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Alcune traduzioni italiane parlano de "il luogo della sicurezza", ma mi sembra molto più significativa e bella la traduzione letterale dal sanscrito della parola "abhaya", che significa appunto "non paura".
Ed è ovvio che, una volta raggiunto il Sè non c'è più la paura, perchè tale raggiungimento corrisponde con la consapevolezza dell'assenza di alterità. E là dove non c'è un altro è impossibile avere paura, si ha paura di qualcosa d'altro, come ci ricorda anche la Brhadaryanaka Upanishad (I, 4, 2).
La prima alterità che va eliminata è quella dell'io e del mio, l'essere convinti che io sia il mio corpo, le mie esperienze, la mia vita, pensare che io sia nama e rupa, nome e forma e non che io sia il Sè, tat tvam asi: io sono quello.
Il grande saggio Ramana Maharshi ricorda: "smisi di tenere a ciò che non era né me né mio e così sconfissi la paura".
Chiudere le porte della fortezza dalle undici porte e guardare dentro di sè (KU IV 1).
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