In una bancarella di libri usati ho trovato l'illuminante libro "In India" (Ed. Guanda) scritto dal poeta messicano e premio Nobel per la letteratura Octavio Paz che è stato a lungo ambasciatore del suo paese in India e che conosceva molto bene e amava l'India.
Mi piace riportare un suo pensiero che mi è piaciuto molto.
Paz ricorda il suo primo impatto con l'India avvenuto a Bombay nel 1951. La chiassosa realtà dell'India lo frastorna e al termine della giornata cerca di ricapitolare ciò che aveva "visto, udito, fiutato e sentito: vertigine, orrore, meraviglia, gioia, entusiasmo, nausea, invincibile attrazione. Cos'è che mi attirava? Era difficile rispondere: l'uomo non è in grado di sopportare troppa realtà. E' vero, l'eccesso di realtà diventa irreale, ma questa irrealtà per me si era trasformata in una sorta di inatteso balcone da cui mi affacciavo, su cosa? Su ciò che è al di là e ancora non ha nome."