La prova del fuoco di Sita |
Era rimasta fedele a suo marito, ma era vissuta prigioniera presso un altro uomo. Non era bene. E Rama, signore di Ayodhya, dichiara all’amata moglie che la battaglia contro Ravana, i milioni di morti, il mitico ponte che unisce la punta d’India a Sri Lanka, tutto ciò non era stato compiuto per lei, ma per ristabilire l’ordine, il dharma. “Non posso più vivere con te che hai vissuto così a lungo con un altro uomo.”
Rama e Sita, la coppia modello portata ancora oggi ad esempio in India di matrimonio perfetto, di quello che deve essere il rapporto tra marito e moglie e che la dice lunga sulla condizione femminile nel continente indiano.
Sita rimase attonita, sdegnata che si dubitasse della sua fedeltà, “accendete un rogo – ordinò – se sono stata fedele a Rama, se sempre l’ho rispettato, se mai altro uomo mi ha toccato, Agni, il dio del fuoco, mi proteggerà, altrimenti, che io bruci!” E si gettò nelle fiamme.
Agni la protesse, la sorresse e la condusse da Rama dicendo “Questa donna è pura e ti è sempre stata fedele.”
Era la dea Lakshmi che, come Sita, divenne moglie di Rama, settimo avatar di Vishnu ed eroe dell’epica del Ramayana. Suo padre la trovò in un solco di terra e per questo la chiamò Sita. Si sposò col principe di Ayodhya, ma venne rapita dal demone Ravana che la condusse a Lanka. Rama, con l’aiuto delle scimmie Sugriva e Hanuman, liberò sua moglie.
La coppia e l’esercito di Rama tornarono ad Ayodhya e vissero felicemente, ma la gente mormorava ancora. “Ha vissuto per più di un anno con un altro uomo, non è bene che stia col nostro re.” Non era bene che vivesse con il campione del dharma, della rettitudine, di ciò che è bene, delle regole che fanno girare l’universo.
Questa volta Rama, nonostante la moglie sia incinta, la obbliga ad andarsene dal regno. Andrà nella foresta presso l’eremo di Valmiki dove partorirà i due figli di Rama, Kusa e Lava.
Rama seppe di Kusa e di Lava quando erano già fanciulli e, conosciutili, volle che tornasse ad Ayodhya anche Sita.
La regina dichiarò nuovamente la propria fedeltà a Rama e la propria purezza e, di fronte all’assemblea convocata per riceverla, disse: “Se nella mia mente non ho avuto altro uomo che Rama, se sono stata sempre fedele al mio sposo, tu madre terra da cui sono nata fammi la grazia di riprendere il mio corpo.”
Detto questo la terra si aprì e ne emerse un trono regale dove Sita si assise prima di scomparire nella terra che si richiuse sopra di lei.
Dal solco della terra era nata, nel solco della terra ritornò.
non poteva leggere la sua onestà il campione del dharma?
RispondiEliminaCiao
Patri
Non solo campione di dharma, ma anche avatar 'completo' di Vishnu. Certe versioni (e certe interpretazioni) del Ramayana cercano di 'alleggerire' il disvaslore del comportamento di Rama e comunque si mette in evidenza che Rama sapeva dell'onestà della moglie, ma come sovrano doveva mostrarsi fermo nell'affermare il dharma che appunto prevedeva che una donna che era stata a lungo lontana dal marito fosse divenuta impura. Mentalità molto lontana dalla nostra sensibilità.
RispondiEliminaGrazie...
RispondiEliminasai come andarono realmente le cose?
Ciao Patri, come andarono le cose non lo so. È un mito, quindi rappresenta una metafora di un concetto. Credo che l'affermazione del dharma, sempre e comunque, sia una delle chiavi di lettura.
RispondiEliminaPiu'che a Sita io penserei a Parvati , come vera sposa di Rama. E non sposa di Shiva , in quanto dea superiore. In quanto a essere avatar del Signor Vishnu io penso piuttosto a un Rama indipendente , per le sue imprese e i suoi pensieri e i suoi amori ,che Vishnu nelle sue avventure corsare incontrava e poi ricordava facendosene un suo idolo. Quondi Rama e Parvati li vedo ben sposati.
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