Anche nell’induismo, come in tutte le altre tradizioni e culture (e forse prima di queste culture), ci si è posti il problema del come e del perché Dio o comunque l’Essere supremo, il Brahman ha creato l’universo, la molteplicità, l’altro da Sè.
Ovviamente c’è una ben comprensibile reticenza ad indagare e spiegare ‘l’origine dell’origine’, come è nato l’”increato” Brahman, cosa c’è (se c’è qualcosa) sopra e prima di lui, anzi in proposito nella Brhadaranyaka Upanishad, testo databile tra l’VIII e il VI sec a.C., a chi indaga sulla questione il saggio Yajnavalkya risponde pressappoco così: “Tu domandi oltre ciò che è consentito, tu domandi di un dio oltre il quale niente deve essere domandato” (III, 6, 1).
Indaghiamo allora su come è nato ciò che sta ‘sotto’, ‘dopo’ il Brahman.
Come si legge nel Rig Veda (X, 129) “in principio non c’era niente, non c’era l’essere né il 'nonessere', non c’era l’aria e neppure il cielo oltre ad essa, non vi era la morte né l’immortalità, non c’era né giorno né notte. L’Uno respirava senza respiro, oltre a quello non c’era altro.”
Ecco, mancava il concetto dell’alterità. Grazie al suo fervore o calore (tapas), l’Uno “venne in essere” e “separò l’essere dal non essere”. Da questo ardore venne generato l’ordine cosmico, la notte, l’oceano, l’anno, il sole e la luna, il cielo e la terra, l’atmosfera e la luce (Rig Veda X, 190).
Per la creazione della molteplicità degli altri esseri viventi mi piace ricordare di nuovo la Brhadaranyaka Upanishad, che ci racconta come in origine, anche se un’origine non c’era stata perché il tempo non era stato creato né il prima né il dopo, c’era solo quello che abbiamo chiamato l’Essere supremo senza secondo, lui, niente altro.
Egli non provava piacere, perché il piacere non appartiene a chi sta solo. Allora desiderò un secondo. La sua estensione divenne pari a quella di un uomo e di una donna abbracciati, quindi si divise in due esseri, creando così la donna. Per questo quel vuoto che l’uomo sente dentro di sé viene colmato dalla donna.
Una volta creata la donna, l’Essere si unì a lei e nacquero gli uomini.
Ma la donna pensò: “Come può lui congiungersi con me, dopo avermi generato da sé? Non è cosa buona, devo nascondermi.” E si trasformò in vacca, ma lui si trasformò in toro e si unì a lei. Così nacquero le vacche. La donna allora si trasformò in giumenta, lui in stallone e si unì a lei. Così nacquero i cavalli. Lei si trasformò in asina, lui in asino e si unì a lei. Così nacquero gli asini. Lei divenne capra, lui caprone. Così nacquero gli ovini. In questo modo, da trasformazione in trasformazione vennero generati tutti gli esseri viventi fino alle formiche e al più piccolo degli insetti (cfr. Brhadaranyaka Upanishad I, 4, 1- 4)