domenica 28 aprile 2013

I tirtha, i luoghi sacri dell'induismo

“Il santuario più santo di tutti i santuari, il tirtha più sacro di tutti i tirtha è la meditazione sul Brahman, il controllo dei sensi, la disciplina interiore e la purezza del cuore.” 


Garudapurana 




Il Gange a Varanasi, sacro tirtha dell'induismo

Si chiamano tirtha, sono i luoghi santi dell’induismo. Può essere un fiume, può essere un albero, può essere un monte. In questi luoghi si recano in pellegrinaggio i devoti hindu perché quelli sono i luoghi propizi per la devozione. 
Tirtha in sanscrito significa 'guado', passaggio, via, è la porta che conduce da uno stato ad un altro, è lo strumento per ottenere ciò che si desidera. Anche un tempio è un tirtha
Alcuni tirtha sono indicati per il culto dei defunti e un passo del pellegrinaggio che porta al sacro tirtha di Gaya rappresenta un passo per l’anima del defunto verso i cieli. Altri tirtha sono indicati per lavare i peccati, altri per propiziare un buon matrimonio, altri ancora per conseguire moksha, la liberazione dal ciclo delle rinascite. Uno di questi è Prayag, nei pressi di Allahabad, laddove il Gange si congiunge con la Yamuna, ‘il pube della terra’, anche Varanasi è un sacro tirtha, la tradizione vuole che l’anima di colui che qui muore ottenga subito la liberazione e l’unione con il brahman
Non basta però andare in un pellegrinaggio presso un tirtha, è necessario rispettare le indicazioni dei libri sacri che stabiliscono meticolosamente l’abbigliamento, il tempo, la necessità o meno della tonsura dei capelli, l’altezza del bastone, i riti da svolgere, i canti da intonare. 
Il Kurmapurana per esempio ricorda “che non porterà alcun frutto il pellegrinaggio verso un tirtha fatto utilizzando un veicolo o per vanteria o per impazienza". 
Ma, ci ricorda il Garudapurana all’inizio di questo post, il tirtha per eccellenza, il luogo sacro per eccellenze è là dove gli dèi nascosero una piccola parte di sé, il cuore dell’uomo.

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