sabato 16 dicembre 2017

Shiva Nataraja

One of the most popular and evocative images of Shiva in South India in particular is that of Shiva Nataraja, the King or the Lord of the dance. Another significant example of the duality of existence. The great ascetic, a beggar asking for alms, naked body sprinkled with the ashes of the crematory, becomes lord of a frantic dance in a circle of flames of Agni, prabhamandala or alatacakra said, dances the Tandava, symbolizing the entire evolution of the universe.
But let see in detail the symbolism of this powerful image that represents one of the 108 positions of the Tandava.
The right foot is placed over the demon Apasmara Purusha (or Mujalaka). Apasmara means forgetfulness, oblivion and symbolizes ignorance, false belief understood as maya, an illusion to believe that real what is transient and, therefore, that binds to the human passions materials and condemns him to be reborn in the cycle called samsara .
The left leg is raised and bent to the right to express the liberating function of the god of dance.
Shiva holds damaru, the drum composed of two united triangles, symbols of the lingam and the yoni, male and female aspect. It’s the drum from which primordial sound was born, the sacred syllable AUM. That is the symbol of creation. The upper left hand of Shiva is in ardhachandra mudra, the half-moon pose, and holds a tongue of flame, symbol of god Agni, symbol of distruction.
The lower right  hand is in abhay amudra, the gesture that represents the negation of fear, the gesture that gives confidence, the protective posture.
The second left arm is in gajahasta mudra, the gesture of trunk of elephant and points at the left leg, the emancipation way. Behind the head long hair of the god are stretching, moved by the violence of the movements of the dance.
Of course, there are other symbols of Shiva we've seen in a previous post: half-moon, the Ganges, the necklace of skulls.
The static god represented by the lingam becomes the relentless engine of the universethe eternal energy that creates, maintains and destroys everything, the global and unremitting dynamism  theorized by Hinduism where nothing is static, permanent, but everything is in a rapidly emerging with the exception of the one realitynever born and never dies, indefinable and ineffable, one who isn’t being neither not-beingbeginning of all things: the Brahman.




Shiva Nataraja

Una delle più diffuse e suggestive immagini di Shiva soprattutto nell’India del sud è quella di Shiva Nataraja, il Re della danza. Un altro esempio emblematico della duplicità dell’esistenza. Il grande asceta, il mendicante che chiede l’elemosina col corpo nudo cosparso della cenere dei crematori diventa Signore della più forsennata delle danze e in un cerchio composto dalle fiamme di Agni, detto prabhamandala o alatacakra, danza il vorticoso tandava, il ballo che simboleggia l’intera evoluzione dell’universo.
Ma vediamo nel dettaglio il simbolismo di questa potente immagine che rappresenta una delle 108 posizioni del tandava.
Il piede destro è posto sopra il demone Apasmara Purusha (o  Mujalaka). Apasmara significa smemoratezza, oblio e simboleggia l’ignoranza, l’erronea credenza intesa come maya, illusione che fa credere reale ciò che è transitorio e che lega pertanto l’uomo alle passioni materiali e lo condanna a rinascere in quello ciclo che si chiama samsara.
La gamba sinistra è sollevata e piegata verso destra ad esprimere la funzione liberatoria della danza del dio.
Con una mano destra il dio tiene il damaru, il tamburo composto da due triangoli con i vertici uniti simbolo del lingam e della yoni, principio maschile e femminile. E’ il tamburo dal quale scaturì il suono primordiale, la sacra sillaba AUM. Questo è il simbolo della fase creatrice. Con una mano sinistra, piegata nel ardhachandra mudra, il gesto della mezzaluna, Shiva tiene invece una fiamma, simbolo del dio Agni e della fase distruttrice.
L’altra mano destra è piegata nel gesto che rassicura, che invita a non temere, l’abhaya mudra. L’altro braccio sinistro è invece proteso nel gesto della proboscite dell’elefante, il gajahasta mudra, a significare la capacità di rimuovere gli ostacoli ed indica la gamba sinistra come via della liberazione.
Dietro il capo si estendono i lunghi capelli del dio, mossi dalla violenza dei movimenti della danza.
Non mancano naturalmente gli altri simboli propri di Shiva che abbiamo già visto in un precedente post: la mezzaluna, il Gange, la collana di teschi.
Lo statico dio rappresentato dal lingam, da una colonna di pietra, diventa quindi il motore instancabile dell’universo, l’energia eterna che crea, mantiene e distrugge in quel dinamismo totale e incessante teorizzato dall’induismo in cui nulla è statico, permanente, ma tutto è in un vorticoso divenire ad eccezione dell’unica realtà, mai nata e che mai morrà, indefinibile e ineffabile, che non è essere nè non-essere, principio di tutte le cose: il Brahman.

domenica 3 dicembre 2017

Il pianto di Shiva e i semi di Rudraksha

Forse pianse per il dolore alla gola che gli provocò il veleno che bevve per salvare il mondo durante il Samutramanthan, il Frullamento dell’oceano cosmico, o forse le sue erano lacrime di gioia per aver distrutto Tripura la città dei demoni, altri testi ancora assicurano che si trattava di lacrime di dolore perché non era riuscito a sostenere la meditazione o addirittura erano lacrime che sgorgarono dopo che lui aveva constatato la condizione del mondo.
Fatto sta che Shiva pianse e che da quelle sacre lacrime nacque la pianta della Rudraksha i cui semi sono considerati sacri.
Il nome deriva dal sanscrito, Rudra è uno dei nomi di Shiva e akshan significa occhio.
Secondo l’induismo i semi di rudraksha hanno poteri e significati religiosi, mistici e curativi.
Si tratta dei semi con i quali sono realizzati i rosari indiani, i japamala, anche se la stragrande maggioranza di quelli che si trovano in commercio non sono fatti con questi semi, ma con altri materiali meno costosi. Con i rudraksha si possono anche fare bracciali, orecchini, pendenti e altri monili.
Da un punto di vista botanico l’albero della rudraksha è un sempreverde chiamato Elaeocarpus ganitrus che nasce in certe regioni dell’India e dell’Asia e produce una bacca bluastra grande più o meno come una noce.
I semi sono molto particolari perchè sono divisi in spicchi e sono percorsi da scanalature e hanno un foro al centro.
Japamala di rudraksha
Secondo la medicina ayurvedica i semi di rudraksha emettono onde elettromagnetiche che hanno effetti benefici su cuore, sistema nervoso e pressione sanguigna ed alleviano lo stress, la depressione, l’ansia e la stanchezza mentale.  
I semi vengono distinti in base al numero degli spicchi o facce in cui sono suddivisi dette mukhi (mukhia in sanscrito significa faccia) e ci sono rudraksha rarissimi, come quello con  una sola mukhi di cui si dice ne nasca uno ogni tre anni.
I rudraksha più rari costano molto e spesso commercianti senza scrupoli vendono rudraksha falsi. Esistono delle indicazione per rendersi conto se il seme è vero o no (in acqua non galleggiano, resistono anche se vengono bolliti, non hanno scanalature intorno al foro, etc.) ma solo una persona esperta può evitare di essere ingannato. I rudraksha più comuni invece sono più a buon mercato.
Ogni seme ha un dio di riferimento, uno specifico mantra e determinati poteri e benefici.
Il rudraksha con una sola mukhi è, per esempio, dedicato al dio Shiva, quello a due mukhi a Vishnu, quello a tre ad Agni, quello a quattro a Brahma, quello a otto mukhi è invece dedicato a Ganesh.