e la sua disperazione impietosì Indra che apparve al re e spiegò il motivo di tutto ciò che era accaduto. 
Bhangasvana capì di avere offeso Indra e chiese umilmente perdono al Re degli Dèi che disse: 
“Il tuo pentimento è sincero, per questo posso far tornare in vita cento dei tue figli, chi vuoi che tornino in vita i figli che hai avuto come uomo o quelli che hai avuto come donna?” 
“Quelli che ho avuto come donna,” rispose Bhangasvana senza neppure riflettere un attimo. 
Indra rimase stupito e ne chiese il motivo. 
“L’amore di una madre è il più grande amore che esista sulla terra – rispose Bhangasvana - così la sua sofferenza per la perdita di un figlio è maggiore di quella di un padre.” 
Indra rimase colpito dalla risposta della donna, “hai risposto bene, donna, e per questo non solo riporterò in vita tutti i tuoi figli, anche quelli nati dalla tua precedente vita di uomo, ma ti restituirò la tua mascolinità, tornerai ad essere uomo.” 
“No – gridò Bhangasvana – voglio restare donna!” 
Indra, ancora più stupefatto della risposta, chiese spiegazioni. 
“Come l’amore di una donna è più grande di quello di un uomo – rispose Bhangasvana - così il piacere che ottiene dall’unione sessuale è di gran lunga più intenso di quello che ottiene l’uomo.” 
E così Bhangasvana restò donna.

sabato 3 dicembre 2011

River to River

 I should speak about the good film Chaplin that yesterday, at the Odeon Cinema in Florence, opened on 11 th edition of River to River, Florence Indian Film Festival, but first I want to focus on greeting the Indian Ambassador in Rome, Debabrata Saha, addressed the Festival.
Well, besides the customary greetings and thanks, Saha Ambassador expressed his appreciation of the fact that this year, as well as films from India, River to River presents one that comes from Pakistan. It is Bol, of Shoaib Mansoor.
I think it's interesting to point out this reference from the perspective of the attempts that two Asian governments are doing to try to normalize diplomatic relations between two countries, from the partition to the present, have always been very turbulent.
Let's go back to Chaplin, director by Anindita Bandopadhyay.
Bansha, the masterful Rudranil Ghosh, is an actor of a troupe of entertainers for parties, birthdays and weddings. He plays Charlot and plays it very well, but this is not enough to ensure the child of eight years Nimua decent meals and a decent roof. The relationship between father and son  is wonderful: infinite love and complicity. There are no problems, everything can be turned with a laugh, even the bread soaked in water which becomes a well-spiced mutton. The boy is always dreaming of one day becoming the protagonist of one of those parties where his father works and he can only see from the windows.
But luck seems to be favorable to Chaplin winning selections to participate in a reality TV show. When economic problems seem to disappear, the small Nimua is diagnosed with a very serious illness.
Bansha, desperate for the doom of his son,  does everything to make happy Nimua and organized a birthday party where Chaplin will recite just for him.

River to River


Dovrei parlare del bel film Chaplin che ieri al Cinema Odeon di Firenze ha aperto l'11°  edizione di River to River, il Florence Indian Film Festival, ma voglio prima soffermarmi sul saluto che l'Ambasciatore Indiano a Roma, Debabrata Saha, ha rivolto al Festival .

Ebbene, oltre ai saluti e ai ringraziamenti di rito, l'Ambasciatore Saha ha manifestato il proprio apprezzamento del fatto che quest'anno, oltre a pellicole provenienti dall'India, River to River ne presenta una che proviene dal Pakistan. Si tratta di Bol, di Shoaib Mansoor.
Credo sia interessante evidenziare questo riferimento nell'ottica dei tentativi che i due governi asiatici stanno facendo per cercare di normalizzare le relazioni diplomatiche tra due paesi che, dalla partizione ad oggi, sono state sempre molto turbolente.
Torniamo a Chaplin del regista Anindo Bandopadhyay. 
Banshi, il bravissimo Rudranil Ghosh, è un attore di una compagnia di animatori di feste, compleanni e matrimoni. Fa Charlot e lo fa benissimo, ma questo non gli basta per garantire al figlio di otto anni Nimua un pasto decente e un tetto dignitoso. Il rapporto tra i due è di infinito affetto e complicità. Non esistono problemi, tutto si può trasformare con una risata, anche il pane inzuppato nell'acqua che diventa un montone ben speziato. Il bambino sogna sempre di diventare un giorno il protagonista di una di quelle feste in cui suo padre lavora e che lui può vedere solo dai vetri delle finestre. 
Ma la fortuna sembra arridere a Chaplin che vince le selezioni per partecipare ad un reality show televisivo. Quando sembrano sparire i problemi economici, al piccolo Nimua viene diagnosticata una gravissima malattia.
Banshi, disperato per il destino segnato del figlio, fa di tutto perchè Nimua sia felice e gli organizza una festa di compleanno dove Chaplin reciterà solo per lui.