giovedì 25 agosto 2011

L'opinione di Arundhati Roy su Anna Hazare

La stampa internazionale ha dato ampio spazio all’iniziativa di protesta dell’attivista indiano Anna Hazare, 74 anni, che, rifacendosi esplicitamente ai metodi gandhiani, ha iniziato uno sciopero della fame ad oltranza per protestare contro una proposta di legge anticorruzione presentata dal Governo indiano e ritenuta da Hazare troppo blanda.
Mi pare di grande interesse e, come al solito, non banale, l’articolo pubblicato da Arundhati Roy su The Hindu del 21 agosto scorso e di cui fornisco una riduzione. La traduzione dall’inglese è dell’agenzia di stampa ASIA News dove potrete trovare l’intero articolo in italiano.



(…) Mentre i suoi metodi potrebbero essere gandhiani, le richieste di Anna Hazare di sicuro non lo sono. Contrariamente alle idee gandhiane di decentralizzazione del potere il Jan Lokpal Bill è una draconiana legge anti-corruzione che prevede che un gruppo di persone attentamente selezionate amministri una burocrazia gigante, con migliaia di dipendenti e con il potere di mettere sotto inchiesta chiunque a partire dal primo ministro, i membri del giudiziario, i parlamentari e tutta la burocrazia, fino ai più bassi rappresentanti governativi. Il Lokpal prevede il potere di investigare, sorvegliare e perseguire. Se si supera il fatto che non avrebbe una sua propria prigione si tratta di fatto di un’amministrazione indipendente, concepita per combattere quella corruzione estesa e non quantificabile che abbiamo già. In pratica, due oligarchie al posto di una sola.
Che possa funzionare o meno dipende dal modo in cui concepiamo la corruzione. La corruzione è una questione puramente legale – fatta di irregolarità finanziaria e tangenti – oppure è la valuta di una transazione sociale in una società egregiamente ineguale, in cui il potere continua a essere concentrato nelle mani di una minoranza sempre più esigua? Immaginiamo, per esempio, una città fatta di centri commerciali in cui il commercio degli ambulanti sia stato proibito. Un ambulante paga al poliziotto locale e al rappresentante del comune una piccola tangente che gli permette di vendere per strada la sua merce a coloro che non possono permettersi i prezzi dei centri commerciali. È una cosa tanto terribile? In futuro, quest’uomo dovrà pagare anche i rappresentanti del Lokpal? La soluzione ai problemi della gente ordinaria si trova nel riparare la disuguaglianza sociale o nella creazione di un’altra struttura di potere a cui la gente dovrà rispondere?
(…) Il Digiuno non si riferisce ovviamente allo sciopero della fame di Iron Sharmila, che è durato per più di dieci anni (oggi viene nutrita a forza) e che cercava di far revocare l’Afspa, disegno di legge che permette ai soldati del Manipur di uccidere sulla base del semplice sospetto. Non si riferisce neanche al prolungato sciopero della fame ancora in corso, ovvero quello dei 10mila abitanti di un villaggio a Koodankulam, che protestano contro una centrale nucleare. E Il Popolo non si riferisce agli abitanti del Manipur che sostengono Sharmila, o alle migliaia di persone che affrontano con coraggio poliziotti armati e la mafia delle miniere di Jagatsinghpur, Kalinganagar, Niyamgiri, Bastar o Jaitapur. Non ci riferiamo neanche alle vittime della fuga di gas di Bhopal, o alla gente di Pune, o di Haryana o di qualunque altro posto nel Paese che resistono alle requisizioni della terra.
Il Popolo si riferisce soltanto a coloro che si sono radunati a guardare lo spettacolo di un uomo di 74 anni che minaccia di morire di fame se il Jan Lokpal Bill non viene discusso e approvato dal Parlamento. Il Popolo sono quelle decine di migliaia di persone che per miracolo si sono moltiplicate in milioni, almeno secondo le nostre televisioni, come Cristo che moltiplica i pani e i pesci per sfamare gli affamati. “Un miliardo di voci hanno parlato – ci dicono – l’India è Anna”.
Ma chi è lui veramente, questo nuovo santo, la Voce del Popolo? Stranamente non lo abbiamo sentito esprimersi su alcuna questione urgente. Nulla sui suicidi dei contadini nelle sue vicinanze, nulla sull’operazione Green Hunt. Nulla su Singur, Nandigram, Lalgarh; nulla su Posco o sulle agitazioni dei contadini o sulla questione delle Sez [le Sezioni economiche speciali, che mineranno i diritti dei piccoli proprietari terrieri ndT]. Sembra non avere un punto di vista sul piano del governo di dislocare l’esercito indiano nelle foreste della parte centrale del Paese.
Invece sostiene la xenofobia del Marathi Manoos di Raj Thackeray [etnia indo-ariana, che vive nello Stato del Maharashtra e predica l’isolamento completo dalle altre etnie e il ritorno alla purezza hindutva ndT] e loda apertamente il “modello di sviluppo” del Gujarat, il cui primo ministro ha guidato il pogrom anti-musulmano del 2002. (A causa dell’enorme protesta popolare Anna ha ritirato queste dichiarazioni, ma presumibilmente non la sua ammirazione).
Nonostante tutto questo baccano, alcuni sobri giornalisti hanno fatto quello che i giornalisti fanno di solito. Oggi sappiamo dei rapporti di vecchia data fra Anna e l’Rss [il Rashtriya Swayamsevak Sangh, partito di estrema destra nazionalista accusato di portare avanti campagne di violenza e discriminazione contro i non indù ndT].
(…) Va ricordato che la campagna per il Jan Lokpal Bill ha creato una coltre di fumo attorno a rivelazioni imbarazzanti di Wikileaks e altri scandali fra cui il 2G Spectrum: importanti aziende, giornalisti di fama, ministri governativi, politici del Congress e del Bjp [i due maggiori partiti politici dell’India, il primo democratico e il secondo nazionalista ndT] tutti coinvolti in vari modi per far sparire miliardi di rupie di denaro pubblico. Per la prima volta da anni i giornalisti lobbysti sembravano caduti in disgrazia, e alcuni fra i più importanti tycoon dell’India parevano sul punto di finire in galera. Una tempistica perfetta per un’agitazione popolare contro la corruzione. O no?
Anna Hazare
In un momento storico in cui lo Stato si ritira dai suoi compiti tradizionali e le industrie e le Ong subentrano in alcune funzioni governative (distribuzione di acqua ed elettricità, trasporti, telecomunicazioni, industria mineraria, salute, istruzione pubblica); in un momento storico in cui il terribile potere dei media di proprietà privata sembra riuscire a controllare l’immaginario pubblico uno potrebbe pensare che queste istituzioni – industrie, media, Ong – siano comprese nel Lokpal Bill. Invece, la proposta di legge non li menziona proprio.
Oggi, urlando più forte di tutti e spingendo una campagna contro questi malvagi politici e la corruzione del governo, sono riusciti ad allontanarsi dall’amo. Ancora peggio: demonizzando soltanto il governo hanno costruito un pulpito da cui chiedere un ulteriore ritiro dello Stato dalla sfera pubblica e un secondo turno di riforme. Fra quelle previste ci sono nuove privatizzazioni, la possibilità di maggior accesso alle infrastrutture pubbliche e alle risorse naturali del Paese. Non ci vorrà molto prima di vedere legalizzata la corruzione aziendale, che si chiamerà “tassa di lobby”.
Gli 830 milioni di persone che vivono con meno di 20 rupie al giorno (30 centesimi di euro) avranno un vero beneficio dal rafforzamento di un gruppo di politiche che li impoveriscono ancora di più e avvicinano la nazione alla guerra civile?
Questa tremenda crisi si è creata per il fallimento della democrazia rappresentativa dell’India, in cui i governi sono composti da criminali e politici milionari che hanno smesso di rappresentare il loro popolo. In cui nessuna istituzione democratica è accessibile alla gente ordinaria. Non vi fate ingannare dallo sventolio delle bandiere. Stiamo assistendo al trascinamento dell’India in una guerra per la sovranità che è mortale quanto qualunque battaglia combattuta dai signori della guerra in Afghanistan. Soltanto che qui c’è molto, molto di più in gioco.

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