Ganesh, maschera comprata a Cochin |
Parvati, sposa di Shiva, desiderosa di fare un bagno senza essere disturbata, aveva bisogno di qualcuno che le facesse la guardia alla porta ed impedisse a chiunque di entrare. Quindi realizzò un ragazzo con la farina e gli dette la vita. Quando però giunse l’ignaro Shiva e si trovò davanti quello sconosciuto che osava impedirgli il passaggio, il dio gli mozzò di netto la testa. Una volta scoperta la verità Shiva , per consolare la disperata madre, diede ordine ai suoi attendenti (le schiere celesti, in sanscrito gana significa moltitudini) di prendere la testa del primo animale addormentato che incontravano per sostituirla con quella del malcapitato giovane. Sorte volle che fosse un elefante. Questa storia – che troviamo nello Shiva Purana – è la più diffusa spiegazione del perchè Ganesh ha la testa d’elefante e, come tale, è anche chiamato Gajanana (Faccia di elefante) o Gajadhipa (Re degli elefanti) o anche Ganapati (Signore delle schiere celesti o categorie).
Ganesh è una delle divinità più popolari dell’India ed è la divinità suprema, posta al di sopra di tutte le altre, per gli induisti Ganapatya.
Senza dubbio Ganesh è la divinità che ispira più simpatia e curiosità anche tra i non induisti, ma ciò che più mi affascina del dio dalla testa d’elefante è il suo significato mistico e metaforico, che va ben al di là del suo aspetto curioso e bonario.
Ganesh è una sorta di summa teologica dell’induismo. La contemporanea presenza di grande e piccolo, di uomo e animale rappresentano uno dei concetti fondamentali della filosofia induista e cioè la corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo. Ganesh è la rappresentazione dell’unione degli opposti che avviene solo in dio che supera appunto il mondo degli opposti. Ganesh è la rappresentazione visiva dell’identità tra dio e uomo, tra Brahman e Atman, è l’immagine del tat tvam asi (tu sei quello) di cui ho parlato nel precedente post e la cui consapevolezza è la vera conoscenza. Non per nulla il simbolo grafico di Ganesh è la svastica, rappresentazione grafica della molteplicità che nasce dall’unità.
Ganesh è considerato il dio che supera gli ostacoli e le difficoltà, per questo non manca mai nelle case degli induisti, che siano shivaiti, vaishnava o che altro e per questo è chiamato anche Vighneshvara o Vighnaraja (Signore degli ostacoli) oppure Vinayaka (Migliore tra le guide). E’ a lui che ci si rivolge, inchinandosi, toccandogli la proboscide e poi toccandosi contemporaneamente l’orecchio destro con la mano sinistra e l’orecchio sinistro con la mano destra tutte le volte che si intraprende un viaggio, si ha un esame, si inizia un’attività.
Suo veicolo o vahana è un topo (mushaka). Il topo infatti, come l’elefante seppur con diverse strategie, supera ogni ostacolo. Il topo rappresenta anche l’ego dell’uomo che Ganesh domina cavalcandolo. Per tale caratteristica è chiamato anche Mushika Vahana.
Spesso una delle sue zanne è spezzata in quanto – secondo una delle tante tradizioni - venne da lui utilizzata come pennino nella scrittura del Mahabharata che si era impegnato a redigere senza interruzione sotto la dettatura del saggio Vyasa. Per questo è chiamato anche Ekadanta (Una zanna) e per questa sua attività amanuense è considerato anche patrono delle lettere e delle scuole.
L’iconografia di Ganesh lo rappresenta con in una mano la scure per tagliare i lacci dell’ignoranza, in un’altra un laccio per legare le passioni e i desideri e in un’altra ancora un piatto di laddu, dolciumi di cui è goloso, non per nulla è chiamato anche Lambodara (Il Panciuto).
Tutte le invocazioni a Ganesh iniziano e terminano col mantra “Om Gam Ganapataye Namah.”
Om Gam Ganapataye Namah.
RispondiEliminaLa spiegazione e' molto chiara e un po mi rassomiglia
Grazie