domenica 18 marzo 2012

Harihara

Harihara, a sinistra Vishnu, a destra Shiva
Il saggio Shankaracharya, teorico del Vedanta, era giunto in pellegrinaggio in un’importante città dell’India e chiese di essere condotto al tempio principale per rendere grazie a Dio. 
La città però era abitata prevalentemente da persone di fede vaishnava, cioè vishnuita, e il tempio della città era dedicato a Vishnu. Questo era un problema in quanto era noto che Shankara era uno shivaita e in quel periodo i contrasti tra le due confessioni erano molto accesi. I brahmani del tempio pertanto si rifiutarono di concedere a Shankara il permesso di entrare nel tempio. 
Il saggio allora parlò ai brahmani e ai cittadini e spiegò la sua teoria dell’unico Dio, base del Vedanta. A riprova della correttezza delle proprie convinzioni, invitò i brahmani ad andare nel garbhagrha, il santuario più sacro del tempio, quello che conserva la divinità principale.
I brahmani si recarono là dove era conservata la statua di Vishnu e, con loro meraviglia, trovarono che la statua era cambiata. Per metà era ancora rappresentato Vishnu, ma nell’altra metà era rappresentato Shiva. Era nato Harihara, il Dio per metà Vishnu e per metà Shiva, detto anche Shambuvishnu o Shankaranarayana. 
Convinti dalle parole e dal ‘miracolo’ di Shankara, venne consentito al saggio di entrare nel tempio. 
Questa leggenda spiega il culto di Harihara, il dio per metà Vishnu e per metà Shiva, forse tentativo di porre fine alle guerre settarie che caratterizzarono l’induismo ‘medievale’ e rappresentazione del concetto base di tutto l’induismo quello cioè dell'unicità di Dio, al di là delle molteplici forme nelle quali viene venerato.
In Harihara, la metà sinistra rappresenta Vishnu con i suoi usuali attributi, tra cui la corona regale e il disco. Nella metà sinistra c’è invece Shiva con i capelli arruffati, la mezzaluna, lo zampillo che rappresenta il Gange e il trishula
Hari in sanscrito significa giallo, ma anche affascinante, bello tutti epiteti di Vishnu; mentre hara significa portar via, rimuovere ed è uno dei 1008 nomi di Shiva, il distruttore che, appunto, porta via.
In Harihara abbiamo quindi la preservazione e la distruzione in una sola immagine, lo spazio (Vishnu) e il tempo (Shiva) compresenti in un sincretismo dal significato teologico molto pregnante. 
Esiste anche un’altra tradizione sulla nascita del culto di Harihara, che si rifà ai Purana, ne parlerò in un prossimo post.

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