Khajuraho è famosa, soprattutto in occidente, per le incredibili raffigurazioni erotiche scolpite sulle torri e sulle guglie di alcuni dei venticinque templi che rendono questo luogo unico.
Si tratta di uno dei complessi monumentali più belli dell’India, preservato dall’idiozia iconoclastica degli invasori moghul solo perché abbandonato e ignoto fino alla metà dell’ '800.
Siamo nel nord dell’India, precisamente nel Madhya Pradesh a circa 600 chilometri a sud di New Delhi e 450 ad ovest di Varanasi.
Ebbene in alcuni di questi templi hindu – che risalgono a un periodo che va dal IX al XII secolo d.C. - le pareti e le torri esterne sono intarsiate da migliaia di scene di vita quotidiana, non c’è solo sesso, ma ci sono vari momenti di vita, persone che lavorano, altre che scrivono, scene di caccia e danze.
Da un lato la sessuomania (fobia) occidentale dall’altro l’effettiva meraviglia di trovare tale tipo di scene su un monumento religioso, fanno sì che di Khajurhao si ricordino soprattutto le posizioni erotiche.
Ebbene parliamone anche perché si tratta di scene artisticamente molto belle e delicate e narrativamente molto curiose. Anche nelle posizioni erotiche più ardite e fantasiose, in certi casi veri e propri contorsionismi erotici di difficile praticabilità, mai si cade nel volgare, nella pornografia.
Ma che senso ha che in un edificio di culto si rappresentino uomini e donne impegnati nelle più ardite ed incredibili posizioni erotiche, dalla sodomia al sesso orale, dal sesso di gruppo a quello con animali?
Non lo sappiamo con certezza. Gli esperti (e anche i meno esperti) si sono impegnati a dare spiegazioni più o meno logiche.
Si tratta di uno dei complessi monumentali più belli dell’India, preservato dall’idiozia iconoclastica degli invasori moghul solo perché abbandonato e ignoto fino alla metà dell’ '800.
Siamo nel nord dell’India, precisamente nel Madhya Pradesh a circa 600 chilometri a sud di New Delhi e 450 ad ovest di Varanasi.
Ebbene in alcuni di questi templi hindu – che risalgono a un periodo che va dal IX al XII secolo d.C. - le pareti e le torri esterne sono intarsiate da migliaia di scene di vita quotidiana, non c’è solo sesso, ma ci sono vari momenti di vita, persone che lavorano, altre che scrivono, scene di caccia e danze.
Da un lato la sessuomania (fobia) occidentale dall’altro l’effettiva meraviglia di trovare tale tipo di scene su un monumento religioso, fanno sì che di Khajurhao si ricordino soprattutto le posizioni erotiche.
Ebbene parliamone anche perché si tratta di scene artisticamente molto belle e delicate e narrativamente molto curiose. Anche nelle posizioni erotiche più ardite e fantasiose, in certi casi veri e propri contorsionismi erotici di difficile praticabilità, mai si cade nel volgare, nella pornografia.
Ma che senso ha che in un edificio di culto si rappresentino uomini e donne impegnati nelle più ardite ed incredibili posizioni erotiche, dalla sodomia al sesso orale, dal sesso di gruppo a quello con animali?
Non lo sappiamo con certezza. Gli esperti (e anche i meno esperti) si sono impegnati a dare spiegazioni più o meno logiche.
Alcuni studiosi pensano che il tempio è inteso come ‘reggia degli dei’, i re del cielo e che all’esterno venga parallelamente rappresentata la dimora dei re della terra, la reggia dei Chandela, i sovrani rajput che fecero costruire questi templi. Per questo all’esterno verrebbero rappresentati i vari momenti della vita di corte tra i quali rivestiva evidentemente un ruolo assai importante anche la più fantasiosa attività erotica consumata negli affollati harem di cui al tempo ogni reggia era dotata.
Altri sostengono invece che i templi erano dedicati a culti tantrici che mirano all’annientamento intellettuale e alla esasperazione della passione per favorire il contatto col divino. Spiegazione suggestiva, ma che non convince soprattutto col carattere molto riservato se non segreto delle pratiche tantriche.
Qualcuno pensa invece che quelle rappresentazioni rimandino a pratiche erotiche compiute durante riti della fertilità e altri rituali che scongiurano le negatività.
Altri hanno invece cercato spiegazioni più filosofiche sostenendo che le scene erotiche ricordano l’irresistibile tendenza dell’uomo a ricongiungersi alla sua metà, a ricostruire l’unità perfetta dell’uno immanifesto. L’atto sessuale è l’atto che emula il creatore non solo perché genera, ma perché ricostituisce l’unità del Brahman. L’atto sessuale è l’eliminazione della diversità tra maschi e femmine, uomini e donne. Il desiderio di unirsi, il bisogno di creare e di unire non è altro che la tendenza ad essere simili al Brahman, a tornare al Brahman. Come il lingam e la yoni sono uniti nella loro creazione cosmica, così l’uomo e la donna lo sono nell’atto creativo più umano. L’erotismo è rappresentato quindi come atto che eleva il semplice congiungimento carnale. C’è un’esaltazione dell’atto erotico nella sua dimensione cosmica. L’atto erotico – si dice - è immesso nel ritmo dell’universo.
Ci si domanda però che senso abbiano le rappresentazioni di sesso di gruppo e i congiungimenti con animali.
C’è chi invece è convinto che tutte quelle sculture rappresentanti la vita di tutti i giorni compresa la vita erotica, fossero un monito per i fedeli che, recandosi al tempio, dovevano tenere fuori da esso (e dal loro cuore) la realtà materiale e le passioni che vincolano l’uomo all’illusione di Maya e lo distolgono dalla verità.
Qualcuno a ricollegato quelle posizioni erotiche al Kamasutra, il celebre trattato, sul comportamento sociale che dedica uno spazio anche alle posizioni erotiche e alle pratiche sessuali. In realtà molte delle posizioni rappresentate nei templi di Khajurhao non si ritrovano tra quelle spiegate dal Kamasutra, ma senz’altro stanno a provare che in India era sviluppata l’attenzione scientifica alla pratica sessuale considerata un aspetto molto importante della vita dell’uomo.
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